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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-09 ad oggi 2010-04-09 Sintesi (Più sotto trovate gli articoli)10 aprile 2010Marcegaglia al governo: basta promesse, impegni e tempi precisi su fisco e infrastrutture Berlusconi: "L'Italia non è un paese in declino" "Priorità a riforme istituzionali, fisco e giustizia" Trichet: "Riforme cruciali Basta con le promesse generiche: Confindustria ora chiede con forza al governo impegni precisi con tempi precisi. Riforma del fisco, taglio alla spesa pubblica improduttiva e soldi per infrastrutture, ricerca e innovazione. Lo ha affermato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, concludendo il convegno biennale del Centro studi Confindustria. "Vogliamo impegni precisi con tempi precisi. Non chiediamo solo le riforme che sono le solite e che purtroppo in questo paese non sono mai state fatte, chiediamo al premier Silvio Berlusconi, tempi precisi. Chiediamo da subito da qui a fine anno un piano serio per tagliare la spesa pubblica improduttiva". Tremonti agli imprenditori: fisco riforma delle riforme Pil pro capite in caduta negli ultimi dieci anni, per far ripartire la crescita sono necessarie le riforme strutturali altrimenti nel 2014 sarà 10 punti sotto la media Ue. A lanciare l'allarme è il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, aprendo il convegno "Libertà e benessere: l'Italia al futuro", organizzato nell'ambito delle celebrazioni del centenario di viale dell'Astronomia. |
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DG Studio TecnicoDalessandro Giacomo 41° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE |
9 aprile 2010 L'arma dell'innovazione per la ripresa Per la ripresa gli imprenditori puntano su innovazione e investimenti in Italia Reagiscono per combattere una crisi, che sarà lunga e potrebbe durare altri due anni. Come? Investendo: l'ha fatto, dentro il territorio italiano, quasi il 60% delle imprese e un altro 12,9% ne ha l'intenzione in un prossimo futuro. E puntando su quei fattori che ritengono decisivi per la crescita: innovazione di prodotto e di processo, nel 90% dei casi; ma anche una maggiore aggressività commerciale (86,6); l'ingresso in nuovi mercati esteri (64,1); maggiori investimenti sul marchio (61,2). Per costruire il nuovo boom del XXI secolo L'Italia è una nazione ricca. Tra le più ricche al mondo. Per reddito totale e per abitante, diffusione di beni che aiutano a vivere meglio, salute e longevità della popolazione, agiatezza e proprietà delle abitazioni. È tra i leader globali nell'export in molti settori e, nonostante sia piccola, domina quasi il 3,5% dei commerci mondiali. Sono dati innegabili, risultati di cui andare fieri. Ma non basta indicarli e contemplarli compiaciuti per essere sereni e soddisfatti. Perché non sono un dono divino, caduto dal cielo, ottenuto per grazia ricevuta, una volta e per sempre. Sono conquiste faticosamente raggiunte lungo l'arco della storia unitaria e, soprattutto, nel quarto di secolo del miracolo economico e degli anni subito successivi, tra la fine della seconda guerra mondiale e il primo shock petrolifero. Marcegaglia: sulle riforme ora il governo non ha scuse Marcegaglia: sulle riforme ora il governo non ha scuse (Imagoeconomica) Servono le riforme per reagire alla crisi e riprendere a crescere. "Continueremo a dirlo chiaramente". In una intervista al Financial Times la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha sottolineato le richieste che gli industriali mettono al centro del confronto con il governo: "I prossimi tre anni, senza elezioni, devono essere impiegati per fare le riforme a partire da fisco, pubblica amministrazione, ricerca e sviluppo, mercato del lavoro". C'è un rischio che si prospetta per il Paese e la Marcegaglia lo mette in evidenza: "A medio termine la prospettiva è il declino". Per l'Italia, tre anni senza elezioni sono una rarità. Bisogna utilizzare il tempo per rimettere l'Italia in condizioni di crescere: "Non ci sono più scuse per non fare le riforme. Se ne parla da vent'anni: quello che serve ormai è evidente sia al governo che all'opposizione". La "quarta via" che rilancia l'industria Ancora poco diffuse ma con tassi di sviluppo rilevanti. Legate profondamente al territorio ma capaci di ambientarsi nel contesto globale. Probabilmente è ancora presto per poter dire che questo identikit sarà quello vincente quando la crisi sarà definitivamente alle spalle, di certo però le medie imprese che vi si rispecchiano stanno esprimendo con dinamismo il nuovo volto dell'industria italiana. Lo spiega il capitolo dedicato alle grandi e medie imprese industriali del volume "Libertà e benessere: l'Italia al futuro" alla base della due giorni di Confindustria in programma da oggi a Parma. Il lavoro di Fulvio Coltorti, responsabile area studi Mediobanca e professore di economia industriale dell'Università di Firenze, è una lunga cavalcata nella storia dell'industria italiana, dalla formazione dei primi grandi soggetti pubblici, ai processi di privatizzazione, al declino dei gruppi storici e all'affermazione degli ultimi modelli di capitalismo. Il terzo, ancorato al territorio con la specificità dei distretti e il prevalere della piccola dimensione, il quarto, che ha scoperto la vitalità della media impresa trasformando ed evolvendo la particolarità distrettuale. Sulla strada del mercato l'incognita regioni I rincari e le quotidiane polemiche sulla benzina, la relazione dell'Antitrust appena trasmessa al governo e la conseguente legge sulla concorrenza da confezionare al massimo entro giugno. Di argomenti sul tappeto per riportare le liberalizzazioni al centro dell'agenda politica ce ne sono a sufficienza. Come se non bastasse – fanno notare in coro un decano degli economisti, un teorico del liberismo e un docente di diritto dell'economia – c'è anche il tema caldissimo dei rapporti tra competenze dello stato e del territorio, il muro su cui in passato si sono infrante tenta velleità di semplificazione dei mercati. |
Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..
Il Mio Pensiero
(Vedi il "Libro dei Miei Pensieri"html PDF ):…..
DAL Sito Internet de il SOLE 24 ORE
per l'articolo completo vai al sito Internet
http://www.ilsole24ore.com2010-04-09
PER LA RASSEGNA STAMPA VAI Più SOTTO
Fotografia del mondo delle imprese 9 aprile 2010
Il sondaggio realizzato da Demos & Pi per Confindustria misura percezione della crisi, rapporto con il pubblico e fiducia delle imprese. È stato effettuato su un campione di 620 imprenditori e su 2206 persone, rappresentative della popolazione italiana dai 15 anni in su. La ricerca verrà presentata oggi a Parma da Ilvo Diamanti. I dati qui anticipati sono in percentuale.
1. Lei ritiene che la competitività dell'Italia nei confronti degli altri paesi europei, rispetto a tre anni fa, sia:
2. Secondo Lei, quando finirà l'attuale crisi? |
3. Per ciascuna delle seguenti strategie aziendali, mi può dire se la sua impresa l'ha già fatta, se pensa di farla o se non intende farla? Quanti dichiarano di "averla già adottata" o "intende adottarla presto", in base al settore confindustriale.
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4. Per ridare slancio all'economia italiana, c'è bisogno di maggiore o minore concorrenza? 5. Nel segmento di mercato della sua azienda, qual è il fattore di successo decisivo nei confronti dei concorrenti? |
CLICCA L'INCENTIVO La mappa degli sconti dalla moto alla casa ecologica A cura di Nicoletta Cottone e Claudio TucciClicca l'incentivo. Il Sole24ore.com ha realizzato una mappa di tutti i prodotti che beneficiano dello sconto, con 20 schede ad hoc che illustrano nel dettaglio le istruzioni per l'uso. Quali sono i requisiti richiesti, le regole da rispettare, a chi chiedere il bonus, il budget a disposizione per soddisfare le richieste. Gli sconti per i consumatori scattano dal 15 aprile 2010 e sono validi fino alla fine dell'anno, a patto che il plafond a disposizione non si esaurisca prima. |
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Batterie di condensatori Bene incentivato Batterie di condensatori Requisiti Batterie di condensatori che contribuiscono alla riduzione delle perdite di energia elettrica sulle reti media e bassa tensione Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 200 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dieci milioni di euro, divisi con l'incentivazione a inverter, motori ad alta efficienza e Ups. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Cappe climatizzate Bene incentivato Cappa climatizzata Requisiti Richiesta la sostituzione di cappe con analoghe cappe climatizzate. Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 500 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con lavastoviglie, forni elettrici, piani cottura, cucine di libera installazione, scaldacqua elettrici. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Case ecologiche Beni incentivati Immobili ad alta efficienza energetica (Classe A e B) Requisiti Acquisto di immobili di nuova costruzione, come prima abitazione della famiglia, con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 30% (Classe B). Acquisto di immobili con fabbisogno di energia primaria migliore almeno del 50% (Classe A). Il raggiungimento delle prestazioni energetiche richieste per far scattare il bonus deve essere certificato da un soggetto accreditato (Enea). Misura del bonus Contributo pari a 83 euro per metro quadrato di superficie utile e nel limite massimo di 5mila euro (Classe B) e contributo pari a 116 euro per metro quadrato di superficie utile e fino al massimo a 7mila euro (Classe A). Entrambi i contributi sono corrisposti per operazioni di vendita stipulate successivamente al 6 aprile (data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto attuativo) e comunque non oltre il 31 dicembre 2010. Cosa fare Entro 20 giorni dalla stipula del contratto definitivo, il venditore, in possesso dell'attestato di certificazione energetica, cura la prenotazione dell'incentivo attraverso il call center 800.556.670 gestito da Poste Italiane. Il bonus viene poi confermato in sede di stipula del contratto di compravendita, al quale ai soli fini dell'ottenimento dei contributi, deve essere allegato l'attestato di certificazione energetica. Entro 45 giorni dalla stipula, l'acquirente trasmette, con lo stesso meccanismo utilizzato per la registrazione, copia autentica dell'atto munita degli estremi della registrazione. Fondo a disposizione Sessanta milioni di euro. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Cucine di libera installazione Bene incentivato Cucine di libera installazione Requisiti Richiesta la sostituzione di cucine di libera installazione con analoghe cucine di libera installazione dotate di forno elettrico di classe A e piano cottura dotato di valvola di sicurezza gas (Fsd). Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 100 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con lavastoviglie, forni elettrici, piani cottura, cappe, scaldacqua elettrici. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Forni elettrici Bene incentivato Forno elettrico Requisiti Richiesta la sostituzione del vecchio forno elettrico con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore alla A. Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 80 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con lavastoviglie, piani cottura, cucine di libera installazione, cappe, scaldacqua elettrici. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Gru a torre per l'edilizia Bene incentivato Gru a torre per l'edilizia Requisiti Acquisto, con contestuale rottamazione di gru a torre per l'edilizia messe in esercizio anteriormente al 1° gennaio 1985 Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 30mila euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Quaranta milioni di euro a disposizione. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo |
Internet per i giovani Bene incentivato Nuova attivazione banda larga Requisiti Contributo per una nuova attivazione di banda larga riservato ai giovani fra i 18 e i 30 anni. Misura del bonus Contributo di 50 euro Cosa fare Recarsi da un operatore delle telecomunicazioni che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica per il bonus internet. Fondo a disposizione Venti milioni di euro il budget stanziato. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fond |
Inverter Bene incentivato Variatori di velocità (Inverter) Requisiti Acquisto e installazione di Inverter su impianti con potenza elettrica compresa tra 0,75 e 7,5 kw Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 40 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dieci milioni di euro, divisi con l'incentivazione a batterie di condensatori, motori ad alta efficienza e Ups. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Lavastoviglie Bene incentivato Lavastoviglie Requisiti Richiesta la sostituzione della vecchia lavastoviglie con analoghi apparecchi di classe energetica, capacità di lavaggio, efficienza di asciugatura non inferiore alla classe A (A/A/A). Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 130 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con forni elettrici, piani cottura, cucine di libera installazione, cappe, scaldacqua elettrici. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Macchine agricole Bene incentivato Macchine agricole e movimento a terra, comprese quelle operatrici, a motore rispondenti categoria "Fase IIIA", attrezzature agricole portate, semiportate, attrezzature fisse Requisiti Acquisto, con contestuale rottamazione di macchine o attrezzature agricole e movimento terra di fabbricazione anteriore al 31 dicembre 1999 della stessa categoria di quelle sostituite. Le macchine dovranno essere esclusivamente della stessa tipologia e con potenza non superiore del 50% all'originale rottamato. Misura del bonus 10% del costo di listino, a condizione che il concessionario o il venditore pratichi uno sconto di pari misura sul prezzo di listino. Cosa fare Recarsi da un concessionario o rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Entro 15 giorni dalla data di consegna del nuovo macchinario, il destinatario del contributo ha l'obbligo di demolire il macchinario sostituito e di provvedere alla sua cancellazione legale Fondo a disposizione Venti milioni di euro. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Mobili da cucina Bene incentivato Nuove cucine componibili ed elettrodomestici da incasso ad alta efficienza energetica Requisiti Acquisto nuove cucine componibili ed elettrodomestici da incasso ad alta efficienza energetica. Attenzione, però, i nuovi mobili devono essere accompagnati dalla "scheda prodotto", rispettare il decreto Lavoro 10 ottobre 2008 sull'emissione di aldeide formica. La nuova cucina componibile deve essere corredata da almeno due dei seguenti elettrodomestici di classe energetica ad alta efficienza: frigorifero/congelatore in classe A+ e A++, forno in classe A, piano di cottura a gas (se inserito) con dispositivo di sorveglianza fiamma, lavastoviglie (se inserita) non inferiore alla classe A/A/A (A di efficienza energetica, A di efficienza di lavaggio, A di efficienza di asciugatura). Inoltre la nuova cucina componibile deve già essere predisposta per la raccolta differenziata con la dotazione di contenitori appositi. Il produttore deve attestare tramite autocertificazione o dichiarazione l'ottemperanza dei requisiti richiesti. Il venditore deve dichiarare, tramite autocertificazione, che l'acquisto è avvenuto in sostituzione di una cucina in uso. Il prezzo d'acquisto degli elettrodomestici che non rientrassero nelle classi energetiche ad alta efficienza, non concorre a formare il valore in base al quale viene calcolato il contributo. Misura del bonus 10% del costo per un massimo di 1.000 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita.Fondo a disposizione Sessanta milioni di euro sono previsti per l'incentivo. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Motocicli elettrici o ibridi Bene incentivato Motociclo dotato di alimentazione elettrica, doppia o esclusiva Requisiti Acquisto motociclo dotato di alimentazione elettrica, doppia o esclusiva. Non è richiesta la rottamazione. Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 1.500 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dodici milioni di euro, divisi con l'incentivazione ai motocicli Euro 3. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Motocicli euro 3 Bene incentivato Motociclo Euro 3 Requisiti Acquisto motociclo Euro 3, fino a 400 cc o fino a 70 kw di potenza, con contestuale rottamazione di ciclomotore o motociclo Euro 0 o Euro 1 realizzata attraverso demolizione. Misura del bonus 10% del costo per un massimo di 750 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dodici milioni di euro, divisi con l'incentivazione ai motocicli dotati di alimentazione elettrica o ibrida. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Motori ad alta efficienza Bene incentivato Motori ad alta efficienza (IE2) Requisiti Acquisto di motori ad alta efficienza di potenza tra 1 e 5 kw Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 50 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dieci milioni di euro, divisi con l'incentivazione a batterie di condensatori, inverter e Ups. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Motori fuoribordo Bene incentivato Motori fuoribordo Requisiti Sostituzione di motori fuoribordo di vecchia generazione con motori a basso impatto ambientale fino alla potenza di 75kW compresa. Misura del bonus 20% del costo per un massimo di mille euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Venti milioni di euro, divisi con l'incentivazione all'acquisto di stampi per scafi da diporto. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Piani cottura Bene incentivato Piani cottura Requisiti Richiesta la sostituzione di piani cottura con analoghi apparecchi dotati di dispositivo di sorveglianza di fiamma (Fsd). Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 80 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con lavastoviglie, forni elettrici, cucine di libera installazione, cappe, scaldacqua elettrici. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. 7 aprile 2010 |
Pompe di calore Bene incentivato Pompe di calore Requisiti Sostituzione di scaldacqua elettrici con installazione di pompe di calore ad alta efficienza con Cop uguale o maggiore a 2,5 secondo la norma EN 255-3, dedicate alla sola produzione di acqua calda sanitaria. Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 400 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Cinquanta milioni di euro, divisi con lavastoviglie, forni elettrici, piani cottura, cucine di libera installazione, cappe climatizzate. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Rimorchi e semirimorchi Beni incentivati Rimorchi e semirimorchi Requisiti Acquisto nuovo rimorchio a timone o ad assi centrali, categoria 04 e acquisto nuovo semirimorchio di categoria 04. Misura del bonus Per i rimorchi: contributo pari a 1.500 euro, con contestuale radiazione di un rimorchio con più di 15 anni di età, non dotato di dispositivo di frenata "Abs", a condizione che il nuovo rimorchio sia dotato di dispositivo di frenata "Abs". Il contributo sale a 2mila euro, se il nuovo rimorchio è dotato, anche, di sistemi di controllo elettronico della stabilità. Per i semirimorchi: contributo pari a 3mila euro, con contestuale radiazione di un semirimorchio con più di 15 anni di età, non dotato di dispositivo di frenata "Abs", a condizione che il nuovo semirimorchio sia dotato di dispositivo di frenata "Abs". Il contributo sale a 4mila euro, se il nuovo semirimorchio è dotato, anche, di sistemi di controllo elettronico della stabilità. Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Otto milioni di euro, divisi tra rimorchi e semirimorchi. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Stampi per scafi da diporto Bene incentivato Stampi per scafi da diporto Requisiti Acquisto di stampi per la laminazione sottovuoto degli scafi da diporto dotati di flangia perimetrale Misura del bonus 50% del prezzo d'acquisto per un massimo di 200mila euro per azienda Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Venti milioni di euro, divisi con l'incentivazione all'acquisto dei motori fuoribordo. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
Gruppi statici di continuità (UPS) Bene incentivato Gruppi statici di continuità (Ups) Requisiti Acquisto di Ups ad alta efficienza di potenza fino a 10 kVA Misura del bonus 20% del costo per un massimo di 100 euro Cosa fare Recarsi da un rivenditore che si informerà sulla capienza del bonus. In caso di risposta positiva, avvierà la pratica ed effettuerà lo sconto sul prezzo di vendita. Fondo a disposizione Dieci milioni di euro, divisi con l'incentivazione a batterie di condensatori, inverter e motori ad alta efficienza. Una pagina sul sito del ministero dello Sviluppo economico aggiorna periodicamente la disponibilità residua o l'avviso di esaurimento del fondo. |
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Tecnologia italiana per le reti elettriche sottomarine
6 aprile 2010
Il progetto Desertec
22 marzo 2010
2010-04-09il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2010-04-09 Marcegaglia nel fotovoltaico con nuovi investimenti di Franco Vergnano 8 aprile 2010 Marcegaglia rilancia nel fotovoltaico (Fotogramma) Il gruppo Marcegaglia entra nel fotovoltaico con due tecnologie diverse. La società di Gazoldo degli Ippoliti (Mantova), leader nella trasformazione dell'acciaio, investirà una cinquantina di milioni di euro per creare circa 200 nuovi posti di lavoro. "Si tratta di investimenti – racconta Antonio Marcegaglia, 46 anni, imprenditore e amministratore delegato (con la sorella Emma, presidente di Confindustria) del gruppo di famiglia presieduto dal padre Steno – che si inseriscono nel nostro piano industriale 2009-2012 che prevede di spendere un miliardo di euro, equamente divisi tra Italia ed estero, per rafforzarci nel core business. Adesso, con la produzione dei pannelli solari, proseguiamo nella diversificazione che già pesa per il 15% sul nostro business". Il gruppo mantovano è già presente da tempo, in una strategia di "verticalizzazione dei prodotti", nella commercializzazione di pannelli per le coperture industriali coibentate in poliuretano e, da un paio d'anni, anche nella vendita di pannelli fotovoltaici con il marchio Brollo Solar. Adesso c'è il passo successivo, la produzione vera e propria, in due siti produttivi con tecnologie diverse che "rappresentano un'innovazione di prodotto significativa". Nello stabilimento di Taranto, insieme ai pannelli e alle lamiere grecate verrà prodotta anche la pellicola di silicio amorfo per l'integrazione architettonica e per le coperture commerciali e industriali, utilizzando la tecnologia migliorata della multinazionale americana United Solar Ovonic. A Lonate Pozzolo, in provincia di Varese, il gruppo Marcegaglia produrrà invece pannelli solari che utilizzano la tecnologia al tellururo di cadmio sviluppata dalla controllata Arendi, una società specializzata nella realizzazione di progetti industriali nel settore del risparmio energetico e nell'utilizzo di fonti di energia rinnovabili. I pannelli prodotti dall'Arendi saranno destinati al mercato delle grandi superfici. Entrambe le lavorazioni andranno a regime in autunno: si prevede una produzione annua di pannelli pari a circa 60 megawatt. Il gruppo mantovano ha inoltre deciso di fare un altro paio di investimenti come utilizzatore di pannelli solari. Il primo è stato effettuato nell'impianto di Casalmaggiore (Cremona) utilizzando appunto la tecnologia "thin film" con il marchio Uni-Solar. Si tratta di uno dei più grandi impianti fotovoltaici in Italia e in Europa. Le lamiere grecate con il film di silicio amorfo hanno dato vita a un impianto di 2,1 megawatt in grado di alimentare fino a 800 unità abitative, garantendo allo stesso tempo un risparmio delle emissioni di CO2 pari a 1.113 tonnellate l'anno. A Taranto, invece, in joint venture con Enel Green Power, il gruppo Marcegaglia realizzerà sui propri capannoni industriali un impianto fotovoltaico da ben 4,2 megawatt che entrerà in funzione entro l'anno. Primo volo per il Solar Impulse, l'aereo a energia solare franco.vergnano@ilsole24ore.com 8 aprile 2010
La super rete intelligente tra Europa e Africa sta diventando realtà di Alfredo Sessa 6 aprile 2010 Accendere le luci in Europa con l'energia elettrica prodotta dal sole e dal vento del Nordafrica. Il momento in cui premendo un interruttore sarà possibile realizzare questa integrazione fisica tra le economie euromediterranee è ancora lontano, ma meno di quanto si possa pensare. Il progetto che ha l'obiettivo di produrre elettricità con fonti rinnovabili in Nordafrica, infatti, è già pronto. Si chiama Desertec, e prevede di creare da oggi fino al 2050 un'ampia rete di installazioni eoliche e solari, che potranno fornire l'energia necessaria non solo a soddisfare il fabbisogno locale, ma, potenzialmente, fino al 15% dei consumi di elettricità in Europa. Se lo schema della produzione dell'energia era ben chiaro, mancava invece finora un progetto per trasportare la corrente in Europa. A colmare la lacuna stanno pensando i francesi, Edf in testa. I transalpini vogliono costituire un consorzio di società con l'obiettivo di realizzare una rete di linee di trasmissione elettrica ad alta tensione con cavi sottomarini tra Africa ed Europa. Il progetto si chiama Transgreen, e sarà presentato il 25 maggio al Cairo in occasione del vertice dei ministri dell'Energia dell'Unione per il Mediterraneo, l'iniziativa di integrazione economica tra le due sponde del Mare Nostrum lanciata due anni fa dal presidente francese Sarkozy. Il modello di business, a questo punto, si completa e si precisa. C'è la produzione di energia con fonti rinnovabili (Desertec), c'è la trasmissione (Transgreen), c'è il mercato di destinazione, l'Europa, indispensabile se Desertec sarà effettivamente realizzato nella misura prevista. E non a caso sono pronti a scendere in campo molti importanti attori dell'industria elettrica. Desertec raduna già sedici partner. L'impronta è tedesca, con la presenza di giganti dell'energia come Eon e Rwe, e della finanza come Deutsche Bank e l'assicuratore Munich Re. Ma la squadra è ben assortita, potendo schierare anche l'italiana Enel Green Power, la francese Saint Gobain Solar, la spagnola Red Electrica, l'americana First Solar e la marocchina Nareva Holding. Da parte sua, invece, Transgreen parla con accento francese, non solo perché appare come il progetto di punta tra i sei previsti dalla sarkoziana Unione per il Mediterraneo, ma anche perché a tirare le fila c'è Edf. Sullo sfondo, la posta in gioco è molto alta. Si tratta di sviluppare l'interscambio di energia elettrica e di collegare le nuove fonti di generazione di energia rinnovabile alle reti tradizionali. E allo stesso tempo, rendendo disponibili grandi volumi di energia generata in località remote, consentire una maggiore apertura del mercato dell'elettricità tra stati, favorendo la riduzione dei prezzi al consumo e la spinta all'innovazione tecnologica. Con un'incognita. I tempi sicuramente lunghi, e la necessità di un non sempre facile coordinamento politico tra stati. "I rischi che vedo in questi progetti – dice Fabio Romeo, responsabile della divisione Energy Cable Business di Prysmian, il gruppo milanese leader mondiale nel settore dei collegamenti sottomarini per la trasmissione di energia ad alta tensione – al di là dei normali rischi tecnologici connessi alle dimensioni, sono che i tempi del passaggio dalla progettazione alla realizzazione possano rivelarsi più lunghi del previsto. La scala infatti è impegnativa, e bisognerà risolvere problemi di natura anche politica. Per passare allo stadio di realizzazione ci vuole l'interesse dei paesi, da una parte e dall'altra". L'obiettivo finale è ridurre i costi per l'utente finale. "Dipenderà da quanto costeranno le installazioni. Gli studi preliminari – dice Romeo – indicano che impianti come quelli previsti da Desertec possono produrre energia a costi competitivi, ma allo stesso tempo gli attuali investimenti in energia solare non sono redditizi se non sono sostenuti da programmi di incentivazione". Più grandi sono le reti elettriche, più sono stabili. L'accoppiata Desertec-Transgreen può diventare a sua volta complementare della "Supergrid" paneuropea, che si inquadra nell'ambito degli obiettivi Ue di riduzione delle emissioni di gas serra del 20% entro il 2020 e che prevede di rendere disponibili grandi volumi di energia generata in località remote da fonti rinnovabili. Un esempio tipico sono le centrali eoliche offshore del nord Europa, come quelle in corso di realizzazione in Gran Bretagna. Attualmente nel Mediterraneo sono collegate con linee a corrente alternata le reti elettriche di Marocco e Spagna, via Gibilterra. Transgreen dovrebbe partire più a est, da Algeria o Tunisia. Molti i progetti allo studio, come il collegamento Balcani-Italia, Malta-Italia, Tunisia-Sicilia. Per la tecnologia italiana dei cavi ad alta tensione, già protagonista di primo piano nel mondo (si veda cartina) un'altra sfida da vincere. alfredo.sessa@ilsole24ore.com Tecnologia italiana per le reti elettriche sottomarine Un anno di fondi all'ecobusiness 6 aprile 2010
Rinnovabili da iPhone di Luca Dello Iacovo commenti - | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 22 marzo 2010
Un ponte tra pubblico e aziende: l'iPhone diventa una porta di accesso per le fonti rinnovabili. A partire dall'energia solare. L'applicazione Solarchecker è da poco nel negozio online di Apple. Prima rileva la posizione dell'abitazione mediante il Gps. Poi attiva una connessione con una banca dati meteorologica per valutare le condizioni ambientali. Valuta l'inclinazione necessaria ai pannelli fotovoltaici. Estima l'energia ottenibile sulla base dello spazio disponibile per l'installazione, valutando la riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Ma Solarchecker fa un passo in più: segnala anche le dieci sedi più vicine dello Sma Sunny Pro Club, l'azienda specializzata in impianti solari che ha sviluppato il software. Non è l'unica integrazione tra iPhone e imprese impegnate nelle tecnologie sostenibili. In ottobre un produttore di piccoli impianti eolici, Mariah Power, ha lanciato Windspire: l'applicazione utilizza il microfonodell'iPhone per misurare la velocitàdel vento. Isola i rumori di fondo e rileva i decibel, trasformandoli attraverso formule matematiche in una misura della forza dell'aria. Alla frontiera delle rinnovabili si affianca l'efficienza energetica. Microsoft ha messo a punto un software per lo sviluppo di Hohm, un pannello di controllo per osservare in tempo reale i consumi energetici nelle abitazioni: ogni persona può osservare gli impieghi di corrente elettrica attraverso un grafico su internet, confrontare le sue scelte edecidere come ridurre gli sprechi. Microsoft punta a estendere le applicazioni di" monitoraggio intelligente" anche ai trasporti privati e al riscaldamento residenziale. È già in fase sperimentale il sistema Power Meter di Google. Gli utenti possono controllare gli utilizzi quotidianidi elettricità e gas in diretta: i diagrammi mostrano i consumi in tempo reale e permettono un confronto grafico con la media dei mesi precedenti. Èun'opportunità per valutare le proprie abitudini e scegliere quali misure adottare per contribuire alla riduzione delle emissioni di CO2, risparmiando sulla bolletta. 22 marzo 2010
Ecco l'Italia dei 6.993 comuni a energia rinnovabile di Claudio Tucci commenti - 6 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 23 marzo 2010 L'Italia dei 6.993 comuni rinnovabili Nell'86% di comuni italiani sono presenti fonti di energia rinnovabile. Le amministrazioni locali che hanno scelto di investire nell'energia pulita sono ormai salite a quota 6.993, praticamente più del doppio delle 3.190, registrate nel 2008. A tirare più di tutti si conferma il solare, con impianti presenti in 6.801 comuni, seguito dall'idro-elettrico (799 comuni), dall'eolico (297) e dalla geotermia (181). Le biomasse si trovano invece in 788 municipi, dei quali 286 utilizzano biomasse di origine organica animale o vegetale. A scattare la fotografia dell'Italia sostenibile, è l'annuale rapporto di Legambiente, "Comuni rinnovabili 2010", presentato, a Roma, assieme a Gse e Sorgenia. Parla di "crescita impressionante delle fonti rinnovabili", il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza, che ha portato anche a un aumento della produzione di energia pulita del 13 per cento. "Bisogna ora capire - ha detto - quanto interessi all'Italia raggiungere gli obiettivi fissati dall'Unione Europea al 2020 per la riduzione delle emissioni di Co2 e la crescita delle rinnovabili". C'è più di una preoccupazione, ha aggiunto, soprattutto, "di fronte all'assordante silenzio che ci sta accompagnando alla scadenza del prossimo giugno, quando l'Italia dovrà comunicare all'Ue il piano nazionale per rientrare nell'obiettivo al 2020 del 17% di rinnovabili". Per Massimo Orlandi, amministratore delegato di Sorgenia (che ha in piedi un piano pluriennale da oltre 2 miliardi di euro per incentivare le rinnovabili), c'è ancora molta strada da fare, anche, per colmare il divario che ancora ci separa da altri Paesi europei, come Germania e Spagna. "Oltre a rafforzare una politica di sviluppo delle rinnovabili - ha sottolineato - si potrebbe metter mano alle norme, ad esempio uniformando e velocizzando gli iter autorizzativi per i nuovi impianti". Diversi come al solito i comuni citati per le buone performance nel campo dell'energia pulita. Da Sluderno, in provincia di Bolzano, per il mix di impianti rinnovabili utilizzati, a Tocco da Casauria (Pe), dove sono in funzione 4 pale eoliche che complessivamente (con 3,2 Mw) permettono di produrre più energia elettrica di quella necessaria alle famiglie residenti, passando per Maiolati Spontini (An), e altri 15 comuni ugualmente al top per la sostenibilità. Tra le province (la novità di quest'anno) vince il premio "rinnovabile 2010", Grosseto. Il rapporto evidenzia poi alcuni interventi necessari per accelerare sulle rinnovabili. Le richieste spaziano da una semplificazione delle procedure per i progetti (come l'idea di far diventare un atto libero e gratuito realizzare un impianto domestico da fonti rinnovabili), al rinnovo degli incentivi in conto energia per il solare fotovoltaico (di grande successo e in fase di scadenza). Ma altrettanto importante è dare certezza al solare termico e agli interventi di risparmio energetico (con il 55% di detrazione fiscale) che termineranno nel 2010 e premere con convinzione sull'innovazione energetica degli edifici. Ciò - evidenziano da Legambiente - potrebbe venire dai regolamenti edilizi comunali che, come dimostra l'esperienza di questi anni, possono spingere con obblighi e incentivi l'innovazione nel settore delle costruzioni. 23 marzo 2010
Padova regala un impianto fotovoltaico ai cittadini di Paola Guidi 18 marzo 2010 Padova regala un impianto fotovoltaico ai cittadini Se abitate a Padova e volete procurarvi gratis energia elettrica "verde", nessun problema perché Flavio Zanonato, da 7 anni sindaco della città, ha annunciato che grazie ad una serie di accordi con istituti bancari e aziende del settore i padovani potranno usufruire di un impianto fotovoltaico letteralmente regalato dal comune. Tra qualche settimana - Zanonato e l'assessore all'ambiente Alessandro Zan lo annunceranno venerdì 19 marzo - basterà chiamare un apposito numero verde per l'installazione gratuita sul proprio tetto. La provincia di Padova è diventata nel giro di qualche anno la più importante concentrazione di produttori di sistemi fotovoltaici in Italia, un autentico distretto con competenze di filiera (dal progetto, alla realizzazione all'installazione e al servizio). Si trova infatti qui il 60% dell'industria nazionale del fotovoltaico. Si tratta in realtà di un progetto pilota che se otterrà i risultati previsti potrebbe essere esteso su scala nazionale, stimolando, così, da un lato la ricerca in un comparto ormai "strategico" e da un altro la diffusione tra gli utenti finali di una corretta informazione sui vantaggi e i requisiti delle nuove tecnologie green. 18 marzo 2010
7 Apr 2010 Calabria: incostituzionale la realizzazione di impianti eolici fino a 500 kW con la sola DIA Pubblicato da Mario Delfino alle 10:30 in Eolico, Fonti rinnovabili, Leggi e decreti La Corte Costituzionale si è pronunciata, infatti, anche in merito alla Legge n. 42 del 29 dicembre 2008 Misure in materia di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili ed alla Legge n. 38 del 11 novembre 2008 Proroga del termine di cui al comma 3, art. 53, Legge regionale n. 15 del 13 giugno 2008 della Regione Calabria. La sentenza della Corte è la n. 124 del 2010 (decisione del 24 marzo e deposito del 1 aprile) e dichiara l'incostituzionalità delle seguenti disposizioni contenute nelle citate leggi regionali calabresi: - realizzazione di impianti eolici fino a 500 kW di potenza, previo rilascio della semplice Denuncia di Inizio Attività (DIA) - obbligo per le aziende interessate alla realizzazione degli impianti ad avere sede nel territorio calabrese, privilegiando, in tal modo, iniziative che avessero ripercussioni economiche territoriali - autorizzazione di impianti eolici con almeno 1.800 ore equivalenti. In una nota pubblicata sul proprio sito, l'Associazione Nazionale Energia del Vento (ANEV) sottolinea ancora una volta, da un lato, la necessità di avere una procedura autorizzativa semplificata, uguale per tutti e dall'altro l'inadeguatezza di alcune amministrazioni regionali che ritengono di svolgere una funzione nell'interesse del territorio e finiscono per danneggiarlo. Il problema di fondo è sempre lo stesso: l'esasperante lentezza del legislatore nazionale induce i legislatori regionali ad intervenire, creando una disparità di condizioni da regione a regione ed una confusione normativa che di certo non aiuta gli operatori del settore.
Sentenza 128/2010 Giudizio Presidente AMIRANTE - Redattore MADDALENA Udienza Pubblica del 09/02/2010 Decisione del 24/03/2010 Deposito del 08/04/2010 Pubblicazione in G. U. Norme impugnate: Art. 26 della legge della Regione Calabria 11/05/2007, n. 9, come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Calabria 12/12/2008, n. 40. Massime: Titoli: Atti decisi: ord. 268/2009 SENTENZA N. 128 ANNO 2010 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2007, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002)", come modificato dall’art. 8 della legge della Regione Calabria 12 dicembre 2008, n. 40 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4, della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria con ordinanza del 5 maggio 2009, iscritta al n. 268 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell’anno 2009. Visti gli atti di costituzione della Provincia di Reggio Calabria e della Regione Calabria; udito nell’udienza pubblica del 9 febbraio 2010 il Giudice relatore Paolo Maddalena; uditi gli avvocati Aristide Police per la Provincia di Reggio Calabria e Giuseppe Naimo per la Regione Calabria. Ritenuto in fatto 1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, con ordinanza del 5 maggio 2009, ha sollevato, in riferimento agli artt. 114, 118 e 119 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 26 della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2007, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002)", "come modificato" dall’art. 8 della legge della Regione Calabria 12 dicembre 2008, n. 40 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). La disposizione dell’art. 26 della legge regionale n. 9 del 2007, nel testo modificato dall’art. 8 della regionale n. 40 del 2008 recita: "Le risorse finanziarie da erogare in favore delle Province per l’esercizio delle funzioni amministrative loro conferite ai sensi della legge regionale 12 agosto 2002, n. 34 e della legge regionale 11 gennaio 2006, n. 1, allocate nelle UPB appositamente istituite nel bilancio regionale e finanziate con quota parte delle entrate autonome, sono trasferite alle stesse direttamente dal Dipartimento Bilancio e Patrimonio, settore Ragioneria Generale". A sua volta, l’art. 8 citato, rubricato "Trasferimento delle risorse alle Province", così prevede: "1. Il comma 1 dell’articolo 26 della legge regionale 11 maggio 2007, n. 9 è sostituito dal seguente: "1. Le risorse finanziarie da erogare in favore delle Province per l’esercizio delle funzioni amministrative loro conferite ai sensi della legge regionale 12 agosto 2002, n. 34 e della legge regionale 11 gennaio 2006, n. 1, allocate nelle UPB appositamente istituite nel bilancio regionale e finanziate con quota parte delle entrate autonome, sono trasferite alle stesse direttamente dal Dipartimento Bilancio e Patrimonio, settore Ragioneria Generale". 2. I trasferimenti di cui al comma 1, ad esclusione di quanto previsto dal successivo comma 5, dovranno avvenire in due rate di pari importo con scadenza 30 aprile e 30 ottobre di ciascun anno, salvo che il trasferimento semestrale non sia conciliabile con specifiche norme di settore. 3. Le risorse sono trasferite in acconto con l’obbligo delle Province di presentare il rendiconto delle spese relative alle funzioni entro il 15 marzo dell'anno successivo ai Dipartimenti regionali competenti per materia i quali, previa verifica, potranno richiedere alla Ragioneria generale di provvedere al recupero delle somme non rendicontate correttamente sulla prima rata di aprile. La mancata presentazione del rendiconto comporta la sospensione della corresponsione della prima rata semestrale dell’anno successivo. 4. Sono escluse dalla rendicontazione le spese per il personale trasferito e per le spese di funzionamento. 5. Al fine di evitare il sorgere di problemi di liquidità finanziaria alle Amministrazioni Provinciali, il trasferimento delle rate semestrali delle risorse di cui al comma 4 dovrà avvenire entro il 31 gennaio ed il 31 luglio dell’esercizio di riferimento. 6. I commi 2, 3, 4 e 5 dell’articolo 26 della legge regionale 11 maggio 2007, n. 9 sono abrogati". 1.2.- Il rimettente ricorda che la Regione Calabria, dopo aver disciplinato – con le leggi regionali 12 agosto 2002, n. 34 (Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali) e 11 gennaio 2006, n. 1, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2006, art. 3, comma 4 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8)" – gli strumenti, le procedure e le modalità di riordino delle funzioni e dei compiti amministrativi esercitati dagli altri enti locali nelle materie di cui agli artt. 117, commi terzo e quarto, e 118 Cost., ha trasferito alle Province, che le esercitano dal 1° gennaio 2006, le funzioni stesse. Soggiunge il giudice a quo che la legge regionale n. 9 del 2007 prevedeva nel testo originario, all’art. 26, "un obbligo di rendiconto trimestrale da parte delle Province, che nel caso di mancato rispetto comportava, previa diffida, la sanzione della sospensione delle erogazioni"; su tale disposizione lo stesso T.a.r. attualmente rimettente aveva proposto incidente di costituzionalità con ordinanza del 21 maggio 2008 (iscritta al R.O. n. 291 del 2008). Nella pendenza di detto giudizio di costituzionalità – espone ancora il giudice a quo – interveniva la modifica legislativa da parte del citato art. 8 della legge regionale n. 40 del 2008 e la Regione Calabria indirizzava alla Provincia di Reggio Calabria la nota n. 626/2009, con la quale chiedeva che venisse data esecuzione alla nuova normativa. Detta nota era reputata lesiva e, dunque, impugnata giudizialmente dalla Provincia, la quale otteneva dall’adito T.a.r. un provvedimento di sospensione cautelare "a termine, ovvero sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla questione oggetto della presente ordinanza". 1.3.- Ciò premesso, il giudice a quo osserva, in punto di rilevanza, che la controversia appartiene alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione delle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), trattandosi di accertare la legittimità "della pretesa della Regione Calabria di ottenere il rendiconto delle spese inerenti le risorse delle funzioni trasferite, a pena della sospensione delle erogazioni finanziarie relative alle medesime funzioni"; ciò in quanto la nota, avente "valore provvedimentale", impugnata dalla Provincia ricorrente "manifesta, da parte della Regione, l’intendimento, attuale e concreto, avente come tale natura di imposizione cogente e vincolante e dunque di ordine, di dare immediata attuazione alla nuova norma sopravvenuta, ottenendo quindi l’ottemperanza all’obbligo di redazione e presentazione dei rendiconti, a pena della sospensione dei trasferimenti, con evidenti refluenze sulla certezza della effettiva disponibilità delle risorse trasferite ed, in conseguenza, della formazione del bilancio". 1.4.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il rimettente ribadisce le ragioni già espresse con la precedente ordinanza di rimessione del 21 maggio 2008, reputando che esse mantengano intatta la loro valenza anche a fronte della modifica legislativa sopravvenuta. In particolare, si puntualizza che, in base alla trama normativa di cui agli artt. 114, 118 e 119 Cost., il riconoscimento costituzionale dell’autonomia delle Province già risultava "evidentemente non coerente con l’assoggettamento delle stesse, nell’esplicazione delle funzioni "conferite", a controllo trimestrale della relativa spesa, con la previsione, oltre tutto, di sospensione necessaria di ogni erogazione nel caso che il rendiconto non venga inviato a seguito di specifica diffida". Una siffatta conclusione non viene meno, ad avviso del giudice a quo, per il solo fatto che la nuova norma regionale "abbia escluso dal rendiconto le spese del personale e di funzionamento", giacché "ha, per il resto, solamente modificato le modalità di presentazione del rendiconto stesso (annuale e non più trimestrale), mantenendo quindi sostanzialmente, la sanzione della sospensione del trasferimento delle risorse per il caso della sua mancata presentazione". Sicché, le modalità di erogazione dei finanziamenti relativi alle funzioni conferite alle Province sarebbero lesive della relativa autonomia, in quanto le Province medesime "vengono sottoposte ad una forma di controllo "finanziario" molto penetrante, non compatibile con la posizione loro riconosciuta dalla Costituzione". A tal riguardo, il rimettente ricorda che, secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 16 del 2004) "nei confronti degli enti locali non possono considerarsi costituzionalmente ammissibili interventi finanziari vincolati nella destinazione, per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi", quali sarebbero, nella specie, le funzioni conferite con la legge regionale n. 34 del 2002. 2.- Si è costituita la Provincia di Reggio Calabria, in persona del Presidente pro tempore, che ha concluso nel senso della incostituzionalità della norma denunciata, riservandosi in prosieguo ulteriori deduzioni. 3.- E’ intervenuta nel giudizio la Regione Calabria per sentir dichiarare inammissibile o infondata la sollevata questione. La difesa regionale evidenzia la inconferenza del richiamo operato dal rimettente alla sentenza n. 16 del 2004 della Corte costituzionale, trattandosi, in quel caso, di decisione concernente una norma statale che disponeva interventi diretti in favore dei Comuni, mentre, nella specie, si tratterebbe di "rimesse" effettuate dalla Regione in favore della Provincia. La Regione sostiene, peraltro, che la norma denunciata si muoverebbe nell’ambito della competenza statutaria e della stessa legge regionale n. 34 del 2002, che "mantengono esplicitamente in capo alla Regione le funzioni di controllo in materia". Inoltre, l’art. 7 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), renderebbe evidente che i trasferimenti comportano comunque un vincolo per gli impegni ad essi correlati, là dove il controllo regionale sulla destinazione di fondi assegnati agli enti locali, in relazione alle funzioni ad essi delegate, troverebbe fondamento anche nell’art. 12, comma 3, del d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76 (Principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni, in attuazione dell’art. 1, comma 4, della legge 25 giugno 1999, n. 208), in forza del quale è stato poi emanato l’art. 58 della legge della Regione Calabria 4 febbraio 2002, n. 8 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione Calabria). Invero, soggiunge la difesa regionale, la disposizione denunciata non sarebbe lesiva delle prerogative provinciali, ma introdurrebbe "due semplici "misure precauzionali", adottate nell’ambito della competenza regionale in materia di controllo", che non sarebbero "né gravose né eccessive rispetto alla finalità sottesa, e cioè il corretto impiego delle somme destinate alla Provincia stessa". 4.- Con memoria depositata in prossimità dell’udienza del 15 dicembre 2009, la Provincia di Reggio Calabria insiste per l’incostituzionalità dell’art. 26 della legge della Regione Calabria n. 9 del 2007, nonché dell’art. 8 della legge della Regione Calabria n. 40 del 2008, il quale, pur abrogando i commi 1, 2, 3, 4 e 5 dell’art. 26 citato, ne ha riprodotto, nella sostanza, le prescrizioni normative, giacché ha soltanto escluso dal rendiconto le spese del personale e di funzionamento, modificandone le modalità temporali di presentazione (annualmente e non più trimestralmente) e lasciando in vita la sanzione della sospensione del trasferimento delle risorse in caso di sua omessa presentazione. La difesa provinciale rileva, anzitutto, che anche "la nuova disposizione non esplicita la (asserita) finalità in relazione alla quale l’obbligo di comunicazione del monitoraggio e della rendicontazione viene disposto", in tal modo facendo supporre – soprattutto là dove il comma 3 dell’art. 8 prevede il "trasferimento in acconto", suscettibile di revoca e conseguente "recupero" in caso di "somme non rendicontate correttamente" – che la Regione abbia inteso predisporre "un surrettizio sistema di controlli di gestione sull’operato delle Province, riservandosi un potere di approvazione a posteriori delle spese effettuate". Nella memoria si sostiene, inoltre, che la disposta esclusione dall’obbligo di rendicontazione delle spese per il personale trasferito e per il funzionamento non è "accompagnata dalla simmetrica disposizione per cui anche i relativi trasferimenti sono fatti salvi" nel caso di mancata presentazione del rendiconto. Peraltro, anche se la Regione ha interpretato la norma "nel senso di provvedere all’automatico trasferimento delle risorse" relative alle anzidette spese, la sua applicazione "è rimessa alla sola (buona) volontà della Regione" stessa e, comunque, la restrizione dell’obbligo di rendicontazione non elide la "notevole compressione delle prerogative della Provincia". Anche l’attuazione del controllo sulla rendicontazione – si soggiunge nella memoria – risulta lesivo dell’autonomia costituzionale riservata alla Provincia, giacché la "non meglio specificata "rendicontazione" sulle spese effettuate dalla Provincia nell’assolvimento delle sue funzioni amministrative" rinvia, in sostanza, "a provvedimenti amministrativi regionali (e, quindi, a fonti regolamentari e non normative in senso proprio) la concreta disciplina del procedimento di rendicontazione". 5.- Con ulteriore memoria depositata in prossimità dell’udienza del 9 febbraio 2010, fissata a seguito di rinvio della precedente udienza del 15 dicembre 2009, la Provincia di Reggio Calabria, nel ribadire le conclusioni rassegnate in precedenza, argomenta a confutazione delle ragioni esposte dalla Regione a sostegno della legittimità della normativa censurata. Nella memoria si osserva, anzitutto, che gli artt. 7, comma 2, del d.lgs. n. 112 del 1998 e 47 della legge della Regione Calabria 19 ottobre 2004, n. 25 (Statuto della Regione Calabria) non contengono disposizioni che consentano di ritenere costituzionalmente legittimo "il sistema di controllo (e di sanzione) introdotto dalla Regione" e, anzi, "stabiliscono, da un lato, il principio del necessario trasferimento delle risorse da parte delle Regioni agli Enti locali in caso di delega delle funzioni; dall’altro, escludono che la rendicontazione possa costituire condizione per l’erogazione delle risorse ovvero per la loro sospensione". Quanto, poi, alle prescrizioni contenute negli artt. 12 del d.lgs. 28 marzo 2000, n. 76, e 58 della legge della Regione Calabria, 4 febbraio 2002, n. 8, esse sarebbero coerenti con l’attuale "cornice costituzionale costituita dal combinato disposto degli artt. 114, 118 e 119 della Costituzione". Infatti, il "punto di equilibrio posto dal legislatore nazionale (e recepito nella 1egge della Regione Calabria n. 8 del 2002)" consisterebbe nell’attribuzione alla Regione di un potere di controllo "che si concretizza nell’obbligo di trasmissione da parte delle Province della rendicontazione riguardante l’impiego delle risorse trasferite" e tale funzione sarebbe "efficacemente eseguita attraverso l’introduzione di appositi capitoli di bilancio e la successiva trasmissione del rendiconto alla Regione". Ad avviso della difesa provinciale, un siffatto controllo andrebbe qualificato come "controllo di gestione esterno", che si concentrerebbe, dunque, "sull’economicità e l’efficienza dell’attività rispetto ai risultati raggiunti", ma esso, in nessun caso, consentirebbe al soggetto investito della relativa funzione di "incidere nella attività amministrativa ordinaria del soggetto controllato per effetto della sospensione dei trasferimenti, nonché della facoltà di agire per l’eventuale "recupero" degli stessi, laddove la rendicontazione non fosse ritenuta corretta". Diversamente – si argomenta ancora nella memoria – il sistema introdotto con il denunciato art. 26 della legge regionale n. 9 del 2007, e successive modificazioni, risulterebbe incoerente con il descritto quadro normativo, dal quale si evincerebbe, anzitutto, che nessuna disposizione di legge, statale o regionale, prevede "che il trasferimento delle risorse finanziarie per l’esercizio delle funzioni delegate possa essere assoggettato a condizioni (come, nel caso che qui interessa, la presentazione del rendiconto)". Inoltre, le disposizioni censurate non attuerebbero un controllo di gestione esterno, ma forme di intervento più incisive e, pertanto, lesive dell’autonomia costituzionale attribuita agli enti locali, non potendo qualificarsi "la sospensione dei trasferimenti – in caso di mancata rendicontazione – oppure il loro recupero – laddove la rendicontazione risulti errata – alla stregua di mere misure "precauzionali" […] né gravose, né eccessive rispetto alla finalità sottesa, e cioè il corretto impiego delle somme destinate dalla Regione alla Provincia stessa". La Provincia di Reggio Calabria, ritenuta la correttezza del richiamo fatto dal giudice rimettente alla sentenza n. 16 del 2004, di questa Corte, sulla incostituzionalità di un intervento destinato ad incidere sulla autonomia di spesa di un Ente locale "per normali attività e compiti di competenza di questi ultimi", ribadisce, inoltre, che il procedimento di controllo previsto dalle norme denunciate "appare piuttosto introdurre un meccanismo di tipo sanzionatorio che non spetta certo alle Regioni, secondo l’attuale riparto delle competenze costituzionali, essendo invece attribuito alla Corte di Conti", risultando di per sé sufficiente, ed idoneo allo scopo di garantire il corretto impiego delle risorse finanziarie trasferite, il sistema di controlli già previsto dalla legge regionale n. 8 del 2002. Considerato in diritto 1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, ha denunciato l’art. 26 della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2007, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002)", "come modificato" dall’art. 8 della legge della Regione Calabria 12 dicembre 2008, n. 40 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8). Nella prospettazione del rimettente, la norma censurata – la quale contemplerebbe un obbligo di rendiconto annuale da parte delle Province in riferimento alle risorse ad esse trasferite per l’esercizio delle funzioni amministrative loro conferite ai sensi della legge regionale 12 agosto 2002, n. 34 (Riordino delle funzioni amministrative regionali e locali) e della legge regionale 11 gennaio 2006, n. 1, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2006, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002)"; obbligo che, nel caso di mancato rispetto, comporta la sanzione della sospensione delle erogazioni in favore dei medesimi enti – si porrebbe in contrasto con gli artt. 114, 118 e 119 della Costituzione, "in quanto prevede modalità di erogazione dei finanziamenti relativi alle funzioni conferite alle Province con legge regionale n. 34/2002 non compatibili con l’autonomia di queste ultime, costituzionalmente riconosciuta e tutelata". 2.- Preliminarmente, la questione deve ritenersi ammissibile sotto il profilo della sua proposizione all’esito della fase cautelare del giudizio a quo, avendo il T.a.r. emesso soltanto un provvedimento interinale e non essendosi, quindi, spogliato del potere di decidere definitivamente in detta sede (ex plurimis, sentenze n. 151 del 2009 e n. 161 del 2008). 3.- Sempre in via preliminare, occorre precisare quale sia effettivamente l’oggetto della questione sollevata dal rimettente, posto che, come reso palese dal dispositivo dell’ordinanza di rimessione, é impugnato l’art. 26 della legge regionale n. 9 del 2007, "come modificato" dall’art. 8 della legge regionale n. 40 del 2008, e, dunque, l’attuale norma recata dal citato art. 26, che consta di un solo comma, con il quale si trasferiscono le risorse alle Province, secondo una disciplina non incisa dalle censure di incostituzionalità. Appare, però, del tutto evidente l’intenzione del rimettente, posta in luce dalla motivazione dello stesso atto di promovimento di censurare la disciplina più recente, recata dal citato art. 8, la quale si incentra sull’obbligo di rendicontazione delle spese e della sospensione delle erogazioni in caso di mancata presentazione del rendiconto; regolamentazione mutuata, con tutta evidenza, dal citato art. 26. Sicché, lo scrutinio deve riguardare l’art. 8 della legge della Regione Calabria 12 dicembre 2008, n. 40, modificativo dell’art. 26 della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, nella parte in cui prevede un obbligo di rendiconto annuale, entro il 15 marzo dell’anno successivo al trasferimento delle risorse (che avviene in due rate semestrali), da parte delle Province; nel caso di mancato rispetto ciò comporta la sanzione della sospensione delle erogazioni in favore dei medesimi enti e, segnatamente, della corresponsione della prima rata semestrale dell’anno successivo. 4.- La questione non è fondata. Si premette che le funzioni amministrative alle quali si riferisce la norma denunciata, che riguardano taluni specifici settori (segnatamente: sviluppo economico e attività produttive; territorio, ambiente e infrastrutture; servizi alla persona e alla comunità; polizia amministrativa regionale e locale), sono funzioni "conferite" agli enti locali in dichiarata "attuazione del principio di sussidiarietà e degli altri princìpi indicati nell’articolo 118 della Costituzione, nell’articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59 e negli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" (art. 1 della legge della Regione Calabria n. 34 del 2002; legge sulla quale è successivamente intervenuta la legge della stessa Regione n. 1 del 2006). La Regione ha mantenuto, in base all’art. 3 della citata legge regionale n. 34 del 2002, le funzioni di programmazione, di indirizzo, di coordinamento e di controllo e, nell’ambito di queste ultime, secondo quanto prescrive il successivo art. 5, essa "esercita il controllo delle funzioni e dei compiti conferiti agli Enti locali". D’altro canto l’art. 16 della stessa legge regionale del 2002 prevede l’obbligo di trasferimento agli enti locali delle risorse finanziarie, umane, organizzative e strumentali necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti ad essi conferiti. In particolare, secondo la disposizione da ultimo richiamata, la "Regione trasferisce annualmente agli Enti locali le risorse finanziarie per il finanziamento delle funzioni conferite, secondo criteri di programmazione che tengano conto delle esigenze di perequazione, della capacità di autofinanziamento dell’ente beneficiario, del fabbisogno di spesa, della predisposizione di strumenti di razionalizzazione delle strutture organizzative e dell’attività gestionale, nonché della promozione dell’esercizio associato di competenze e di sviluppo della relativa progettualità". In siffatto contesto, gli artt. 19 e 20 della medesima legge regionale in esame stabiliscono, rispettivamente, un reciproco obbligo di informazione tra Regione ed enti locali su dati statistici e ogni altro elemento utile allo svolgimento delle funzioni di rispettiva competenza, nonché l’istituzione di un osservatorio sulla riforma amministrativa, con l’ulteriore previsione di un rapporto annuale della Giunta regionale "sullo stato delle autonomie e una relazione sull’andamento del conferimento delle funzioni e sui suoi riflessi in materia di impiego pubblico, con particolare riferimento alle risorse finanziarie impiegate ed agli esiti della contrattazione in sede decentrata". Non può, peraltro, sottacersi che già la legge della Regione Calabria 4 febbraio 2002, n. 8 (Ordinamento del bilancio e della contabilità della Regione Calabria), al comma 3 dell’art. 58 – relativamente alle "Entrate e spese degli enti locali per funzioni delegate" – prevedeva: "Al fine di consentire adeguate forme di controllo economico e finanziario sulle attività delegate agli enti locali, la Giunta regionale emana apposite direttive per la predisposizione e presentazione del rendiconto e della relazione di cui al precedente comma 2". Inoltre, l’art. 65 della medesima legge regionale n. 8 del 2002 rinvia, per "quant’altro attinente la materia della contabilità regionale, non espressamente disciplinato dalla presente legge", alle norme contenute nel decreto legislativo 28 marzo 2000, n. 76 (Princìpi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle regioni, in attuazione dell’articolo 1, comma 4, della L. 25 giugno 1999, n. 208) e, in quanto applicabili, alle norme di contabilità generale dello Stato. E’, dunque, evidente il rinvio all’art. 12 del citato d.lgs. n. 76 del 2000 che, al comma 3 dispone appunto: "La legge regionale detta norme per assicurare, in relazione alle funzioni delegate dalle regioni agli enti locali, la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi a tale fine assegnati dalle regioni agli enti locali". Deve, altresì, essere posto in rilievo che la legge della Regione Calabria 19 ottobre 2004, n. 25 (Statuto della Regione Calabria) impone – nel Titolo VI, relativo ai "Rapporti con gli Enti Locali " – alla Regione (art. 46) di adeguare i princìpi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento (comma 1), tra l’altro informando "la propria attività ai princìpi dell’autonomia, della sussidiarietà, della solidarietà, della adeguatezza, della responsabilità e della differenziazione delle funzioni, in relazione alle caratteristiche dei soggetti istituzionali" (comma 2, lettera a). A sua volta il successivo art. 47 – concernente il "Finanziamento delle funzioni conferite e delegate" – al comma 1 stabilisce: "La Regione trasferisce annualmente agli enti locali una quota delle sue entrate ordinarie, al netto di quelle gravate da vincoli esterni di destinazione, per il finanziamento delle funzioni conferite, secondo criteri che tengano conto delle esigenze di perequazione, del fabbisogno di spesa, della predisposizione di strumenti di razionalizzazione delle strutture organizzative e dell’attività gestionale, nonché della promozione dell’esercizio associato di funzioni". 5.- In questo quadro, va anzitutto osservato che, proprio in ragione del conferimento delle funzioni amministrative alle Province in attuazione dell’art. 118 Cost., le leggi regionali, innanzi richiamate, di conferimento delle funzioni alle Province prevedono poteri di coordinamento e controllo da parte della Regione. Ciò premesso, l’autonomia delle Province non è incisa neppure dal fatto che, sulle funzioni conferite, la Regione possa in ogni caso operare opportunamente un intervento di rimodulazione, sia nell’ipotesi, ovviamente, di materie residuali, sia nell’ipotesi di materie concorrenti, attraverso lo sviluppo dei principi stabiliti dalla legge statale. In questo senso l’intervento regionale disposto dalla norma denunciata nei confronti degli enti locali deve infatti essere letto come svolgimento dei principi statali in materia di coordinamento della finanza pubblica – materia di competenza legislativa concorrente ai sensi del terzo comma dell’art. 117 Cost. (da ultimo, sentenze n. 40 del 2010, n. 284 del 2009 e 237 del 2009, che ribadiscono come il contenimento della spesa pubblica risponda ad esigenze di coordinamento finanziario) – e deve essere considerato strumentale al rispetto del patto di stabilità interna, in forza dei vincoli imposti dall’appartenenza all’Unione europea. Sempre in siffatta ottica, assume rilievo il principio, di cui al d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), richiamato dalla stessa legge regionale n. 34 del 2002, del rendiconto alle Regioni da parte degli enti locali. Tale obbligo di rendiconto, peraltro, viene in rilievo non già come un tipo di controllo gestionale, da parte della Regione, ma di tipo informativo sulle risorse trasferite per l’esercizio delle funzioni conferite. Di qui, l’insussistenza di ogni interferenza di questo tipo di controllo con le scelte di merito delle Province. La prospettiva dello svolgimento da parte della Regione di princìpi di coordinamento della finanza pubblica dettati dalla legislazione statale trova, peraltro, conforto negli artt. 12 del d.lgs. n. 76 del 2000 e 58 della legge regionale n. 8 del 2002, in precedenza evidenziati. La richiesta rendicontazione alle Province calabresi opera, dunque, in un quadro di competenze fissato non solo dalle leggi regionali (segnatamente, leggi n. 34 del 2002 e n. 1 del 2006, che confermano in capo alla Regione poteri di coordinamento-controllo in relazione al disposto ed attuato conferimento di funzioni), ma anche dalla legge statale. 6.- Nel descritto contesto, deve, in ogni caso, precisarsi che l’intervento legislativo denunciato non vulnera l’autonomia finanziaria della Provincia in materia di spesa, giacché, come detto, non tocca le scelte di merito su tale profilo – che rimangono intatte, ovviamente in coerenza con le funzioni da esercitare – ma richiede soltanto un flusso informativo sull’avvenuto esercizio del potere di spesa, peraltro escludendovi le voci – di per sé rilevanti – delle spese per il personale trasferito e di funzionamento. Nella specie, rimane ferma la discrezionalità della provincia nella scelta di destinazione delle risorse finanziarie rispetto all’esercizio della funzione amministrativa conferitale e tale discrezionalità non viene neppure incisa dalla prevista sospensione delle erogazioni in assenza della presentazione del rendiconto, poiché questa cautela si lega soltanto al dato oggettivo dell’omissione, senza toccare, appunto, il merito delle scelte allocative delle risorse medesime. Sicché, non risulta pertinente il richiamo, da parte del rimettente, alla sentenza n. 16 del 2004, di questa Corte, ove si rileva il contrasto con l’art. 119 Cost. di norma sui vincoli di destinazione alle spesa anche degli enti infraregionali. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 8 della legge della Regione Calabria 12 dicembre 2008, n. 40 (Ulteriori disposizioni di carattere ordinamentale e finanziario collegate alla manovra di assestamento del bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2008 ai sensi dell’art. 3, comma 4 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8), modificativo dell’art. 26 della legge della Regione Calabria 11 maggio 2007, n. 9, recante "Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario (collegato alla manovra di finanza regionale per l’anno 2007, art. 3, comma 4, della legge regionale n. 8/2002)", sollevata, in riferimento agli artt. 114, 118 e 119 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Calabria – Sezione staccata di Reggio Calabria, con l’ordinanza in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 2010. F.to: Francesco AMIRANTE, Presidente Paolo MADDALENA, Redattore Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2010. Il Direttore della Cancelleria F.to: DI PAOLA
Il sindacato: "Oltre un milione e cinquecentomila lavoratori in cassa integrazione" Confindustria chiede riforme Cgil: "disoccupazione reale all'11,5" Gli industriali spingono sul governo per interventi su burocrazia, fisco, infrastrutture ed energia Il sindacato: "Oltre un milione e cinquecentomila lavoratori in cassa integrazione" Confindustria chiede riforme Cgil: "disoccupazione reale all'11,5" Gli industriali spingono sul governo per interventi su burocrazia, fisco, infrastrutture ed energia PARMA - L'Italia "deve tornare a crescere" e per questo bisogna attuare le riforme di cui il Paese ha bisogno: dalle liberalizzazioni per una maggiore concorrenza, al merito fino alla legalità. Gli industriali, riuniti a Parma per il convegno biennale del Centro Studi Confindustria "Libertà e benessere: l'Italia del futuro", tornano a chiedere con forza al governo di attuare le riforme. "Le priorità - ha affermato Luca Paolazzi, direttore del Csc, aprendo il convegno di Parma - vanno alla riduzione della burocrazia, all'alleggerimento del carico fiscale, alle infrastrutture, al mercato del lavoro, all'energia meno cara". Paolazzi, ha ricordato che attuando tutte le riforme secondo uno studio del Csc il Pil in vent'anni aumenterebbe di circa il 30%: +13% con le riforme che riguardano il capitale umano; +4% con meno burocrazia, +11% con le liberalizzazioni. Per tornare a crescere, ha ribadito Paolazzi, "occorrono riforme. Gli italiani chiedono cambiamenti ispirati al mercato, al merito e alla legalità". Nel dettaglio Paolazzi ha spiegato che riguardo al mercato gli italiani "sono favorevoli all'aumento della concorrenza, alla quale continuano ad attribuire valori molto positivi". Riguardo al merito "il 70% è d'accordo che le persone più competenti ottengano riconoscimenti economici superiori". Inoltre sulla legalità "l'88,8% non giustifica l'evasione fiscale come male necessario o perfino giustificato e pensano che l'illegalità non paghi". Le imprese, ha assicurato Paolazzi, affronteranno le sfide adottando strategie incentrate su qualità, innovazione, ricerca di nuovi mercati e alleanze ma "la loro azione non può bastare se non vengono migliorate le condizioni di contesto". LA CGIL: DISOCCUPAZIONE REALE SOPRA L'11,5% - Mentre la Confindustria spinge sulle riforme, il principale sindacato italiano rilancia un nuovo allarme disoccupazione sottolinenando un tasso di disoccupazione reale che supera l'11,5%. Oltre un milione e cinquecentomila lavoratori in cassa integrazione tra ordinaria e straordinaria, nel periodo gennaio-marzo 2010, "considerando un livello medio di ricorso alla cig, ovvero il 50% del tempo lavorabile globale"; se invece si considerano "i lavoratori equivalenti a zero ore per tutto il periodo 2010 si determina un'assenza completa dall'attività produttiva per 629.619 lavoratori". Sono i dati calcolati dall'Osservatorio cig del Dipartimento settori produttivi della Cgil nazionale sulla base degli ultimi dati diffusi dall'Inps che hanno evidenziato la crescita a marzo delle richieste di cassa integrazione del 106,8% rispetto a marzo 2009, pari a quasi 122,6 milioni di ore (122.599.702 ore). Mentre, sottolinea la Cgil, da gennaio a marzo di quest'anno la cassa integrazione ha raggiunto 302.217.009 ore con un aumento sul 2009 del 133,88%. (Redazione online) 09 aprile 2010
9 Apr 2010 Il Decreto Incentivi è cumulabile con altre agevolazioni Pubblicato da Mario Delfino alle 10:00 in Leggi e decreti, Risparmio Energetico Edifici%20ad%20alta%20efficienza.jpg Ad esempio, le detrazioni del 55%. Mi riferisco al Decreto Legge 25 marzo 2010, n. 40 Disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro,nella forma dei cosiddetti "caroselli" e "cartiere", di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori, il cosidetto Decreto Incentivi. L'erogazione dei contributi previsti dal Decreto Legge avverrà a partire dal prossimo 15 aprile, secondo le modalità definite nel decreto attuativo, il DM 26 marzo 2010 Modalità di erogazione delle risorse del Fondo previsto dall'articolo 4 del decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, per il sostegno della domanda finalizzata ad obiettivi di efficienza energetica, ecocompatibilità e di miglioramento della sicurezza sul lavoro. In particolare, l'art. 3 di tale decreto dispone che ai fini dell'ottenimento del contributo (fino a 7.000 euro per immobili di Classe A e fino a 5.000 euro per immobili di Classe B) per l'acquisto di immobili di nuova costruzione, come prima abitazione della famiglia, il preliminare di compravendita deve essere stipulato in data successiva, ovviamente, alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale e che l'acquirente deve essere in possesso dell'attestato di certificazione energetica. Quanto alla cumulabilità delle misure agevolative previste dal Decreto Incentivi con le agevolazioni esistenti, vi riporto l'art. 2, comma 5 del decreto: I contributi previsti dal presente decreto non sono cumulabili con altri benefici previsti sul medesimo bene dalle vigenti disposizioni, fatta eccezione per le agevolazioni di cui al comma 1, lettera s). Cioè, le agevolazioni per l'acquisto di immobili ad alta efficienza energetica, per l'appunto.
Le dieci cose da sapere sulle lampadine a risparmio energetico di Paola Guidi 3 settembre 2009 Costano, in media, 10 volte di più, durano da 8 a 10 volte di più e consumano molto molto meno. Parliamo, ovviamente, delle "nuove" lampadine, visto che dal primo settembre, per volere dell'Unione Europea, non possono più essere prodotte le vecchie lampadine elettriche a incandescenza. Di seguito, le dieci cose da sapere sulla nuova illuminazione.
1) 2016 addio vecchia lampadina Da qui sino al 2016 le lampadine ad incandescenza e anche quelle alogene ad alto consumo dovranno scomparire del tutto, dai negozi e, in teoria, dalle case. Per alcune incandescenti il divieto di venderle è dilazionato sino al 2012 ma in ogni caso le sole lampadine da usare sono quelle fluorescenti a risparmio energetico e le alogene ad alta efficienza, già pronte sugli scaffali dei negozi da diverso tempo e quelle a Led (ancora sperimentali). 2) Grande, grandissimo risparmio Quello sulla bolletta domestica è intorno ai 20 euro l'anno, mentre i risparmi "collettivi" europei in termini di minori emissioni di Co2 dovrebbero aggirarsi intorno ai 10 miliardi euro con un taglio della CO2 di ben 38 milioni di tonnellate non più immesse nell'atmosfera. Il passaggio alle sorgenti luminose ad alto risparmio energetico presenta però qualche piccolo inconveniente da conoscere ed eventualmente da rimediare. 3) Le nuove lampadine danno meno luce Si, è vero, la luce delle lampadine fluorescenti di qualsiasi tipo non è la stessa intensa e morbida delle incandescenti, ma più fredda e poco adatta per esempio agli effetti "architetturali". Basterà usare le alogene ad alta efficienza per avere splendidi risultati. 4) E meno calore Si, perché solo il 5% dell'elettricità consumata dalle lampadine a incandescenza diventa luce, il resto si trasforma in calore. Tanto che d'inverno ne bastano 3-4 per alzare la temperatura mentre d'estate causano un piccolo aumento nei consnumi dei condizionatori….In Francia e in Germania invece è già stato messo in bilancio un piccolo aumento dei consumi invernali nel momento in cui tutte le lampadine a incandescenza saranno sostituite con quelle nuove. 5) Contengono mercurio Si, a differenza delle incandescenti e vanno smaltite con sistemi appositi (niente discariche, niente piattaforme ecologiche comunali). Quando una lampadina fluorescente si spacca il mercurio altamente volatile si diffonde immediatamente nell'ambiente e di conseguenza gli esperti raccomandano di ventilare il locale per circa 30 minuti. E di non toccare con le mani nude i frammenti. E' possibile acquistare lampadine fluorescenti con appositi "rivestimenti" antirottura. 6) E le radiazioni elettromagnetiche? Sempre meno ma comunque gli esperti consigliano di tenere la fluorescente lontana dalla testa o di sostituirla con l'alogena a risparmio energetico. 7) Non per tutti gli usi Dove occorre dare una luce direzionale, indirizzata su punti e superfici delimitate, dove occorre un'intensità luminosa elevata, le fluorescenti non sono l'ideale. In cucina sul piano di lavoro e di cottura per esempio occorre un'alogena atta a illuminare i dettagli e gli angoli meno in vista per evitare gli incidenti. In bagno, per operazioni che richiedono precisione e attenzione come la rasatura o il trucco, o per avere una illuminazione gradevole, niente lampadine fluorescenti, nemmeno quelle a luce cosiddetta "calda". 8) Dove vanno bene? In tutti gli altri ambienti e in particolare nei corridoi, nelle scale, in cantina, in garage…perché possono funzionare continuativamente con minimi consumi; anzi, meno accensioni e spegnimenti hanno più durano e meno consumano. E anche all'esterno ma solo se non sono a rischio rottura ose hanno una schermatura protettiva. 9) Cosa usare dove non arriva l'elettricità? Si possono applicare apposite strisce elettroluminescenti. Esistono pannelli di questo tipo, sottili, incollabili su pareti, mobili, scale e ovunque sia necessario: diventano vere e proprie sculture luminose. 10) Il futuro è il led Non subito perché i Led costano ancora molto e non sono adatti per illuminare intensamente un ambiente, una superficie, uno spazio nel senso vero del termine. Nel giro di pochissimi anni però arriverà una versione a Led molto forte e soprattutto davvero "ecologica": niente mercurio, niente radiazioni elettromagnetiche, consumi infinitesimali ed effetti architetturali straordinari. Lampadina a incandescenza Prezzo: 1 euro Durata: 1.000-2.000 ore Costo d'uso anno: 100 euro Lampadine fluorescenti e alogene a risparmio energetico Prezzo: 8-16 euro Durata: 8.000-10.000 ore Costo d'uso anno: 18-22 euro 3 settembre 2009
Un anno di fondi all'ecobusiness di Micaela Cappellini 6 aprile 2010 Fra contributi delle istituzioni internazionali e fondi dei privati, la cifra in campo supera i 40 miliardi. Interamente destinati alle politiche e alle tecnologie per la difesa dell'ambiente nei paesi emergenti. È il bilancio con cui hanno appena festeggiato il loro primo anno di vita i Cif (Climate investment funds): i due fondi per gli investimenti green istituiti dalle cinque principali banche per lo sviluppo - africana, asiatica, interamericana, Bers e Banca mondiale – che possono contare sulle donazioni di 13 paesi industrializzati, tra cui manca l'Italia. Dei Cif poco si parla, ma nel primo anno di vita il board che li gestisce ha avviato nove progetti, per un totale di 3,2 miliardi di dollari in fondi diretti, più altri 27 in contributi dei privati coinvolti. In via di attivazione ce ne sono altri sei, per i quali il budget è già stato fissato: in Cile, in Colombia, in Indonesia, in Kazakhstan, in Nigeria e in Ucraina. La formula è quella tipica delle banche per lo sviluppo: per aggiudicarsi i fondi, serve una partnership fra pubblico e privato. Ma soprattutto, serve un progetto che dimostri di ridurre il tasso di inquinamento e che, pur piccolo alla nascita, si presti a un'implementazione su larga scala. I Cif sono due, uno per il finanziamento delle tecnologie a basso impatto ambientale, e l'altro per la protezione delle aree verdi, ma quasi tutti i fondi finora concessi sono andati sotto il primo cappello. Per i paesi emergenti - si entro il 2030 saranno responsabili del 30% delle emissioni di gas serra – questi fondi sono un'occasione di sviluppo sostenibile. Per le aziende, vista la formula pubblico-privato, sono un'opportunità di business che si apre nei mercati di domani. I settori coinvolti dai finanziamenti dei Cif sono la produzione e la distribuzione di energia, i trasporti, l'efficienza energetica degli edifici, delle fabbriche e delle coltivazioni. Ad oggi, il progetto più costoso approvato dal board è quello del Messico, che supera nel complesso i sei miliardi di dollari. Il quadro d'insieme è quello fissato dal piano 2007-2012 del presidente Felipe Calderón: ridurre del 10% all'anno il consumo di elettricità, e del 20% all'anno i gas di scarico inquinanti. I fondi Cif serviranno alla creazione di una rete di bus e di treni ad alta efficienza per decongestionare il traffico delle città, ma anche ad aprire presso le banche locali una linea di credito per chi investe nello sfruttamento dell'energia rinnovabile. Nelle Filippine, oltre al potenziamento dei trasporti pubblici urbani nelle città di Cebu e Manila, i fondi Cif sostengono l'industria del fotovoltaico e dell'eolico, che sorprendentemente ha già raggiunto un discreto livello di sviluppo nel paese. Qui le rinnovabili rappresentano infatti il 43% dell'energia utilizzata, e il governo si è dato l'obiettivo di diventare nei prossimi anni il primo produttore al mondo da fonti geotermiche, il primo del Sudest asiatico per l'eolico e il più importante hub di tutta l'area Asean per la produzione di celle fotovoltaiche. In Sudafrica, i fondi verdi si concentrano su tre obiettivi: il passaggio di mezzo milione di abitazioni, entro cinque anni, al riscaldamento dell'acqua con i pannelli solari, più la realizzazione di un impianto solare termodinamico da 100 Megawatt e di un altro eolico della stessa capacità, entrambi appannaggio della Eskom, la public utility per l'elettricità del paese. In Turchia - la prima a ricevere l'ok dal board dei Cif – il supporto finanziario si declina sotto forma di linee di credito erogate dalle principali banche locali ai privati che si cimentano nelle tecnologie per lo sviluppo e la distribuzione delle energie rinnovabili. Fondi totali a disposizione: oltre due miliardi di dollari. I Climate investment funds hanno anche attivato un progetto transnazionale, che va dal Nordafrica al Medio Oriente e coinvolge Algeria, Egitto, Giordania, Marocco e Tunisia. Cinque paesi insieme per sviluppare la tecnologia del solare termodinamico a concentrazione: dodici impianti da realizzare entro cinque anni. Il sogno di Rubbia. micaela.cappellini@ilsole24ore.com 6 aprile 2010
Enel entra in Desertec, il maxi progetto per il sole del Sahara di Luca Salvioli commenti - 5 | Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci 22 marzo 2010 Enel entra in Desertec Enel Green Power entra in Desertec, il progetto per la promozione delle energie rinnovabili nelle aree desertiche di Africa settentrionale e Medioriente e la trasmissione - con cavi sottomarini in corrente continua - in Europa. La joint venture Desertec industrial initiative è nata nel 2009 "per aprire la strada allo sviluppo di un quadro di riferimento per gli investimenti per la fornitura di energia prodotta usando fonti solari ed eoliche al Mena (Medio Oriente e Nord Africa) e all'Europa - spiega la joint venture in una nota - l'obiettivo è fornire il 15% del fabbisogno di energia elettrica dell'Europa e una porzione significativa di energia ai Paesi produttori entro il 2050, con investimenti stimati per 400 miliardi di euro". Fanno parte del consorzio, dalle prime battute, grossi nomi come Siemens, Deutsche Bank, Rwe, Abb, Abengoa Solar, Cevital, Hsh Nordbank, Man Solar Millennium, Munich Re, M+W Zander, Rwe e Schott solar. Ora, per l'Italia, c'è la controllata di Enel dedicata alle energie rinnovabili. "Siamo entrati come soci fondatori" spiega al Sole24ore.com Francesco Starace, a capo di Enel Green Power. Ingegner Starace, dell'eventualità di sfuttare il sole del Sahara per l'elettricità d'Europa si parla da molti anni. Ci sono gli entusiasti e gli scettici. Quali sono le concrete possibilità? Noi crediamo in Desertec, ma con una filosofia di base diversa da quella che è stata raccontata finora. Faremo gli impianti nel deserto, ma non per l'Europa. Non solo e non subito. Il primo passo è farli per i Paesi che li ospitano. Vanno innanzitutto soddisfatti i bisogni locali. E l'Europa? E' la seconda fase. Si potranno realizzare delle interconnessioni. L'Italia, per la sua posizione sul Mediterraneo, può giocare un ruolo importante. Quali sono i collegamenti possibili? Un primo cavo di collegamento tra la Tunisia e l'Italia è già allo studio di Terna e delle autorità energetiche tunisine. C'è già un cavo tra Spagna e Algeria, un altro in preparazione tra Egitto e Creta. Saranno flussi in due sensi. Le interconnessioni - questo in generale - non saranno solo in una sola direzione. Più che per esportare, serviranno per gestire meglio i carichi, per stabilizzare la rete. Ci faccia un esempio. Il blackout italiano del 2003 non è stato causato da un eccesso di domanda, anzi, è avvenuto di notte. Il problema è stata la gestione di un collegamento di rete con la Svizzera. Le previsioni di carichi sono sempre più difficili. Per il momento il nostro Paese, sul fronte delle rinnovabili, ha potuto dire qualcosa sulla microgenerazione e la generazione distribuita. L'ingresso di Enel in Desertec apre anche ai grandi progetti? Spalanca un orizzonte di dimensioni più ampie. Enel potrà dire molto sulle smart grid, partendo da una base, unica al mondo, di 35 milioni di contatori elettrici intelligenti già installati nelle case italiane. Metteremo a disposizione dei partner anche l'expertise nel geotermico, la nostra capacità nel settore eolico e l'impegno nello sviluppo di nuove tecnologie sia nel fotovoltaico, sia nel solare termodinamico, in particolare con Archimede, la prima centrale al mondo che integra totalmente un ciclo combinato a gas e un impianto solare termodinamico a sali fusi per la produzione di energia elettrica. Quanto investirete nel progetto? Il lavoro del primo anno ci servirà per capire quale potrà essere concretamente il nostro contributo e quindi l'investimento. Secondo le previsioni di Bruxelles, che si basano sui piani presentati dai governi nazionali, l'Italia raggiungerà il 17% di rinnovabili sui consumi finali di energia solo con le importazioni. Come considera la stima? Mi sembra realistica. Le previsioni sulle rinnovabili, però, negli ultimi anni sono sempre state sbagliate per difetto. Non è facile monitorare la miriade di piccoli impianti. Potrebbero esserci sorprese. Qual è il fiore all'occhiello italiano? Ci stiamo distinguendo sul solare: fotovoltaico e termodinamico. L'industria è in attesa del nuovo Conto energia, come giudica la bozza? Prevede un taglio molto pesante, ma sostenibile. La condizione peggiore, però, sarebbe l'incertezza. Le elezioni regionali hanno rallentato i tempi per i nuovi incentivi. In questo momento l'incertezza c'è. Confidiamo nel nuovo Conto energia dopo le regionali. Il progetto Desertec Il fotovoltaico dimenticato spinge all'estero le imprese Per i pannelli solari in casa procedure più semplici Nasce in Asia la città ideale Obiettivo rete intelligente Rinnovabili da iPhone 22 marzo 2010
Il fotovoltaico dimenticato spinge all'estero le imprese di Laura La Posta 21 marzo 2010 Il fotovoltaico dimenticato spinge all'estero le imprese (Olycom) La crisi non ha fermato il boom del fotovoltaico in Italia, le elezioni sì. Peccato, perché la domanda di green business cresce, soprattutto nelle città, come riportato dal Rapporto Sviluppo sostenibile in edicola nel Sole 24 lunedi' 22 marzo. Ma che sta succedendo all'energia solare italiana? Spinti dagli incentivi statali del Conto energia, gli investimenti privati si sono moltiplicati nel periodo peggiore della crisi, arrivando a creare un'industria da 2,5 miliardi di euro di fatturato, 23mila addetti e oltre un gigaWatt di potenza installata (+37% sul 2008). Lo stallo politico creatosi per le imminenti elezioni regionali, invece, e la successiva classica pausa di assestamento istituzionale, rischiano di fermare gli investimenti. Là dove la crisi non ha colpito, l'inerzia della politica sta per picchiare duro. Perchè le banche non stanno più erogando finanziamenti agli eco-imprenditori, a sostegno dei nuovi investimenti. Tutto è fermo, in attesa del varo del nuovo Conto energia 2011 da parte della Conferenza unificata Stato-Regioni. La riunione è già stata indetta e poi annullata due volte e ormai si dispera che il provvedimento possa terminare l'iter prima delle elezioni. Intanto, rubinetti del credito chiusi, mentre il tempo passa inesorabile e si avvicina luglio, mese per il quale il Gse prevede il raggiungimento della fatidica soglia degli 1.200 Mw installati, che fanno segnare lo stop agli incentivi statali (con una franchigia di 14 mesi per gli investimenti programmati in tempo). Non solo. Il nuovo Conto energia sarà decisamente meno conveniente dei precedenti, a causa del taglio annunciato degli incentivi, che l'industria aveva auspicato non maggiore del 4% e che il governo aveva inizialmente sbandierato del 25%, salvo poi recepire (fin qui) la richiesta di graduare i tagli in base a scaloni di potenza e temporali complessi ma accettabili da parte degli operatori (che beneficiano anche della progressiva discesa del costo dei pannelli solari). Imprenditori e lavoratori del settore sudano freddo. Non è chiaro quanti dei 20mila posti di lavoro siano a rischio, ma di fatto sono congelate le tremila nuove assunzioni previste con un nuovo Conto energia favorevole al settore (fonte Università di Padova). Se a questo si aggiungono le crescenti difficoltà causate dagli infiniti iter burocratici per autorizzazioni e immissione in rete dell'energia prodotta e le mosse scomposte di alcune regioni, ecco che la misura per gli operatori sta diventando davvero colma. Basti pensare alla fuga in avanti della regione Sardegna, che ha appena annunciato la creazione di un'agenzia ad hoc che si occuperà in toto della realizzazione e della gestione delle nuove centrali verdi. Non è bastata la lezione del crollo del dirigismo statale con i pomodori pelati pubblici degli anni 70: ora è in arrivo un dirigismo regionale velleitario che intende commissariare il libero mercato? Le associazioni del fotovoltaico sono insorte, Aper, Assosolare e Gifi-Anie in primis, e la pressione è forte perchè questa misura venga accantonata. Tutti questi nodi rischiano di strangolare nella culla la nascente green industry italiana, ammirata dagli operatori stranieri (nel silenzio generale della maggior parte degli opinion leader e di molti fra i maggiori media). Così, si moltiplicano le voci di imprenditori che minacciano di andar via dall'Italia e di costruire centrali fotovoltaiche all'estero. In una nota, Assosolare fa i primi nomi: Alberto Dalla Rosa, di Amplio Solar, ("il 15 marzo era la data limite del nostro piano industriale, ora consideriamo la riallocazione dei nostri investimenti su altri settori e paesi"); Luca Pantieri, di Fase Engineering ("si stanno mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro"); Achille Gorlani, di Elettropiemme, ("investimenti fermi").
"Abbiamo vari impianti e progetti in Italia - racconta il fondatore di Solar Ventures, Michele Appendino, fra ii maggiori operatori del fotovoltaico e del venture capital tecnologico -. La regione in cui troviamo maggiori difficolta' e' la Sardegna. E' incredibile come I nostri progetti sull'isola siano in sviluppo da piu' di 2 anni: abbiamo ottenuto parere ambientale positivo e poi tutto si e' bloccato. Abbiamo gia' vinto tre ricorsi al TAR e non ci fermiamo certo qui. Non capisco come sia possibile che il governo tolleri situazioni di questo tipo nelle regioni, quando ci sono obiettivi comunitari stringenti di riduzione delle emissioni. Per fortuna, nelle altre regioni in cui operiamo, anche se magari meno assolate, invece si procede. Sicuramente, pero', aumenteremo in futuro la spinta sull'estero". Eppure, basterebbe poco per scrivere un happy end nella favola dell'Italia, cenerentola del fotovoltaico e ora quasi principessa europea. Il nostro paese è al secondo posto nella classifica dell'energia solare prodotta in Europa, alle spalle della Germania. Ha gli incentivi piu' generosi del mondo, che coprono l'80% dei ricavi per 20 anni e che generano un ritorno sull'investimento dal 12 al 20%, a seconda delle condizioni e delle tipologie di installazione. Così, in un nuovo report, il nostro paese è nella top 5 mondiale degli Eldorado dell'investimento solare, avanti a Cina e Stati Uniti. Molti operatori stranieri sono calati in massa in italia (e altrettanti italiani si sono lanciati nell'impresa di cospargere di pannelli solari tetti soprattutto, ma anche terreni), portando il numero degli impianti certificati dal Gestore servizi elettrici (Gse) a quota 70mila circa (tra impianti domestici e centrali). Notevoli, inoltre, i benefici per l'ambiente: secondo il Gse, infatti, con il fotovoltaico si evita la produzione di 875mila tonnellate di CO2 e si riduce il consumo di combustibili fossili di 0,23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio. Senza dubbio, la green economy è fra i pochi settori che non ha patito la crisi economica. La speranza è che non debba patire troppo da ritardi della politica, incentivi ridotti e neo-dirigismi locali. Per i pannelli solari in casa procedure più semplici Nasce in Asia la città ideale Obiettivo rete intelligente Rinnovabili da iPhone Il ritorno dell'auto elettrica Dossier / Nuove Energie 21 marzo 2010
Procedure più semplici per installare i pannelli solari di Luca Salvioli 20 marzo 2010 Procedure più semplici per installare i pannelli solari Tra gli interventi domestici liberalizzati dal decreto legge varato venerdì dal Consiglio dei ministri c'è anche l'installazione di pannelli solari, termici o fotovoltaici, senza serbatoio, da realizzare sugli edifici al di fuori dei centri storici (zona A). Per l'uso residenziale dei pannelli non ci sarà più bisogno della Dia. La denuncia di inizio attività andava presentata all'ufficio tecnico del comune con tanto di firma del responsabile del progetto, il nome dell'azienda incaricata e il documento unico di regolarità contributiva (Durc). Il Comune aveva tempo trenta giorni per opporsi, in caso contrario valeva il silenzio-assenso per l'inizio dei lavori. Lo snellimento burocratico eviterà le code agli sportelli e agevolerà l'integrazione delle più diffuse energie rinnovabili sugli edifici. Va detto che già il decreto legislativo 115 del 2008 aveva tolto l'obbligo della dia "per impianti solari termici o fotovoltaici aderenti o integrati nei tetti degli edifici con la stessa inclinazione e lo stesso orientamento della falda e i cui componenti non modificano la sagoma degli edifici stessi", dunque in un numero più limitato di casi. Alcune regioni, poi, hanno già adottato da tempo regolamenti di questa natura molto diversi tra loro. In attesa delle linee guida nazionali per l'autorizzazione degli impianti da fonti rinnovabili - che sono slittate a dopo le elezioni regionali insieme al nuovo conto energia per il fotovoltaico - il decreto snellisce e uniforma le procedure per installare i pannelli solari sulle abitazioni. Come risparmiare energia in dieci mosse Liberalizzate le ristrutturazioni in casa La rivoluzione è nelle nostre mani Risparmio energetico in condominio, basta la maggioranza ridotta Le dieci cose da sapere sulle lampadine a risparmio energetico 20 marzo 2010
Liberalizzate le ristrutturazioni in casa di Giorgio Santilli 19 marzo 2010 Liberalizzati le ristrutturazioni in casa "Dai nostri archivi" Per gli incentivi sulla casa la "trappola" norme locali Casa, nessuna autorizzazione per i lavori interni Procedure più semplici per installare i pannelli solari La liberalizzazione dei lavori di casa divide il popolo del web Rischio flop per la liberalizzazione dei piccoli lavori di casa Liberalizzazione in arrivo per i lavori in casa. Non ci sarà più bisogno della denuncia di inizio attività (Dia) per gli interventi di manutenzione straordinaria "sempre che non riguardino le parti strutturali dell'edificio, non comportino aumento del numero delle unità immobiliari e non implichino incremento dei parametri urbanistici". Lo prevede il decreto legge appena varato dal governo che modifica il testo unico sull'edilizia del 2001. In sostanza si potranno fare liberamente (senza chieder alcuna autorizzazione) i lavori interni a un appartamento con tre soli vincoli: non spostare i muri portanti; non aumentare la superficie o la volumetria dell'appartamento; non fondere più unità immobiliari in una o, viceversa, frammentare una unità immobiliare in più unità. L'articolo del testo unico modificato lasciava ampi margini alle regioni di intervenire sulla materia. Soltanto la Sardegna, però, aveva già liberalizzato la manutenzione straordinaria senza più bisogno della Dia. L'impatto sarà quindi molto forte su questo punto. La manutenzione ordinaria, viceversa, era già liberalizzata sia dalla normativa nazionale che da quella regionale. La semplificazione varata era stata annunciata dal governo già un anno fa in concomitanza del lancio del piano casa. Si trattava di una liberalizzazione molto più spinta che riguardava anche le aree vincolate e che era stata inserita nel protocollo d'intesa sottoscritto con le regioni il 1° aprile 2009. Il governo, che si è sempre lamentato delle resistenze delle regioni sul piano casa, non era tuttavia riuscito a varare quel provvedimento per contrasti interni e per le obiezioni delle sovrintendenze ai beni culturali. Il decreto legge liberalizza anche altre attività più specifiche, eliminando l'obbligo della presentazione della Dia: * i movimenti di terra strettamente pertinenti all'esercizio dell'attività agricola e le pratiche agro-silvo-pastorali, compresi gli interventi su impianti idraulici agrari; * le opere dirette a soddisfare obiettive esigenze contingenti e temporanee e ad essere immediatamente rimosse al cessare della necessità e, comunque, entro un termine non superiore a novanta giorni; * le serre mobili stagionali, sprovviste di strutture in muratura, funzionali allo svolgimento dell'attività agricola; * le opere di pavimentazione e di finitura di spazi esterni, anche per aree di sosta, che siano contenute entro l'indice di permeabilità, ove stabilito dallo strumento urbanistico comunale; * i pannelli solari, fotovoltaici e termici, senza serbatoio di accumulo esterno, a servizio degli edifici, da realizzare al di fuori delle zone di tipo A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444; * le aree ludiche senza fini di lucro e gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici. Via libera al decreto incentivi. Bonus fino a 7mila euro Dossier Piano casa 19 marzo 2010
Risparmio energetico in condominio, basta la maggioranza ridotta di Silvio Rezzonico e Giovanni Tucci 19 ottobre 2009 Termoregolazione e contabilizzazione al centro dei dubbi Gli impianti centralizzati si fanno preferire A oltre 18 anni dal varo della prima legge organica sul risparmio energetico (10/91), oggi finalmente si hanno le idee un po' più chiare a proposito delle maggioranze "speciali" previste per gli interventi di efficienza energetica in condominio (commi 2 e 5 dell'articolo 26 della legge). L'ultima parola in proposito l'ha detta la legge 99 del 23 luglio scorso (al comma 22 dell'articolo 27) integrando il comma 2 (dopo il restyling portato dal Dlgs 311/2006) che ora così recita: "Per gli interventi sugli edifici e sugli impianti volti al contenimento del consumo energetico e all'utilizzazione delle fonti di energia di cui all'articolo 1, individuati attraverso un attestato di certificazione energetica o una diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato, le pertinenti decisioni condominiali sono valide se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali rappresentate dagli intervenuti in assemblea". La decisione L'aggiunta portata dalla legge 99/2009 è quella delle ultime parole ("rappresentate dagli intervenuti in assemblea"). La nuova norma ha fatto piazza pulita di tutte le interpretazioni precedenti, di dottrina e giurisprudenza, inventando una nuova maggioranza condominiale, non contenuta nel Codice civile: quella "semplice" dei millesimi degli intervenuti in assemblea. In altre parole non contano i condomini favorevoli all'intervento, bensì solo i loro millesimi: devono essere più di quelli dei condomini che votano contro, sommati con eventuali astenuti (la giurisprudenza ha chiarito che contano come contrari). Naturalmente l'assemblea deve essere di per sé valida. Devono cioè essere presenti di persona o per delega almeno un terzo dei condomini che possiedano un terzo dei millesimi. Queste sono infatti le maggioranze necessarie per la seconda convocazione (le assemblee in prima sono casi rarissimi). Fatti alcuni elementari calcoli, si può dire che una decisione di risparmio energetico potrebbe in teoria vedere il voto positivo dei condomini che possiedono appena 167,7 quote su 1.000, se all'assemblea partecipano solo un terzo dei condomini che possiedono solo un terzo dei millesimi. Va aggiunto che, per giurisprudenza di Cassazione, anche una decisione presa senza le necessarie maggioranze è annullabile solo se impugnata in giudizio entro 30 giorni da quando se ne ha avuta conoscenza: trascorso questo periodo, diventa valida. Gli interventi ammessi Ci si può chiedere: ma quali interventi sono da considerare "volti al contenimento del consumo energetico"? Prima che intervenisse il Dlgs 311/2006, modificando il comma 2, si disponeva di un elenco abbastanza preciso delle opere ammesse, contenuto sempre nella legge 10/91 (articolo 8) ed espressamente richiamato nel comma 2. Ora non più. Ci si limita ad affermare due cose. La prima è che sono comprese tutte le opere che coinvolgono fonti rinnovabili di energia (sole, vento, idroelettrico, geotermico, biomasse). La seconda è che può andar bene qualsiasi intervento programmabile, se porta a un risparmio attestato da una certificazione energetica o una diagnosi energetica. A patto che, naturalmente, si seguano alla lettera le prescrizioni del Dpr 59/2009, che impone certi parametri di legge per gli interventi sugli impianti di riscaldamento. Per fare qualche esempio, certi rendimenti minimi sia per la caldaia sia per le nuove pompe di calore elettriche o a gas (quando li si sostituisce) nonché sonde di rilevamento della temperatura all'esterno dell'edificio per tarare quella interna. Alle condizioni previste dalle norme tecniche, sono agevolate non solo la ristrutturazione di impianti di riscaldamento, ma anche quella di impianti di condizionamento estivo e di produzione di acqua calda sanitaria. Via libera anche alle opere di coibentazione degli edifici (per esempio del tetto o anche dei muri, con "cappotti termici"). Potrebbe forse essere consentita a maggioranze ridotte pure la conversione dal gasolio al metano, se non altro perché si tratta di un combustibile meno inquinante che allunga il ciclo di vita della caldaia e "sporca" meno camini e canne fumarie. Ciò porta, sul lungo periodo, al miglioramento del rendimento. Sul fronte idrico Resta incerta, invece, la tesi che le opere con maggioranze condominiali ristrette possano riguardare il risparmio idrico, che pure è stato agevolato dalla Finanziaria 2009 e dalle norme di molte regioni. Infatti la raccolta, il filtraggio e l'erogazione delle acque piovane non hanno prestazioni attualmente attestabili con una certificazione energetica (che è richiesta dal comma 2) e prevedono dispositivi (ad esempio pompe) che fanno aumentare anziché diminuire i consumi di energia propriamente detti.
I QUORUM Risparmio energetico Per deliberare interventi diretti al risparmio energetico, purché individuati con una certificazione energetica o una diagnosi energetica, basta la maggioranza dei millesimi degli intervenuti in assemblea (articolo 26, comma 2, legge 10/1991). Il Dpr 59/2009 scoraggia la trasformazione dell'impianto negli edifici residenziali con più di quattro appartamenti (e in quelli più piccoli se la potenza nominale è maggiore o uguale di 100 kW) a meno che sia inevitabile per cause tecniche o di forza maggiore. Termoregolazione e contabilizzazione del calore Per l'installazione di dispositivi di termoregolazione e contabilizzazione del calore, l'assemblea condominiale decide a maggioranza ordinaria in deroga agli articoli 1120 e 1136 del Codice civile (articolo 26, comma 5, legge 10/1991). In questo caso, non serve una certificazione o una diagnosi energetica. Da notare che l'adozione della centralina di termoregolazione programmabile è resa obbligatoria dal Dpr 59/2009 in caso di ristrutturazione integrale dell'impianto centralizzato. 19 ottobre 2009
Nasce in Asia la città ideale di Luca Dello Iacovo 22 marzo 2010 Dharavi è la più grande baraccopoli indiana. Rifiuti, abitazioni improvvisate, sovrappopolazione. Eppure le vicine discariche di Mumbay (ex Bombay) sono diventate una risorsa. Secondo l'Onu migliaia di persone a Dharavi lavorano in circa 400 unità per il riciclo: scavano tra gli scarti, selezionano i residui, recuperano i materiali. Circa 15mila piccole imprese sono impegnate nella produzione di accessori e giocattoli a partire da plastiche, legno e metalli trovati nelle discariche. La sostenibilità diventa una chiave per lo sviluppo locale in un'area apparentemente priva di risorse. Ma in India aziende e ricercatori hanno risposto alle esigenze locali e sociali con tecnologie "verdi" ad hoc. Non hanno strutture fognarie 730 milioni di persone: è un'emergenza sanitaria soprattutto nei centri urbani. L'imprenditore Bindeshwar Pathak ha inventato le "Sulabh toilet": bagni pubblici che recuperano le evacuazioni umane. Batteri metanigeni trasformano i liquami in biogas, mentre le urine raccolte, ricche di fosfati, diventano fertilizzante per i terreni. Finora Pathak ha costruito 160 impianti per la produzione di gas dai rifiuti delle toilette. A Dacca (Bangladesh) un'organizzazione non profit, Ashoka, ha lanciato il programma "Waste concern": gli addetti alla raccolta nelle discariche ricevono uno stipendio per portare materiali utili nei centri di riciclaggio. In cinque anni hanno trasformato 125mila tonnellate di scarti in fertilizzante. Dal 2030 il 60% della popolazione mondiale vivrà nelle città, soprattutto nei paesi in via di sviluppo. E oggi un miliardo di persone abita in baraccopoli o favelas. È il mercato di chi vive "alla base della piramide": secondo la Banca Mondiale vale 5mila miliardi di dollari. Le frontiere di ricerca imprenditoriale, l'attenzione per l'ecologia e le prospettive di pianificazione urbana si intrecciano a partire dai bisogni del territorio. "Nonostante la sofisticazione del just-in-time e l'efficienza delle catene di approvvigionamento, solo il 10% degli input materiali mobilitati dalla società industriale viene condensato nei prodotti che consumiamo. Il restante 90% è sprecato, finisce in discarica o in mare", osserva Gunter Pauli, direttore dello Zeri Institute, un centro di ricerca impegnato in progetti a basso impatto ambientale. L'obiettivo di Pauli è minimizzare la generazione di scarti modificando gli ecosistemi produttivi: come nelle baraccopoli, i rifiuti diventano input al l'interno di una filiera integrata che li valorizza. In che modo? A partire dal design sistemico: "Bisogna ispirarsi all'ambiente: qualsiasi cosa funzioni bene in natura è sostenibile. Occorre utilizzare materiali localmente disponibili e cercare connessioni alternative esplorando le caratteristiche biochimiche". Una trasformazione sistemica che supera i confini dei paesi in via di sviluppo e che coinvolge tutte le città. Partendo comunque necessariamente da un approccio integrato che, come sottolinea questo rapporto, deve affrontare tutti gli aspetti della convivenza urbana, dalla mobilità all'energia, dai servizi all'alimentazione e ai rifiuti. Il tema della città del futuro sarà al centro della due giorni di Ecopolis, il 13-14 aprile alla Fiera di Roma. Le città nei paesi in via di sviluppo hanno i tassi di crescita più alti del mondo: cinque milioni di abitanti al mese. È il 95% dell'incremento globale per i centri urbani. Unostudio dell'agenzia dell'Onu Un-habitat ha evidenziato le differenze nelle nazioni più popolate. Attorno alle megalopoli indiane prolifera una nuvola di aree abitate satellitari. In Cina crescono "città regionali". Centri intermedi hanno assorbito l'aumento dell'urbanizzazione nelle Filippine e in Indonesia. "L'aumento della densità urbana contribuisce a migliorare a qualità della vita: nei paesi asiatici hanno puntato sulle linee rapide di trasporto urbano", sottolinea Susan Fainstein, docente di pianificazione ad Harvard. Ma l'attenzione per le esigenze femminili è ancora limitata. Una ricerca dell'istituto Rtpi ha rilevato che le principalirichiesteespressedalleintervistateper la vita nei centri urbani riguardano sicurezza personale, infrastrutture sociali e mobilità. Evidenzia Fainstein: "Per le donne è importante la dimensione locale, la vicinanza tra abitazioni, scuole, centri ricreativi. Possono migliorare la gestione del tempo ed evitare lunghi viaggi. Sostenibilità ambientale e sociale sono connesse". 22 marzo 2010
Obiettivo rete intelligente di Giuseppe Caravita 22 marzo 2010 Se c'è una partita industriale e innovativa che l'Italia può giocare da protagonista, oggi, è quella della smart grid, ovvero della rete elettrica intelligente, in grado di equilibrare i flussi energetici, anche incostanti, provenienti da fonti rinnovabili distribuite sul territorio e di promuovere allo stesso tempo il risparmio energetico presso gli utenti finali. "Partiamo da una base, unica al mondo, di 35 milioni di contatori elettrici intelligenti già installati nelle case italiane – spiega Livio Gallo, direttore della divisione reti di Enel Distribuzione – e da qui ci muoveremo lungo tre direttrici. In primo luogo gestire, nel modo più efficace possibile l'energia proveniente dalle rinnovabili immessa su tutti i livelli di tensione, alta, media e bassa. Secondo: coinvolgere l'utente e farlo diventare un soggetto attivo della rete. Qui la strategia si fonda sul nostro sistema di home automation, che stiamo sviluppando e che collega gli elettrodomestici al contatore elettronico e fornisce via internet lo stato dei consumi di casa, aprendo un canale bidirezionale tra noi e il cliente, via Telecom Italia. Terzo: diventare abilitatori di innovazione tecnologica, come nel caso dell'auto elettrica e delle colonnine di rifornimento in varie città d'Italia. E poi i dispositivi intelligenti da connettere alla rete per smistare in modo automatico l'energia, e non in un solo senso come ora, ma con caratteristiche bidirezionali e il più possibile automatizzati nel bilanciamento dei flussi". Siamo ormai arrivati ai passi concreti, su tutti e tre i fronti. Due mesi fa Enel e Telecom Italia hanno annnunciato, insieme a Electrolux, il progetto per il sistema di home automation. I programmi per la distribuzione di colonnine di ricarica per city car elettriche sono in corso in diverse città italiane (Milano, Roma, Torino, Firenze, Pisa). E lo scorso dicembre l'Enel ha firmato una convenzione con il ministero dello Sviluppo economico per un programma triennale da 77 milioni incentrato sul l'istallazione di cabine elettriche di nuova generazione nella rete a media tensione, in alcune aree pilota del Sud. "In pratica laddove vi è già una crescente produzione da fonti rinnovabili, e in particolare da fotovoltaico, come per esempio in Puglia – spiega Gallo – e dove l'intervento sulle cabine a media tensione è ormai necessario". Si tratta di punti di snodo cruciali. Ricevono l'energia prodotta dai campi fotovoltaici e la smistano sulla rete, ma in modo controllato: "Si basano su un contatore intelligente che calcola continuamente i dati di consumo e di produzione e li invia ai centri di controllo tramite fibra ottica incorporata dentro i nostri nuovi cavi elettrici – spiega il direttore reti di Enel Distribuzione –: i dati vanno ai centri di controllo che li elaborano e quindi li utilizzano per mettere a punto previsioni accurate sulla produzione rinnovabile di intere aree. In modo che il giorno dopo possiamo sapere come dimensionare la produzione senza inefficienze". Il problema della smart grid è infatti quella di bilanciare fonti energetiche che per loro stessa natura sono incostanti. Per esempio la Spagna, con il suo 16% di eolico, ha problemi non di poco conto quando spirano forti venti e tutto l'eolico, di colpo, immette energia nella rete. Si tratta di "botte" energetiche improvvise da diversi megawatt, che vanno immediatamente compensate, per mantenere la tensione costante, con lo spegnimento rapido di altre centrali, per esempio a gas. L'alternativa, per non mandare in sovratensione la rete (e quindi danneggiarne parti rilevanti, con conseguenti blackout) è stata a volte quella di disconnettere parti di eolico "con conseguenti inefficienze, anche di rilievo". E poi i costi, crescenti, per la gestione minuto per minuto di una rete elettrica un tempo monodirezionale e continua, ma oggi ben più dinamica e basata su previsioni, persino meteorologiche. "Oggi stiamo lavorando con laboratori come l'Ersi e i nostri fornitori industriali a queste cabine di nuova generazione e ai software di controllo avanzati – aggiunge Gallo –. Il progetto di massima della cabina intelligente è pronto, e adesso possiamo permetterci di pensare alla fase esecutiva". Il primo laboratorio sarà la Puglia, già dotata di una rete elettrica di base moderna e di produzione solare rilevante. Ma poi anche il progetto si estenderà anche alla Campania (Caserta e il napoletano), alla Calabria e alla Sicilia (area di Palermo-Trapani). "In questi casi ci sarà da mettere in piedi delle infratturazione in più della rete, ma nei tre anni il nuovo sistema a media tensione intelligente sarà in campo". Il passo successivo? "Arrivare anche alla bassa tensione intelligente – spiega Gallo – ovvero alla piccola produzione da rinnovabili distribuite sui tetti delle case, con gli stessi metodi di controllo e di previsione che oggi stiamo sviluppando sulla media tensione". Mentre sul l'alta tensione il sistema di comunicazione e di controllo interno è già attivo da qualche anno, e si basa su segnali che viaggiano dentro le stesse onde elettriche (onde convogliate). "Ma qui il compito è solo in parte nostro", concludeil manager Enel. È Terna, infatti, la responsabile del l'infrastruttura nazionale primaria, che dovrà essere potenziata soprattutto in Sicilia e Calabria, dove la rete è ancora debole ma il potenziale da rinnovabili più elevato. giuseppe.caravita@ilsole24ore.com 22 marzo 2010
Incentivi ai nuovi progetti per le reti intelligenti 6 aprile 2010 Incentivi ai progetti per le reti intelligenti Modernizzare e rendere più flessibili e intelligenti le reti di distribuzione dell'energia elettrica, favorendo la diffusione della produzione da fonti rinnovabili e l'uso efficiente delle risorse, a beneficio dei clienti finali: è l'obiettivo del provvedimento dell'Autorità per l'energia a sostegno di alcuni progetti pilota per incentivare lo sviluppo delle cosiddette smart grids, le reti intelligenti in grado di far interagire efficacemente produttori e consumatori, di prevedere in anticipo le richieste di consumo e di bilanciare con flessibilità la produzione e la domanda di energia elettrica anche localmente. Il provvedimento, spiega un comunicato dell'authority, consentirà di incentivare in modo selezionato, attraverso una specifica remunerazione tariffaria, gli investimenti sulle reti e l'installazione di sistemi di misurazione intelligenti (smart metering), essenziali per la promozione delle smart grids. Il presidente Alessandro Ortis sottolinea che "il provvedimento si inserisce in un ampio quadro regolatorio per promuovere lo sviluppo infrastrutturale delle reti di trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica a vantaggio dei consumatori e dell'ambiente. In questa fase di grande innovazione - aggiunge Ortis - le autorità di regolazione possono svolgere un ruolo rilevante affinché sia possibile cogliere le opportunità di sviluppo e innovazione, promuovendo correttamente vari investimenti necessari". "Da tempo - conclude - lo sviluppo delle infrastrutture, il miglioramento della sicurezza e della qualità dei servizi di rete, nonché l'attenzione per l'ambiente sono fra le priorità di azione dell'autorità che intende proseguire in questa direzione adottando opportuni interventi di regolazione anche attraverso un sistema mirato di incentivazione agli investimenti". La super rete intelligente tra Europa e Africa sta diventando realtà Tecnologia italiana per le reti elettriche sottomarine Un anno di fondi all'ecobusiness Enel entra in Desertec, il maxi progetto per il sole del Sahara Ecco l'Italia dei 6.993 comuni a energia rinnovabile Il fotovoltaico dimenticato spinge all'estero le imprese Obiettivo rete intelligente 6 aprile 2010
La Silicon Valley non sfugge alla crisi Per ripartire guarda ai green jobs di Guido Romeo 16 febbraio 2010 La Silicon Valley non sfugge alla crisi. Per ripartire guarda ai green jobs (nella foto: vista panoramica di Santa Clara, California - Marka) GRAFICI / I numeri della green economy a Silicon Valley GRAFICO / Le 100 aziende più importanti che hanno sede a Silicon Valley Anche la Silicon Valley, il tempio dell'innovazione dove sono nati Pc e iPhone, sente la crisi, ma guarda alla green economy per riprendersi. Il 2009 è stato un vero e proprio "annus horrobilis" secondo gli analisti della Silicon Valley Community Foundation e di Joint venture, le due no-profit che ogni anno sfornano il "Silicon Valley index" un corposo rapporto sull'andamento dell'economia locale che integra bilanci aziendali, ma anche gli indicatori che misurano accumulo di conoscenza, attrazione di talenti e produzione di innovazioni. Per quest'area a Sud di San Francisco i bilanci sono tradizionamlente più rosei che nel resto dell'Unione, ma l'Index 2010 è una vera e propria doccia fredda. La regione ha perso oltre 90mila posti di lavoro tra Novembre 2008 e 2009 e oggi la disoccupazione ha superato la media nazionale. Dati così non si vedevano dal 2005, osservano gli analisti, ma ci sono anche altri segnali che fanno temere per il futuro. La curva del numero di brevetti, solitamente puntata verso l'alto, si è abbassata nel 2008 e appare quasi piatta nell'ultimo anno. Gli uffici sfitti sono aumentati di un terzo e perfino i salari hanno segnato una leggera flessione (-5%) nell'arco degli ultimi due anni, stabilizzandosi intorno ai 62mila dollari l'anno. Il rapporto ha il pregio di restituire un'immagine globale della regione, dove le aziende come Apple - i cui bilanci sembrano immuni alla crisi grazie a prodotti come l'iPhone - sono eccellenze purtroppo non facilmente imitabili. A pesare, spiegano gli analisti, è il calo massiccio dell'export generato dalla globalità della recessione, ma anche la riduzione dell'afflusso di nuovi laureati dall'estero che aspettano un momento più propizio per venire a cercar fortuna e investitori nella "Valley". Meno cervelli, però vuol dire anche minore capacità di innovazione, uno scenario che rischia di creare una crisi di lungo periodo se non si pone rapidamente rimedio. La ricetta suggerita dagli autori del rapporto è un ritorno alle radici dello sviluppo. La Silicon Valley. sviluppatasi 50 anni fa intorno agli investimenti pubblici nel settore della difesa e dell'It che hanno creato Internet, è fiorita soprattutto grazie allo spirito imprenditoriale di moltissimi giovani, spingendoli a creare grandi innovazioni nel proprio garage come il primo Mac di Wozniak e Jobs. Oggi però sotto i riflettori c'è soprattuto Dna ed energia. L'amministrazione Obama sta investendo massicciamente nel settore biotech e cleantech e, se i californiani sapranno approfittare delle misure pubbliche, il futuro della Silicon valley potrebbe essere proprio nei "green jobs" per sviluppare tecnologie e servizi che stanno già esplodendo a livello mondiale. C'è inoltre chi guarda anche allo sviluppo del "red-biotech", le tecnologie biomediche che comprendono nanotecnologie, nuovi farmaci e sistemi diagnostici per la medicina personalizzata, ma anche integrazione dei dati biologici dei pazienti con grandi database di analisi. La sfida però è altrettanto globale. I principali competitor sono proprio nei mercati a più forte crescita, dall'altra parte del Pacifico, in Cina e India. http://guidoromeo.nova100.ilsole24ore.com/ www.siliconvalleycf.org www.jointventure.org
30 Mar 2010 Puglia: incostituzionale la realizzazione di impianti fotovoltaici fino ad 1 MW con la sola DIA Pubblicato da Mario Delfino alle 11:00 in Fotovoltaico, Leggi e decreti Avevamo già affrontato l'argomento su questo blog. Il legislatore nazionale dorme. I legislatori regionali colmano il vuoto nazionale. La Corte Costituzionale interviene, bocciando l'operato dei legislatori regionali. Ed anche stavolta è andata esattamente così. Perdurando l'assenza delle Linee Guida nazionali sul procedimento autorizzativo (Autorizzazione Unica) per la realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, previste dal D.Lgs 387/2003, diverse Regioni sono intervenute, legiferando in materia. Il caso più eclatante è costituito dalla Regione Puglia che, con la Legge 21 ottobre 2008 n. 31 Norme in materia di produzione di energia da fonti rinnovabili e per la riduzione di immissioni inquinanti e in materia ambientale, aveva disposto che, ai fini della realizzazione di impianti fotovoltaici fino ad 1 MW di potenza, è sufficiente il rilascio della semplice DIA. Avevamo anche anticipato che il 26 gennaio si sarebbe dovuta pronunciare la Corte Costituzionale, a seguito del ricorso presentato dal Governo. La sentenza n. 119 del 2010 della Corte, con decisione del 22 marzo, depositata il 26 marzo, dichiara, per l'appunto, l'incostituzionalità della legge regionale della Puglia.
Le istruzioni dei ministero per usufruire degli incentivi 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Il governo tenta la via del bonus diretto Informazioni per i consumatori Incentivi: le risposte del ministero alle domande più frequenti L'abc del decreto incentivi 2010 Acquisto di beni immobili Il ministero dello Sviluppo economico detta le istruzioni per l'utilizzo degli incentivi varati con il decreto legge n. 40/2010. Il fondo di 300 milioni di euro a sostegno dei consumi e della ripresa produttiva prevede bonus destinati ai cittadini e alle imprese. Le indicazioni fornite dal ministero, attraverso il proprio sito internet, riguardano anzitutto l'acquisto di immobili ad alta efficienza energetica. Chi compra la prima casa "verde" può disporre di un contributo di 116 euro a metro quadrato, fino a 7mila euro se si tratta di un immobile in classe energetica A e di 83 euro a metro quadrato, fino a 5mila euro per gli immobili in classe B. Il Ministero ha precisato i requisiti per ottenere il contributo e la procedura da seguire attraverso l'intermediazione di Poste italiane. Si tratta di adempimenti che spettano soprattutto agli acquirenti. Analoghe precisazioni sono state fornite sui requisiti tecnici degli altri beni agevolati (dagli elettrodomestici alle macchine agricole) e sulle modalità di prenotazione degli aiuti. È stato chiarito, per esempio, che i beni devono essere "venduti e acquistati in Italia", ma non è necessario che siano stati prodotti in Italia e/o marchiati made in Italy. I commenti degli esperti e gli approfondimenti Istruzioni e indicazioni fornite dal ministero sono commentate sul Sole 24 ore in edicola sabato 10 aprile. (di M. Bellinazzo) Le istruzioni del ministero per venditori e consumatori La mappa degli sconti, dalla moto alla casa ecologica Dieci domande & dieci risposte sugli incentivi 9 aprile 2010
Incentivi: le risposte del ministero alle domande più frequenti Informazioni per i consumatori Informazioni per i consumatori 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Richiesta incentivi Bonus ecologico solo a nuove costruzioni e prima casa Dai motorini a Internet, quanti saranno gli acquisti scontati In arrivo "carta studenti" con sconti e agevolazioni Le risposte ai dubbi dei lettori 1. Come posso usufruire delle agevolazioni per l'acquisto di un bene previsto dal decreto legge 40/2010? Per usufruire dell'agevolazione, fatto salvo quanto previsto per i contributi per l'acquisto di immobili ad alta efficienza energetica, basterà recarsi da un venditore che ha aderito all'iniziativa ed essere pronti a fornire un documento di riconoscimento e il numero di codice fiscale. Il venditore sconterà dal prezzo finale di vendita l'ammontare del contributo riconosciuto al bene acquistato. La procedura di richiesta di rimborso del contributo è a carico del venditore. 2. Qual è il numero di telefono da chiamare per avere informazioni sugli incentivi? Per ottenere informazioni sul decreto, sui prodotti che beneficiano dell'incentivo, sugli importi il numero da chiamare è 800 123 450 da rete fissa e 199. 123 450 da rete mobile. 3. L'incentivo si applica solo a prodotti "Made in Italy"? No, l'incentivo si applica a tutti i prodotti, purché soddisfino i requisiti richiesti, indicati nel decreto ministeriale, venduti e acquistati in Italia. 4. Occorre rivolgersi a determinati rivenditori? No, l'iniziativa è aperta a tutti i venditori che intendano aderire e che si registrano presso il contact center dedicato 5. Qual è la data di scadenza per richiedere gli incentivi? Gli incentivi chiuderanno il 31 dicembre 2010 ma si potranno ottenere il beneficio solo fino ad esaurimento del plafond dedicato a ciascuna tipologia di prodotto 9 aprile 2010 Informazioni per i venditori Richiesta incentivi 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Cucine e elettrodomestici Acquisto di beni immobili Macchine agricole e movimento terra Informazioni per i consumatori INCENTIVI / Case ecologiche 1. Come richiedere l'erogazione degli incentivi? In attesa della piena operatività del sistema informatico si adotterà una procedura di prenotazione tramite contact center. Successivamente sarà possibile svolgere tutte le operazioni on line. In ogni caso la procedura per la richiesta degli incentivi si svolge in due fasi, che devono essere svolte dal venditore del bene che beneficia dell'incentivo (tutti i prodotti tranne gli immobili e l'accesso a banda larga). Le fasi sono: - prenotazione delle risorse - erogazione dei contributi Le aziende che hanno più punti vendita possono registrarli tutti al fine di ottenere un codice identificativo per ciacun punto vendita. Per farlo, all'atto della registrazione devono fornire: - il Codice fiscale - il numero REA - la provincia dell'azienda - CAP e località di ciscun punto vendita 2. Qual è il numero di telefono da chiamare per richiedere l'incentivo? Per i venditori che, dopo il 6 aprile, devono richiedere la prenotazione dell'incentivo a seguito della vendita di un prodotto sarà attivo un contact center dedicato al numero 800.556.670. 3. Qual è l'indirizzo internet a cui collegarsi per richiedere l'incentivo? Nella prima fase di applicazione del decreto a partire dal 6 aprile la prenotazione delle risorse avverrà esclusivamente tramite contact center. Il portale per la richiesta degli incentivi da parte del venditore sarà attivo nelle settimane successive. 4. Come si procede per richiedere la prenotazione dell'incentivo tramite contact center? Il venditore dovrà registrarsi comunicando i propri dati, riceverà dall'operatore le credenziali identificative per poi accedere alla prenotazione degli incentivi per i prodotti venduti. Al momento della richiesta di incentivo il venditore deve già avere a disposizione tutti i dati relativi alla vendita e al cliente così come specificato nelle schede relative ad ogni prodotto. 5. In che modo potrà essere verificata la disponibilità di risorse del fondo? La verifica della disponibilità del fondo potrà essere effettuata solo dai venditori. Nella prima fase di operatività della procedura l'informazione sarà fornita attraverso il contact center, nella seconda fase attraverso il sistema informatico. 6. E' possibile per un venditore prenotare gli incentivi senza aver ancora effettuato la vendita? No, non è possibile in quanto al momento della prenotazione saranno richiesti i dati del cliente (dati anagrafici e codice fiscale) e la prenotazione sarà valida esclusivamente per la vendita nei confronti dello stesso cliente. 7. Qual è la data di inizio per le richieste di contributo? I contributi possono essere richiesti a far data dal 15 APRILE 2010 e sono concessi per beni venduti non antecedentemente a tale data. Per gli immobili, possono beneficiare di contributo immobili per il quali il compromesso è stato effettuato a partire dal giorno successivo alla pubblicazione del decreto ministeriale sulla Gazzetta Ufficiale e, di conseguenza, le richieste di contributo possono essere inoltrate a partire da tale giorno. 9 aprile 2010 Cucine e elettrodomestici Cucine e elettrodomestici 9 aprile 2010 Dai motorini a Internet, quanti saranno gli acquisti scontati Richiesta incentivi 1. Cosa si intende per "cucina a libera installazione"? Per "cucina a libera installazione" si intende un elettrodomestico costituito da piano cottura e forno. I requisiti affinché tale prodotto possa beneficiare dell'incentivo sono che il piano cottura sia a gas e dotato della valvola di sicurezza e che il forno sia elettrico di classe A. 2. L'acquisto del frigorifero può beneficiare del contributo? L'incentivo per l'acquisto di un frigorifero di classe A+ e A++ non è previsto da questa misura poiché beneficia già del contributo previsto dalla legge 296/2006 (valido per acquisti effettuati fino al 31 dicembre 2010). Per ulteriori informazioni: http://efficienzaenergetica.acs.enea.it/opus/casaevoluta_frigo.pdf Qualora il frigorifero, di classe A+, sia incassato nella cucina componibile che beneficia dell'incentivo statale, il suo costo potrà concorrere alla formazione del costo totale della cucina. 3. E' possibile incentivare l'acquisto dei soli mobili di una cucina componibile? Per avere diritto all'incentivo, nella cucina componibile devono essere inseriti almeno due elettrodomestici di classe energetica ad alta efficienza tra frigorifero\congelatore di classe A+ o A++, piano cottura a gas con dispositivo di sorveglianza di fiamma, lavastoviglie di classe AAA o superiore, forno di classe A. Il costo dei due elettrodomestici inseriti concorrerà a formare il costo complessivo della cucina e beneficerà dell'incentivo del 10%. 4. Quanto è l'incentivo riconosciuto agli elettrodomestici inseriti in una cucina componibile? Il costo di almeno due elettrodomestici incassati (vedi elenco alla domanda 3.) concorrerà a formare il costo complessivo della cucina e beneficerà dell'incentivo del 10%. Eventuali altri elettrodomestici acquistati, se rispondenti ai requisiti previsti dal decreto (sostituzione, tipologia, classe energetica), potranno beneficiare degli incentivi per elettrodomestici come se fossero acquistati indipendentemente dalla cucina componibile aprendo una pratica diversa di richiesta incentivi (procedura comunque a carico del venditore). Il prezzo di acquisto degli elettrodomestici che non rientrassero nelle classi energetiche ad alta efficienza non concorre a formare il prezzo della cucina sul quale calcolare l'incentivo. 5. Su cosa si calcola il prezzo finale della cucina? Il costo si calcola sui mobili, elettrodomestici così come specificato nel DM, spese accessorie (modifiche, trasporto, montaggio, smaltimento, ecc.) al netto di eventuali sconti praticati dal venditore. 6. Cos'è uno scaldacqua a pompa di calore? Lo scaldacqua a pompa di calore è un apparecchio che consente, attraverso l'alimentazione elettrica, di riscaldare l'acqua sanitaria sfruttando il calore estratto dall'aria. 7. Cos'è una cappa climatizzata? La cappa climatizzata è un unico elettrodomestico che unisce le funzionalità di cappa aspirante a quelle di condizionatore. 8. L'acquisto della cappa aspirante della cucina beneficia del contributo? No, soltanto se si tratta di cappa climatizzata. 9 aprile 2010 Macchine agricole e movimento terra Macchine agricole e movimento terra 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" INCENTIVI / Macchine agricole Scajola estende gli incentivi a nautica e macchine agricole Cucine e elettrodomestici Richiesta incentivi Per i consumatori incentivi al via dal 15 aprile 1. Le misure urgenti di sostegno alla domanda sono rivolte anche al settore agricolo? L'incentivo è applicabile a trattori o macchine agricole inclusi le attrezzature agricole? Riguardo alle macchine agricole e movimento terra sono agevolate anche quelle operatrici, a motore rispondenti alla categorie "Fase IIIA", di cui agli articoli 57 e 58 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 e successive modificazioni e le attrezzature agricole portate, semiportate e fisse [...]. 2. A quanto ammonta l'incentivo complessivo destinato al settore agricolo e industriale? 20 milioni di euro per il settore Macchine per uso agricolo e industriale (macchine agricole, movimento terra) 3. A che percentuale ammonta l'incentivo ministeriale per il settore agricolo e industriale? Ammonta al 10% del prezzo di listino legato a pari sconto da parte del concessionario. 4. Il mezzo sostituito deve essere distrutto? Entro quindici giorni dalla data di consegna del nuovo macchinario, il destinatario del contributo ha l'obbligo di demolire il macchinario sostituito e di provvedere alla sua cancellazione legale per demolizione, fornendo idoneo certificato di rottamazione al concessionario o venditore che avrà cura di trasmetterne copia all'ente erogatore, a pena di decadenza dal contributo 5. Quando deve essere vecchio il mezzo sostituito? La data di fabbricazione deve essere anteriore al 31/12/1999 6. L'incentivo è cumulabile con altre iniziative (PSR, TREMONTI)? I contributi previsti dal decreto non sono cumulabili con altri benefici previsti sul medesimo bene dalle vigenti disposizioni 9 aprile 2010 Informazioni per l'acquisto di beni immobili Acquisto di beni immobili 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Richiesta incentivi Cucine e elettrodomestici Informazioni per i consumatori INCENTIVI / Case ecologiche Dai motorini a Internet, quanti saranno gli acquisti scontati La richiesta di incentivi per l'acquisto di beni immobili ha una regolamentazione differente rispetto alle modalità di richiesta incentivi per beni mobili. Per l'acquisto della prima casa è previsto un contributo se si tratta di un immobile ad alta efficienza energetica. In particolare: - se l'immobile è di classe A sono previsti 116,00 euro al mq, fino ad un massimo di 7.000,00 euro. - se l'immobile è di classe B sono previsti 83,00 al mq, fino ad un massimo di 5.000,00 euro Per richiedere il contributo, l'acquirente deve essere in possesso dell'attestato di certificazione energetica dell'immobile e del contratto preliminare di compravendita . La prenotazione deve essere effettuata entro i 20 giorni precedenti la stipula del contratto di compravendita dell' immobile, per i quale il preliminare di compravendita sia stato stipulato con atto di data certa successivo alla data di entrata in vigore del decreto (6 aprile 2010), disponendo dei dati seguenti: - settore di appartenenza del prodotto - tipologia di prodotto (classe A, classe B) - superficie utile sulla quale viene calcolato il contributo - estremi dell'acquirente (codice fiscale e dati bancari) - prezzo base (al lordo di IVA) A cura dell'acquirente, deve essere inviata la documentazione entro 45 giorni dal momento della stipula del contratto definitivo di compravendita. I documenti richiesti sono: - richiesta di rimborso contenente la ricevuta di registrazione e l'autodichiarazione firmata in formato Check list dei documenti allegati, (compilabile e scaricabile dal portale) - copia documento identità dell'acquirente - codice fiscale dell'acquirente - dati bancari dell'acquirente - copia del contratto definitivo di compravendita che dovrà riportare l'indicazione dell'incentivo 9 aprile 2010
Dieci domande & dieci risposte sugli incentivi di Claudio Tucci 6 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Negozi in "coda" per i bonus L'abc del decreto incentivi 2010 Dai motorini a Internet, quanti saranno gli acquisti scontati Per i consumatori incentivi al via dal 15 aprile INCENTIVI / Case ecologiche Gli incentivi scattano dal 15 aprile, ma già dal 6 aprile i rivenditori devono registrarsi al call center gestito da Poste Italiane. Per ottenere gli sconti bisogna avere tutte le carte in regola, altrimenti si rischia la revoca del contributo. In 10 semplici domande e risposte, una guida pratica per conoscere termini e adempimenti che portano ai bonus. Cosa sono gli incentivi? Si tratta di sconti praticati sul prezzo di vendita di un prodotto. I "bonus" sono di importo variabile (a seconda del bene) e scattano, per i consumatori, al momento dell'acquisto. L'attuale normativa non prevede meccanismi di sgravi fiscali come in precedenti campagne d'incentivazione. Quali sono i prodotti che si possono acquistare scontati? Sono 19, raggruppati in 10 tipologie di beni. E precisamente: motocicli, cucine componibili, elettrodomestici, case ecologiche, lavastoviglie (forni elettrici, piani cottura, cucine a gas, cappe climatizzate, pompe di calore), rimorchi, macchine agricole, motori fuoribordo, gru a torre per l'edilizia e altri prodotti che migliorano l'efficienza energetica industriale (inverter, Ups, batterie di condensatori, motori ad alta efficienza). Da quando scattano gli sconti per i consumatori? Gli incentivi partono dal prossimo 15 aprile. Quanto durano gli acquisti incentivati? I bonus sono validi per il tutto il 2010. Il fondo a disposizione è di 300 milioni di euro, di cui 200 provenienti dalla lotta all'evasione. Che succede se il budget a disposizione degli incentivi è esaurito? Il meccanismo d'incentivazione è "a capienza": quando si esauriscono le risorse stanziate per quel prodotto, non si potrà più ottenere l'incentivo. Tuttavia è possibile che dopo la scadenza l'eventuale residuo di fondi per un prodotto incentivato sia trasferito a un altro che ha più richieste rispetto alla disponibilità. Come si fa a ottenere il bonus? La procedura è identica per tutti i prodotti oggetto di sconto. Ci si dovrà rivolgere al rivenditore, che verificherà (per via telematica o col telefonino) la disponibilità delle risorse, che diventeranno uno sconto sul prezzo d'acquisto. Cosa devono fare i rivenditori? Da oggi, 6 aprile, dovranno registrarsi in un elenco, tramite il call center gestito da Poste Italiane al numero verde 800.556.670. Per gli abbonamenti a internet veloce, invece, sempre da oggi, è attivo l'indirizzo email: contributi.bandalarga@postecert.it, che dovrà essere utilizzato dai soli operatori delle telecomunicazioni (e non quindi dai rivenditori) per accreditarsi. Per le "case ecologiche" servono documenti particolari? Sì. Per ottenere l'incentivo per l'acquisto di immobili di nuova costruzione ad alta efficienza energetica, è necessario ottenere l'attestato di certificazione energetica, rilasciato da un soggetto accreditato (Enea). Viene confermato, poi, l'importo massimo dello sconto - rispettivamente di 5mila e 7mila euro - a seconda della categoria di fabbisogno energetico dell'abitazione, e viene precisato che l'immobile deve essere di nuova costruzione e deve essere destinato a prima abitazione della famiglia di chi acquista nel solo caso del bonus con tetto di 5mila euro. L'attuale normativa precisa anche che questa agevolazione è l'unica dell'intero pacchetto incentivi che può essere cumulata ad altre agevolazioni sul medesimo bene. In caso di acquisto di un motociclo "Euro 3" per ottenere il bonus serve rottamare la vecchia due ruote? Sì, è indispensabile rottamare un motociclo o un ciclomotore "Euro 0" o "Euro 1". La contestuale rottamazione, invece, non è invece richiesta se si acquista una moto dotata di alimentazione elettrica, doppia o esclusiva. Che succede se non si è in regola con i requisiti richiesti per ottenere il bonus? È prevista la revoca del contributo in caso di assenza dei requisiti previsti per usufruire dell'incentivo o se la documentazione da esibire per la fruizione del bonus è incompleta o irregolare. 6 aprile 2010
Federcasse: 91 milioni per aiutare privati e piccole imprese a produrre energia pulita di Claudio Tucci 9 aprile 2010 "Dai nostri archivi" Sì a finanziamenti agevolati a cittadini e imprese per produrre energia da fonti rinnovabili Il fascino (costoso) delle "revolving" Ecco l'Italia dei 6.993 comuni a energia rinnovabile Kinexia senza trucchi verso l'energia pulita Marcello Lippi punta sull'energia pulita Novantuno milioni di euro per aiutare privati e piccole imprese a produrre energia pulita. Quasi 1.900 progetti finanziati, a tasso agevolato, negli ultimi 4 anni, (per una media di 45-50mila euro a richiesta), che spaziano dalla realizzazione di impianti fotovoltaici (1.684), solare termico (174), a biomasse (44), alla sostituzione di caldaie a condensazione e pavimenti radianti. A tirare è soprattutto il Centro-Nord, dove è giunto circa l'85% dell'erogazione complessiva. In difficoltà il Sud, con l'eccezione della Calabria, dove sono stati concessi 7,9 milioni (9% del totale). È questo il resoconto, aggiornato al 31 dicembre scorso, dell'accordo quadro tra Federcasse (la Federazione nazionale che raccoglie le 426 banche di credito cooperativo e casse rurali) e Legambiente per incentivare lo sviluppo delle fonti rinnovabili sul territorio. "Stiamo lavorando per ampliare il raggio d'azione dell'accordo - ha sottolineato il presidente di Federcasse Alessandro Azzi - puntando a far rientrare nei finanziamenti agevolati anche altri interventi, come quelli sulla bioedilizia e l'utilizzo delle risorse idriche". La convenzione, ha ricordato Angelo Gentili, della segreteria nazionale di Legambiente, ha permesso di sovvenzionare ben 1.684 impianti di fotovoltaico, che consentiranno di realizzare circa 13,6 MWp di installazioni. Le richieste di finanziamento sono giunte, soprattutto, da privati cittadini (70,7% di casi), seguiti dalle imprese (27,8%, di cui 39,9% aziende agricole). Più distanziati, condomini, enti pubblici, associazioni e istituti religiosi (1,5 per cento). Dopo una prima esperienza positiva, nel 2005, a Grosseto, l'operazione è via via cresciuta anche in altre regioni, con il picco in Toscana dove sono stati concessi oltre 31 milioni di finanziamenti. Negli ultimi 6 mesi c'è stato uno sprint: 580 progetti approvati (circa un quarto del totale) per un totale di 24,3 milioni. In Veneto sono stati erogati 6,7 milioni, in Abruzzo e Molise, 3,8, in Emilia Romagna, 3,2, in Piemonte, Liguria, Valle d'Aosta, 2,8. Fanalino di coda il Sud, con performance basse in Puglia e Basilicata, con appena 1,6 miliardi di credito stanziato. L'accordo prevede un tetto massimo di finanziamento (200mila euro), che può coprire anche il 100% dell'importo, e consente un rimborso rateale, nell'arco di durata massima del prestito, fissata in 20 anni. Il preammortamento è massimo di 2 anni e quanto al tasso si applica l'Euribor a 6 mesi + max 1,5 per cento. Per ottenere le somme, si deve presentare richiesta a una Bcc aderente all'accordo, allegando documentazione tecnica e preventivo di spesa dell'intervento. La banca, a sua volta, invierà le carte a Legambiente che esprimerà un parere sul merito del progetto e sulla sua fattibilità. Ricevuto il via libera (una sorta di garanzia), l'istituto di credito erogherà i soldi. Dossier Nuove Energie 9 aprile 2010
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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi - dal 2010-04-09 ad oggi 2010-04-09 |
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2010-04-09
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CORRIERE della SERA
per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2010-04-10 Industriali favorevoli al federalismo fiscale. Trichet elogia Tremonti: ha lavorato bene Berlusconi: "Il declino dell'Italia non c'è" Il premier: avanti con le riforme, più poteri al governo. Ma Marcegaglia: è la crisi peggiore degli ultimi 50 anni * NOTIZIE CORRELATE * Confindustria chiede riforme. Tremonti: "Sul fisco la più importante" (9 aprile 2010) * Berlusconi: riforme, copiamo la Francia ma con voto unico e senza doppio turno (9 aprile 2010) Industriali favorevoli al federalismo fiscale. Trichet elogia Tremonti: ha lavorato bene Berlusconi: "Il declino dell'Italia non c'è" Il premier: avanti con le riforme, più poteri al governo. Ma Marcegaglia: è la crisi peggiore degli ultimi 50 anni Silvio Berlusconi al forum di Confindustria a Parma (Ansa) Silvio Berlusconi al forum di Confindustria a Parma (Ansa) PARMA - Il declino dell'Italia non esiste, è solo una montatura dei detrattori del governo. Lo ha detto a gran voce il premier Silvio Berlusconi intervenendo al forum sul futuro organizzato da Confindustria per celebrare i 100 anni dell'associazione. "Nel 2010 - ha spiegato il presidente del Consiglio - saremo il Paese con il più basso deficit primario, cioè al netto del debito pubblico. E nel 2009 abbiamo avuto una diminuzione del Pil contenuta, del 5%. Come Germania, Gran Bretagna e Giappone e molto più bassa di altri Paesi della Ue. Siamo afflitti purtroppo da problemi storici, dal debito ereditato dal passato alla forte evasione fiscale, ma ci stiamo muovendo in tutte le direzioni per cambiare questo stato di cose". In particolare, Berlusconi ha spiegato che il governo ha adottato almeno 12 provvedimenti anti-crisi che hanno permesso all'Italia di registrare risultati, in termini economici, molto migliori rispetto a quelli di altri paesi europei e, per alcuni indicatori, anche degli Stati Uniti. Insomma, ha sottolineato, "il declino dell'Italia davvero non si vede". Tuttavia era stata proprio la padrona di casa, la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, a lanciare il monito: "Uniamo le nostre forze, voltiamo pagina. E’ la crisi peggiore degli ultimi 50 anni: tutti, governo, imprese e sindacati dobbiamo lavorare per evitare il peggio. Dati scientifici dimostrano che il Paese sta declinando". LE RICHIESTE DEGLI INDUSTRIALI - La Marcegaglia ha avanzato anche le richieste del mondo delle imprese al governo. In particolare "entro 2 mesi, un impegno preciso e forte di investimento di almeno un miliardo in ricerca e di circa 1,5 miliardi sulle opere infrastrutturali che devono crescere". La presidente ha detto di non volere sentire più "promesse generiche" e di auspicare entro il 2010 "un impegno per tagliare la spesa pubblica corrente e conseguentemente tagliare le tasse sui lavoratori e sulle imprese". Gli imprenditori chiedono "impegni e tempi precisi" e per questo Marcegaglia propone "un taglio di spesa pubblica pari all'1% del pil all'anno per tre anni". In questi mesi, ha aggiunto, "le imprese e i lavoratori hanno tirato la cinghia, non è possibile che lo Stato non lo faccia". Dal canto loro le imprese non staranno a gaurdae: "Lanceremo la sfida di una crescita del 2% di Pil all’anno per tre anni: questo vuol dire 50 miliardi di euro in più di ricchezza e 700mila posti di lavoro in più. E’ una sfida importante che tutti noi dobbiamo portare avanti". La Marcegaglia ha poi detto che gli imprenditori sono favorevoli al federalismo fiscale: "Vogliamo che si vada avanti". Poi una bacchettata al Pdl: "I neoeletti presidenti di Calabria e Campania, come primo atto, sono andati a Palazzo Chigi a chiedere una dilazione del rientro del deficit in campo sanitario. Così si incomincia male, questo non è federalismo". E ancora: "Il federalismo fiscale va fatto", ma questo vuol anche dire responsabilizzare i presidenti delle regioni, e per questo chi non riesce a tenere i conti "deve andare a casa e non deve essere più rieletto". GLI ELOGI DI TRICHET - Parole positive nei confronti della politica economica italiana erano state pronunciate nella stessa sede dal numero uno della Banca centrale europea, , Jean Claude Trichet: "La prospettiva di medio termine ha guidato la politica di bilancio in Italia durante la crisi. Il ministro dell'Economia ha resistito alle pressioni per l'introduzione di stimoli fiscali che vadano oltre l'alleggerimento che deriva dall'azione degli stabilizzatori automatici. Questa è una strategia appropriata, dato il suo scottante debito pubblico e in prospettiva della sua evoluzione nel lungo termine". Il presidente dell'Eurotower ha poi elogiato il sistema bancario italiano: "Le banche italiane, rispetto ai colleghi europei e del resto del mondo, hanno dimostrato un elevato livello di lucidità" e l'Italia nel complesso "ha una finanza privata sana, che non è mai caduta negli eccessi finanziari del recente passato. Resta un'economia manifatturiera, dove la finanza è il primo e principale supporto all'economia reale. La forte propensione al risparmio e la prudenza delle banche rappresentano quindi una piattaforma solida dalla quale l'economia può ripartire". "PIU' POTERI AL GOVERNO" - Di fronte alla platea degli industriali Berlusconi non si è limitato a parlare di economia e ha colto l'occasione per rilanciare il tema delle riforme, in particolare nel campo del fisco e della giustizia. E sull'assetto istituzionale ha ricordato, come già aveva fatto durante la conferenza stampa con Nicolas Sarkozy all'Eliseo, che la Costituzione attribuisce tutti i poteri al Parlamento mentre il governo non ne ha nessuno: "I padri costituenti - ha detto Berlusconi - hanno definito un assetto istituzionale che dà tutti i poteri alle assemblee parlamentari: l’esecutivo non ha nessun potere nel nostro sistema costituzionale". La riforma costituzionale, ha aggiunto, andrà affrontata con il contributo di tutti ma l'orientamento della maggioranza è per una riforma semipresidenziale sul modello francese con però l'elezione contemporanea del Parlamento e del presidente del consiglio, per evitare eventuali problemi di colori diversi e coabitazioni forzate come avvenuto in diverse legislature in Francia. In ogni caso, ha puntualizzato, è importante "dare al presidente del consiglio gli stessi poteri di intervento che hanno i suoi colleghi europei". Ha poi citato a titolo di esempio il piano casa del governo, definito una "idea geniale", che ancora non ha trovato attuazione: "E non parliamo delle regioni di segno opposto al nostro dove la legge non è stata presa in considerazione, ma neanche nelle nostre regioni". LA RIFORMA DELLA GIUSTIZIA - Berlusconi ha poi ribadito l'intenzione di portare a termine la riforma della giustizia ("Io sono il più grande imputato a livello europeo, queste cose le so, anche se contro di me sono stati intentati processi ridicoli solo a scopo politico") per un ammodernamento del campo penale, con la separazione delle funzioni tra pm e giudici, e per la riduzione dei tempi della giustizia civile. Il leader del Pdl è poi tornato ad attaccare la Corte costituzionale accusata di avere una maggioranza di giudici di sinistra che assecondano le richieste di "una certa corrente della magistratura che si oppone a tutte le leggi che considera scomode". Redazione online 10 aprile 2010
Cgil: "disoccupazione reale all'11,5. Oltre un milione e 500MILA in cassa integrazione" Confindustria chiede riforme Tremonti: "Sul fisco la più importante" Gli industriali spingono sul governo per gli interventi anche su burocrazia, infrastrutture ed energia Cgil: "disoccupazione reale all'11,5. Oltre un milione e 500MILA in cassa integrazione" Confindustria chiede riforme Tremonti: "Sul fisco la più importante" Gli industriali spingono sul governo per gli interventi anche su burocrazia, infrastrutture ed energia PARMA - Quasi un botta e risposta quello tra Confindustria e Tremonti. Da un lato gli industriali chiedono riforme, dall'altra risponde il ministro, in particolare su quella fiscale. L'Italia "deve tornare a crescere" e per questo bisogna attuare le riforme di cui il Paese ha bisogno: dalle liberalizzazioni per una maggiore concorrenza, al merito fino alla legalità. Gli industriali, riuniti a Parma per il convegno biennale del Centro Studi Confindustria "Libertà e benessere: l'Italia del futuro", tornano a chiedere con forza al governo di attuare le riforme. "Le priorità - ha affermato Luca Paolazzi, direttore del Csc, aprendo il convegno di Parma - vanno alla riduzione della burocrazia, all'alleggerimento del carico fiscale, alle infrastrutture, al mercato del lavoro, all'energia meno cara". Paolazzi, ha ricordato che attuando tutte le riforme secondo uno studio del Csc il Pil in vent'anni aumenterebbe di circa il 30%: +13% con le riforme che riguardano il capitale umano; +4% con meno burocrazia, +11% con le liberalizzazioni. Per tornare a crescere, ha ribadito Paolazzi, "occorrono riforme. Gli italiani chiedono cambiamenti ispirati al mercato, al merito e alla legalità". Nel dettaglio Paolazzi ha spiegato che riguardo al mercato gli italiani "sono favorevoli all'aumento della concorrenza, alla quale continuano ad attribuire valori molto positivi". Riguardo al merito "il 70% è d'accordo che le persone più competenti ottengano riconoscimenti economici superiori". Inoltre sulla legalità "l'88,8% non giustifica l'evasione fiscale come male necessario o perfino giustificato e pensano che l'illegalità non paghi". Le imprese, ha assicurato Paolazzi, affronteranno le sfide adottando strategie incentrate su qualità, innovazione, ricerca di nuovi mercati e alleanze ma "la loro azione non può bastare se non vengono migliorate le condizioni di contesto". TREMONTI: "RIFORMA FISCALE NON SARA' PLATONICA. I RISCHI DELLA CRISI NON SONO FINITI". - Il ministro risponde a Confindustria sulle riforme: "Quella fiscale (definita la riforma delle riforme ndr) non sarà una riforma platonica. Sarà invece una riforma ad alta intensità politica. Non sarà facile ma è necessaria". Il ministro ha poi parlato anche del fatto che i rischi della crisi economica non sono finiti: "Il rischio non è finito: è come in un videogame. La crisi è mutata. Non è stata gestita come nel new deal, non con "chapter11"". LA CGIL: DISOCCUPAZIONE REALE SOPRA L'11,5% - Mentre la Confindustria spinge sulle riforme, il principale sindacato italiano rilancia un nuovo allarme disoccupazione sottolinenando un tasso di disoccupazione reale che supera l'11,5%. Oltre un milione e cinquecentomila lavoratori in cassa integrazione tra ordinaria e straordinaria, nel periodo gennaio-marzo 2010, "considerando un livello medio di ricorso alla cig, ovvero il 50% del tempo lavorabile globale"; se invece si considerano "i lavoratori equivalenti a zero ore per tutto il periodo 2010 si determina un'assenza completa dall'attività produttiva per 629.619 lavoratori". Sono i dati calcolati dall'Osservatorio cig del Dipartimento settori produttivi della Cgil nazionale sulla base degli ultimi dati diffusi dall'Inps che hanno evidenziato la crescita a marzo delle richieste di cassa integrazione del 106,8% rispetto a marzo 2009, pari a quasi 122,6 milioni di ore (122.599.702 ore). Mentre, sottolinea la Cgil, da gennaio a marzo di quest'anno la cassa integrazione ha raggiunto 302.217.009 ore con un aumento sul 2009 del 133,88%. (Redazione online) 09 aprile 2010(ultima modifica: 10 aprile 2010)
LA SFIDA DELLA CRESCITA Guadagnare (tutti) di più si può LA SFIDA DELLA CRESCITA Guadagnare (tutti) di più si può La sfida della crescita è stata posta al centro del convegno a Parma della Confindustria. Dopo un 2009 di forte recessione, la scelta del tema da parte di Emma Marcegaglia è stata puntuale. Se l’economia non riparte, siamo tutti destinati ad avere meno benessere e meno opportunità. Inoltre, le aziende sono in prima linea: la ripresa dipende in larga misura dai loro comportamenti. Per uscire dalla crisi, occorre individuare i vincoli da rimuovere, ma anche disporre di strategie d’impresa credibili ed efficaci. La crescita non è però l’unica priorità. Essa è condizione necessaria, ma forse non sufficiente, affinché le famiglie recuperino sicurezza economica e fiducia nel futuro. Come è già avvenuto dopo la crisi dei primi anni Novanta, potremmo infatti assistere a una ripresa del Pil senza un incremento dei posti di lavoro. La prospettiva è allarmante perché l’Italia è da sempre caratterizzata da tassi di occupazione più bassi degli altri Paesi. La recessione ha fatto salire i disoccupati e, ancor di più, il numero di quanti sono completamente usciti dal mercato del lavoro. Se l’economia riparte, non è scontato che la situazione occupazionale migliori. In questo caso, molte persone resterebbero in condizioni di forte vulnerabilità: oggi in Europa la migliore assicurazione contro la povertà è vivere in una famiglia in cui entrambi i partner lavorano e dunque portano a casa due stipendi. Come far sì che la ripresa, quando verrà, sia davvero accompagnata da maggiore occupazione? L’esperienza degli altri Paesi insegna che assunzioni, disoccupazione, inattività dipendono soprattutto dalle regole vigenti nel mercato del lavoro e dagli incentivi (ad esempio, quelli fiscali) predisposti dallo Stato. L’Italia ha regole che generano eccessi di rigidità e insieme di precarietà lavorativa. I nostri incentivi all’occupazione sono pochi e scarsamente efficaci. Senza riforme, sarà difficile raggiungere l’obiettivo della "crescita con occupazione". C’è poi una terza sfida, che riguarda non tanto la disponibilità, quanto il livello dei redditi. Gli italiani guadagnano poco. La retribuzione media di un nostro lavoratore dipendente scapolo è di almeno il 20%-30% inferiore rispetto a un lavoratore francese, inglese o tedesco. E il divario tende a crescere se consideriamo gli occupati con familiari a carico e persino il reddito complessivo di nuclei in cui entrambi i coniugi lavorano. Il basso livello delle retribuzioni è in buona parte legato alla minore produttività delle imprese italiane e all’inefficienza del sistema-paese in cui esse operano. Ma dipende anche dall’inadeguatezza del nostro welfare. Nei Paesi con cui ci confrontiamo i redditi da lavoro sono sorretti da trasferimenti monetari e crediti d’imposta volti a contrastare la povertà. Su questo fronte siamo davvero molto indietro: il Paese non si sbriciola solo perché dispone di una rete informale di solidarietà parentali che ha molte virtù, ma che genera anche forti sperequazioni ed enormi rigidità. Ripresa dello sviluppo, dell’occupazione, dei redditi: sembra una triade irraggiungibile dopo un annus horribilis come il 2009 e dati i vincoli europei. I tre obiettivi non sono però logicamente incompatibili. Richiedono solo uno sforzo progettuale condiviso per un’"Italia al futuro" (come sostengono gli imprenditori) e soprattutto un impegno politico che oggi non si vede, o quanto meno non appare seriamente rivolto in questa direzione. Maurizio Ferrera 10 aprile 2010
2010-04-09
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it2010-04-10 Berlusconi: "Stop oppressione fiscale" Marcegaglia: "Ottimisti, ma il Paese declina" Il presidente Silvio Berlusconi interviene sulle riforme istituzionali, fiscali e della Giustizia, criticando la televisione pubblica e i disfattisti. Rinnova l'invito all'ottimismo, parla della pubblciità che cresce, dei conti pubblici in ordine e della lotta alla mafia. Promette di disboscare la selva delle norme fiscali. La presidente di Confindustria chiede di andare avanti sul federalismo fiscale e di tagliare i costi della politica: "Dimostrate di essere il Governo del fare" FOTOI volti della giornata di STEFANIA PARMEGGIANI Berlusconi: "Stop oppressione fiscale" Marcegaglia: "Ottimisti, ma il Paese declina" Ore 14.17. Con la certezza del presidente di Confindustria "Ce la possiamo fare", si chiude il convegno su "Libertà e benessere" che ha riunito a Parma 6mila imprenditori. Ore 13.30. Emma Marcegaglia presidente di Confindustria prende la parola e ringrazia il presidente dell'Upi di Parma Daniele Pezzoni. "Per noi - dice - questo convegno serve per voltare pagina. Dobbiamo introdurre una pagina nuova e deve farlo anche il Paese". La leader di viale dell'Astronomia invita il pubblico a un applauso: "Noi siamo il motore del Paese, lo dobbiamo sapere, lo dobbiamo sentire". E chiede agli imprenditori di essere pronti a fare passi significativi. Perché, anche se in un secolo l'Italia ha compiuto passi da gigante, la Marcegaglia ricorda che negli ultimi 7 anni il pil pro capite è rimasto fermo e lo scorso biennio è arretrato del 4%. "Questa è la crisi peggiore degli ultimi 50 anni. Abbiamo lavorato con i sindacati per evitare il peggio, ci siamo uniti, abbiamo ottenuto coesione sociale e non siamo diventati come la Grecia. Ora serve una strategia a lungo termine: è questo il tema su cui dobbiamo lavorare. Se non ci dividiamo possiamo raggiungere il nostro obiettivo". Per affrontare la Cina e i grandi Paesi emergenti, che secondo la Marcegaglia detteranno l'agenda economica dei prossimi anni "si dovrà cambiare modo di produrre. Servirà uno sforzo enorme". Per questo l'imprenditrice chiede l'aiuto del premier Silvio Berlusconi: "Il Paese ci deve capire e seguire per vincere la sfida. Non possiamo più essere lasciati soli. La politica ci aiuti". "La priorità è finanziare le imprese sane, quelle che tornano a scommettere anche in un momento come questo". Poi si sofferma sulle regionali: "C'è una maggioranza di Governo che è uscita rafforzata e con un mandato chiaro. Quindi, presidente, voi ora dovete veramente dimostrare di essere il Governo del fare". L'obiettivo è lavorare "per cambiare la logica di uno stato che carica costi e inefficienze su imprese e cittadini". In altre parole colpire le spese inutili e i costi della politica. "Il bravo ministro Calderoli ha presentato un disegno legge per cancellare gli enti inutili. Questo testo dorme in parlamento, per favore approvatelo subito". Marcegaglia chiede anche di cancellare i consiglieri delle municipalizzate, insomma di intervenire sui costi della politica e dell'apparato pubblico perchè si pone "anche una questione di giustizia". Il presidente di Confindustria ha poi chiesto di continuare nella lotta alla criminalità organizzata, di portare avanti il piano casa, di puntare su ricerca e innovazione: "So che i soldi sono pochi, ma il Governo deve fare delle scelte. Ti chiediamo un miliardo di euro l'anno sulla ricerca per i prossimi tre anni". Sempre sull'Università ha fatto i complimenti al ministro Gelmini: "Per la prima volta sono introdotti nell'Università meccanismi che abbattono le baronie per cui noi appoggiamo la riforma, ma ci risulta che in parlamento ci sono degli emendamenti che se approvati l'affosserebbero e quindi chiediamo di andare avanti con coraggio". Tema fondamentale è l'Irap: "Ti preghiamo di ragionare su questo punto perchè per noi è fondamentale. Le imprese la pagano e non è neanche deducibile". Poi il federalismo fiscale: "Una grande occasione per responsabilizzare gli amministratori e ridurre gli sprechi. Su questo punto vogliamo che la Lega faccia sul serio, è arrivato il momento di un vero federalismo fiscale. Questo significa riduzione di sprechi e quindi della spesa pubblica". "Ci sono due governatori appena eletti, nel Lazio e in Calabria, che hanno cominciato male. Sono andati a Palazzo Chigi per chiedere la diluizione del rientro dai deficit sanitari. Cosi' il federalismo non funziona". Sull'energia nucleare Marcegaglia dice che è necessario andare avanti: "Ma bisogna fare delle scelte, questo è il momento di farlo e noi siamo pronti a sostenervi". Così come è necessario "il piano per il taglio della spesa pubblica corrente", "gli investimenti sulle infrastrutture". "Caro presidente noi chiediamo a te di prendere degli impegni, ma li prendiamo anche noi. Non siamo pessimisti, continueremo ad investire e ad andare nel mondo". L'augurio finale: "Tutti insieme dobbiamo infondere al paese la voglia di fare, di correre, di vincere, di guardare al suo futuro con maggiore ottimismo che ora. Se guardo questa platea oggi, la nostra forza, capisco che ce la possiamo fare". 12.25 Prende la parola il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. "I cento anni di Confindustria sono un avvenimento che segna la storia del Paese e sono felice che siate così tanti". Poi il cordoglio per la Polonia: "'Purtroppo ho avuto una notizia negativa questa mattina. C'è stato un disastro aereo, è caduto l'aereo del presidente della repubblica polacca, Lech Kaczynski. Ero personalmente amico del Presidente e a questo lutto noi partecipiamo con il cuore". Dopo una notizia tragica una buona notizia: "Voi sapete che sono diventato, per gli amici dell'opposizione, Nerone, Hitler, Saddam... E ricordandomi della potenza che posso esprimere ho fatto un atto d'imperio. E' nata la figlia del ministro Gelmini e la mia imposizione è stata: la chiamiamo Emma". Dopo l'annuncio Berlusconi tocca il tema delle riforme istituzionali: "Cosa hanno fatto i padri costituenti quando si è trattato di scrivere la Costituzione italiana? "Hanno cercato di evitare che potesse nascere un nuovo regime e così tutto il potere è alle Camere, l'esecutivo non ha nel nostro assetto alcun potere". Berlusconi commenta la firma tra Stati Uniti e Federazione russa sulla riduzione delle armi nucleari: "I giornali italiani non hanno dato sufficiente rilievo alla notizia", ricordando il suo impegno cominciato nel 2002 a Pratica di Mare, considerandolo "un successo della politica estera italiana". Rivendica di aver convinto i presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev a riprendere le trattative, minacciando che se non lo avessero fatto non li avrebbe ricevuti al G8 di L'Aquila. "Noi siamo convinti che occorre modernizzare l'Italia, che bisogna liberare cittadini e imprese da oppressioni fiscale, burocratica e giudiziaria e stiamo lavorando in molti direzioni. Un esempio? "La digitalizzazione completa della pubblica amministrazione". "Da troppe parti si dice che il nostro paese sta declinando. Noi saremo nel 2010 il Paese con il più basso deficit primario" e ancora "abbiamo avuto una diminuzione del Pil". "Questa crisi pur avendo esercitato delle conseguenze negative ha fatto venire fuori dei punti di forza del nostro sistema. Io ho segnato 12 provvedimenti anticrisi". Dal '99 al 2007 "la nostra produzione manifatturiera è stata più alta della Germania e della Francia". Dopo avere elencato i suoi successi e "l'idea geniale del buono-casa" che è stata "bloccata dalla burocrazia" ha elogiato Confindustria che ha permesso all'Italia di reggere nonostante la crisi e di essere terzi per calo di esportazione all'interno del G6. Secondo Berlusconi: "Non siamo un paese in declino'' ma ''abbiamo consapevolezza di tutti i gravi problemi che ci affliggono''. Centrale anche il ruolo delle famiglie che hanno sì perso ricchezza, ma meno degli Stati Uniti e dell'Inghilterra con una tenuta che è tra le più alte nel mondo. Così come "il patrimonio immobiliare ha perso meno valore" che in altre nazioni. "Senza farci fare toccare da pessimismo, disfattismo" secondo Berlusconi bisogna guardare avanti con fiducia. Racconta che il figlio, che si occupa delle sue azienda, "mi ha detto che la pubblicità in Italia è cominciata a risalire e questo è un indicatore importante di come sta andando l'economia". "Il Governo ha maggioranza solidale, coesa per fare approvare dal parlamento le riforme". ''La riduzione della spesa pubblica è il nostro obiettivo prioritario''. E le riforme istituzionali "sono la prima in ordine d'importanza, ma forse la posticiperemo in calendario". "La riforma del sistema fiscale è urgente, difficile. Tremonti non è entrato nella materia, ci stiamo entrando. C'è una selva di leggi che rende difficili le cose. Bisogna disboscare la selva delle leggi fiscali, arrivare a norma certe". Terza riforma dopo quella costituzionale e fiscale, è la riforma della giustizia civile: "Prima di passare da una legge varata a una realtà che cambia ci vuole molto tempo". Il punto finale "è il dimezzamento delle cause del processo civile". "Sulla giustizia penale vi parla il più grande imputato di tutti i tempi. Ho avuto più udienze, 2550 udienze, dei giorni che ho governato. Ho giurato sui miei figli che nessuno dei fatti che mi sono stati attribuiti, messi in campo per tenermi sulla griglia penale, sono veri". L'affondo è anche alla Corte costituzionale "che abroga le leggi che non piacciono alla sinistra". Un'altra riforma che stiamo attuando è quella della legalità nel sud: "Abbiamo messo in campo azioni contro le criminalità organizzate come nessun altro paese. Arrestati più di 4mila persone appartenenti ad organizzazioni criminali, molti tra i più pericolosi latitanti e confiscati più di 10 milioni di euro. Falcone diceva che non è vero che la mafia è imbattibile, noi vogliamo dimostrare che aveva ragione Falcone". Parla poi della scuola, "troveremo i fondi" e delle intercettazioni. Chiede alla platea di alzare la mano se pensano di non essere mai stati intercettati: nessuno la alza. Gli chiede di alzarla se pensano di essere stati intercettati: la alzano tutti. "Vedete e non perchè avete scheletri nell'armadio, ma perchè al telefono si parla apertamente". "A breve il Senato discuterà il testo sulle intercettazioni, una legge che ci darà la possibilità di parlare liberamente al telefono. Ciò che dite al telefono, se scritto su un giornale, acquista ben altro significato. Le prove acquisite mediante le intercettazioni possono essere manipolate, tanto più quando passano ai giornali. Anch'io sono stato registrato per ben 18 volte da una Procura che non aveva alcuna competenza: vorrei che tutte le intercettazioni che mi hanno riguardato venissero pubblicate". Conclude criticando la televisione pubblica: "Basta con i processi in tv", in quella pubblica "pagata con i soldi di tutti i cittadini''. E incassa il più lungo applauso di tutto il convegno. Ore 12.15 Al termine dell'intervento di Bonanni, prende la parola il professor Nouriel Roubinì della New York University: "Il mio contributo è rivolto all'uscita della crisi. il tema è come fare in modo che la ripresa sia costante e forte nel tempo. Entrerò nel dettaglio di alcune riforme". Parla della Grecia, "il cui problema è condiviso da altri Paesi dell'Eurozona" e che non può essere lasciata fallire "perchè coinvolgerebbe altri". "Tutti i paesi non possono essere messi nello stesso calderone. Nel caso dell'Italia i problemi fiscali sono meno gravi di altrove". "In tutti i paesi bisogna riprestinare competività" ed esistono pochi modi per farlo: "Il primo è inacettabile ed è l'inflazione". Il modo giusto "è accelerare le riforme che possono aumentare la produttività. Farle quando c'è la crisi è più difficile, ma non c'è alternativa, o si fanno o ci sarà uno stress economico-finanziario". Quali sono le riforme? "Sono quelle strutturali, fiscali e del mercato del lavoro". Roubinì interviene anche sul tema del federalismo fiscale: "E' giusto, ma ci deve essere anche una equità tra le Regioni, non si può ignorare il sud dell'Italia che ha bisogno di essere risollevato". In sostanza, parlando della pressione fiscale, dice che deve essere ridotta ma con "una base più ampia" e quindi lavorando sull'emersione del lavoro nero. Sui lavoratori dice che vi deve essere più flessibilità, ma comunque tutele. Ore 11.58. Arriva il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, accompagnato dalla numero uno di viale dell'Astronomia, Emma Marcegaglia. E' accolto da un applauso dalla platea di industriali. Ore 11.56. Bombassei, vicepresidente Confindustria per le relazioni industriali, affari sociali e previdenza, interviene dopo Bonanni con una battuta sui lunghi applausi che sono stati rivolti al segretario Cisl dalla platea: "Non può prendere la tessera onoraria di Confindustria". Occorre che l'Italia trovi mercati nuovi: non Ore 11.12. Comincia la tavola rotonda a cui intervengono Alberto Bombassei, Raffaele Bonanni, Mario Monti, Corrado Passera, Maurizio Sacconi. Modera Gianni Riotta (Sole24Ore) che salutando la platea dei suoi azionisti promette: "Saremo sempre dalla vostra parte". Il tema è "Pronti al cambiamento, il ruolo delle istituzioni". Bonanni è chiamato, a distanza, a rispondere a quanto dichiarato ieri da Epifani sulla vicenda Fiat, ricordando la delocalizzazione dalla Polonia a Napoli della produzione della Panda. E poi sulle vertenze con il Governo: "La Cisl e la Uil hanno approvato la flessibilità pur di innovare e investire. Non è normale il comportamento di chi ostacola, non è d'accordo e pone i propri veti". Applauso dalla platea. "La parte maggioritaria del sindacato italiano, grazie a Dio, si prende le sue responsabilità mentre c'è una parte minoritaria che ancora insiste su vecchi rischi con un comportamento non consono al periodo della nostra vita". Poi parla del fisco, tema al centro della discussione di ieri: "Siamo stufi di essere servi della gleba di un sistema feudale come quello italiano, bancomat delle regioni, dello Stato e adesso anche della Provincia. C'è un problema di tasse eccessive in cambio di disservizi molto ampi. A voi - dice rivolgendosi agli imprenditori - va un po' meglio, ma siete comunque valvassini al servizio di vassalli", con una pressione fiscale "eccessiva". Per questo è necessario "un patto tra datori di lavoro e lavoratori" per dire alla classica politica italiana che i soldi si trovano "attraverso una maggiore effcienza", meno poltrone e la riduzione degli stipendi ad esempio dei governatori "che prendono più del presidente della California", punendo come diceva Tremonti "i ladri ricchi delle regioni povere", riducendo le poltrone, ad esempio nella sanità "dove in media c'è un dirigente ogni dieci dipendenti". La critica ai costi della politica suscita un nuovo applauso della platea. Conclusione sulle riforme istituzionali che servono "ma non devono essere per la classe politica un modo per parlare ancora di se stessi". Ennessimo e conclusivo applauso degli imprenditori al segretario della Cisl. Ore. 10.50. Prende la parola il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: "Noi dobbiamo liberare il lavoro e lo dobbiamo fare soprattutto in un Paese come il nostro dove è stato caricato da un sovraccarico ideologico". Come fare? Prima di rispondere elenca che "cosa abbiamo fatto negli anni scorsi per riprendere il percorso avviato da Marco Biagi". Tra gli esempi una metafora: "Abbiamo dato direttive alle autorità di vigililanza perchè gli ispettori non limino le unghie alle zanzare, ma vadano a cercare gli elefanti che pascolano liberi soprattutto nelle praterie del mezzogiorno". Sacconi spiega: "Aggiusteremo il disegno di legge sull'arbitrato confermando l'utilità di un arbitrato che è una opportunità in più per i lavoratori e le imprese rispetto al grande contenzioso esistente che deve essere deflazionato trovando soluzioni tempestive''. Ancora: "Presenteremo un piano triennale per il lavoro nel quale è compreso il passaggio, dopo quarant'anni, dallo statuto dei lavoratori allo statuto dei lavori''. Quando? ''Dopo i passaggi con le parti sociali'' che probabilmente verranno convocate entro maggio, quando si festeggeranno i quarant'anni dello statuto. Oltre alle politiche di liberazione del lavoro dalle tutele unilaterali, dall'illegalità e dalle eccessive rigidità, il ministro si è lasciato andare a un giudizio sugli anni '70: "Organizziamo insieme una difesa della cultura del lavoro rispetto a quel nichilismo che purtroppo dagli anni Settanta, dai peggiori anni della nostra vita per coloro che li hanno vissuti, si è diffuso con effetti perversi negli ambiti dell'educazione in modo particolare, oltre che nell'editoria e nella magistratura''. ''C'è chi dice -ha proseguito- che l'inserimento di quella generazione in questi ambiti sia stato dovuto ad una logica gramsciana, all'occupazione delle casematte per costruire una società diversa e migliore. Io ho sempre avuto un'opinione diversa: che si siano, come direbbero a Roma, infrattati in questi ambiti lavorativi per una scelta molto più banale: sempre meglio che lavorare''. Ore 10.20. Prende la parola il presidente della banca centrale europea Jean Claude Trichet: "Ho dinnanzi a me l'Italia che produce". Citando luigi Einaudi "uno dei padri della letteratura finanziaria pubblica" elogia le caratteristiche di forte pragmatismo degli imprenditori italiani che fondarono Confindustria 100 anni in un momento "drammatico per la contrazione bancaria". Poi le analisi sulla situazione presente e sul futuro: "La ripresa sarà molto irregolare nel tempo tra una regione e l'altra. Così come accadde nel 1907 l'Italia è stata colpita duramente" però come già accaduto nel passato crede che "sarà in grado di riprendersi". "La ripresa in Italia e in Europa comincerà nel 2010 ma sarà moderata". Questo scenario, secondo Trichet, non sarà limitato al panorama europeo: ''Nel secondo trimestre dell'anno, l'economia globale comincerà a emergere dopo una prolungato periodo di tempesta finanziaria''. Il giudizio sull'Italia e la sua politica di bilancio nei medio termine è positivo: ''La prospettiva di medio termine ha guidato la politica di bilancio in Italia durante la crisi. Il ministro dell'Economia ha resistito alle pressioni per l'introduzione di stimoli fiscali che vadano oltre l'alleggerimento che deriva dall'azione degli stabilizzatori automatici. Questa è una strategia appropriata, dato il suo scottante debito pubblico e in prospettiva della sua evoluzione nel lungo termine''. Positivo anche il giudizio sulle banche italiane "più lucide" rispetto a quanto è successo nel mondo. La conclusione: "Abbiamo una piattaforma solida per costruire il nostro futuro. L'Italia rimane una economia manifatturiera, in cui la finanza è un sostegno all'economia reale" e in cui va riconosciuta anche "la prudenza bancaria". "Noi dobbiamo dare stabilità ai prezzi, voi dovete consolidare la vostra competitività". Ore 10.00 Ieri i cinquemila imprenditori riuniti a Parma hanno chiesto al Governo di voltare pagina sull'economia, paventando un futuro a tinte fosche. Oggi, attesa per l'intervento di Berluscono e per le analisi del presidente della Bce Jean Claude Trichet. I lavori sono aperti dal presidente regionale di Confindustria Anna Maria Artoni. Assente il governatore Vasco Errani. "Vi trovate nel cuore dell'Europa avanzata", ha esordito Artoni ricordando il Pil della regione, i tassi dell'occupazione tra i più bassi del paese, l'alta qualità della vita e la capacità d'innovazione delle sue imprese. La descrizione dei risultati raggiunti in Emilia Romagna è lo spunto per parlare della crisi e delle capacità da mettere in campo per rispondere alla crisi e alla stagnazione dell'economia. "La libertà, che è anche un potente ascensore sociale, necessario per premiare il merito e il benessere" si deve accompagnare a un cambio di passo che liberi le piccole e medie imprese dalle briglie in cui si dibattono. "A pochi giorni dalle elezioni regionali è evidente la necessità che le Regioni imparino a mettere al centro l'impresa e le crescita. Non possono essere solo gestori degli ospedali". Il presidente degli industriali emiliano-romagnoli pensa "alle leggi e alla conoscenza" su cui si deve investire. Ore 9.50. A margine dell'assiste interviene anche il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: "Le riforme istituzionali e le riforme economiche sono due facce della stesa medaglia che riguarda proprio la libertà di crescere e di creare lavoro''. Lo ha detto in occasione del convegno di Confindustria a Parma, il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, secondo il quale ''gli imprenditori sanno che il paese ha bisogno di stabilità politica. La libertà economica si muove solo in un contesto stabile nel quale vi sia una giustizia giusta e maggiori certezze''. Ore 9.45. A margine del convegno le dichiarazioni di Corrado Passera: ''E' indubbio che ci sono segnali di miglioramento rispetto agli anni scorsi, ma sono d'accordo con Tremonti sul fatto che siamo ancora nel pieno di un anno molto difficile'', dice il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Avverte: ''Speriamo che possa essere meno difficile del 2009, ma è sicuramente difficile per l'economia quindi la societa'''. Per Passera, quindi, ''la priorità deve essere stimolare la crescita per creare posti di lavoro''. Quanto alle ricette per uscire dalla crisi, ''bisogna rimettere velocità nel sistema''. Quindi, ''la riforme delle riforme, che non costa nulla, ma può mettere in moto crescita e lavoro, è quella dei meccanismi decisionali: in questo Paese ci vuole troppo tempo per prendere qualsiasi tipo di decisione, per esempio per fare una infrastrutture metterci venti anni, invece che 2 o 5 come altri Paesi riescono a fare, significa rinunciare a posti di lavoro, investimenti, e crescita''. (10 aprile 2010)
"Chiamerò gli italiani al referendum per dare il sì alla Terza Repubblica" "Bersani non saprà resistere a Di Pietro e a Grillo. Non si comporterà come Togliatti nel '48" Il piano segreto del Cavaliere "Fini sta sbagliando ancora" di CLAUDIO TITO Il piano segreto del Cavaliere "Fini sta sbagliando ancora" ROMA - "La Lega cerca l'accordo con la sinistra perché non vuole il referendum. Ma è un errore. Sto facendo una gran fatica per convincere Umberto, ma ci riuscirò". Il referendum dobbiamo farlo e dovrà esserci un solo quesito. Perché la "Grande Riforma" va fatta salire su un vagone unico, un solo disegno di legge". Presidenzialismo, federalismo, giustizia. Sono questi i tre corni del progetto (non la legge elettorale) che Silvio Berlusconi si è piazzato da qualche giorno in bella vista sulla scrivania di Palazzo Chigi. Un disegno che tecnicamente sta ancora prendendo forma, ma che negli obiettivi del Cavaliere ha già assunto una precisa fisionomia. E una scadenza: il 2013. Quando si chiuderà la legislatura e anche il mandato presidenziale di Giorgio Napolitano. Due appuntamenti che nella sua "road map" segreta vanno via via sempre più sovrapponendosi. Dopo la conferenza stampa di ieri a Parigi e nei colloqui avuti l'altro ieri sera ad Arcore, il premier ha tracciato con i fedelissimi il percorso che intende seguire nei prossimi tre anni. Una strategia puntellata di precauzioni e preoccupazioni. È infatti convinto che con il Senatur "dovrò spezzarmi in due" per persuaderlo. Ed è poi cosciente che con Gianfranco Fini sarà tutto più complicato. A Via del Pebiscito, guardano infatti con diffidenza alle mosse del presidente della Camera: il feeling con Pier Ferdinando Casini, il dialogo con l'opposizione, la sponda con Giorgio Napolitano. Eppure, ragiona il presidente del consiglio, "non si è accorto che il capo dello Stato si sta comportando bene. Anche oggi è stato corretto". L'inquilino di Montecitorio, invece, "sta sbagliando, il referendum spazzerà via tutte le ambiguità".
Nella traiettoria che il premier ha tracciato, del resto, ci sono già dei punti fermi: non intende, ad esempio, segnare le riforme con la sola bandiera del federalismo. "Non ripeteremo l'errore del 2006. Il referendum solo sulle tesi leghiste era destinato alla sconfitta. Ma se puntiamo sul presidenzialismo e su un pacchetto unico e complessivo, gli italiani capiranno". Il referendum confermativo non prevede quorum e per questo la sfida del Cavaliere consiste nel persuadere elettori sul merito della "svolta". "L'Italia - ragionava ieri tornando in Italia da Parigi - è ormai pronta per il presidenzialismo. La gente vuole scegliere direttamente e io continuo a fare politica solo perché credo di poter lasciare il segno". Per di più, con un solo disegno di legge la campagna elettorale non potrà concentrarsi solo sul capitolo giustizia. Che Palazzo Chigi considera il più delicato. Sta di fatto che l'orizzonte del riforme, per Berlusconi, sta diventando sempre più lo strumento per accreditarsi con una veste nuova a fine legislatura. Un nuovo profilo per presentarsi di nuovo alle urne per candidarsi alla guida - da Palazzo Chigi o dal Quirinale - della "Terza Repubblica". "Lasciare il segno", un refrain che ormai il Cavaliere ripete a tutti. Un risultato da conseguire nei prossimi tre anni per non rischiare "un ritorno alla Prima Repubblica". Un traguardo, però, che impone il superamento dei dubbi "lumbard" e "l'abbattimento" delle resistenze del presidente della Camera. Basti pensare a quel che dice della legge elettorale. Il modello semipresidenzialista francese va costruito senza il doppio turno perché l'attuale sistema "ha funzionato bene, ha tutelato il bipolarismo e la stabilità, ha portato in Parlamento solo cinque gruppi. Non accetterò mai che venga cambiato. Lo sappia anche Gianfranco". Il suo timore "ufficiale" è che si ritorni ad un meccanismo che favorisca "i boss locali e il malaffare". Quello "ufficioso" è fondato sulle paure che il doppio turno coalizzi tutti gli "anti-Berlusconi" mentre la Lega può correre da sola al primo turno. Persino le richieste pervenute da Bersani rafforzano l'opzione referendaria. "Io vorrei l'accordo con la sinistra, lo vorrei tanto, ma temo che saremo costretti a fare da soli. Lavorare solo sul Senato federale e sulla riduzione dei parlamentari, come chiede il segretario Pd, equivale a non fare niente. Vedo che pure Violante sostiene questa tesi. Ma a che serve? La verità è che non hanno un leader, non hanno uno in grado di "tenere", di difendere le mediazioni come fece Togliatti nel '48. Non sapranno resistere a Di Pietro e a quel Grillo. Dovranno dirci di no e noi procederemo con il referendum". Il percorso triennale studiato da Berlusconi terminerà dunque con la legislatura. E negli ultimi giorni, il presidente del consiglio ha ricominciato a parlare del suo "futuro" in politica con uno sguardo di lungo periodo. "Io - si è sfogato con i suoi - vorrei tanto poter fare un passo indietro. Comportarmi come con le mie aziende: ho trovato una persona di cui fidarmi come Fedele che le gestisce benissimo. Ma un Confalonieri in politica non l'ho trovato". Eppoi ha azzardato un paragone che ha lasciato tutti di stucco e ha insinuato il sospetto anche tra lo staff: "Mi dicono che nel 2013 sarei troppo vecchio, eppure io vedo quanto è attivo Napolitano. E allora perché non posso andare avanti io che sono pure più giovane?". © Riproduzione riservata (10 aprile 2010) Tutti gli articoli di Politica
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L'UNITA' per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.unita.it2010-04-10 "Riscaldamento globale non c'è, ho preso raffreddore..." Ennesimo siparietto del premier davanti agli industriali: "L'economia va bene, c'è solo una cosa da cambiare in Italia: la Costituzione...". Ecco le altre Frasi. L'accordo Start 2 firmato nei giorni scorsi a Praga tra Usa e Russia è "un successo significativo della politica estera italiana". Lo ha sottolineato il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, parlando al convegno della Confindustria a Parma. Il premier ha rivendicato di aver convinto i presidenti Barack Obama e Dmitri Medvedev a riprendere le trattative, minacciando che se non lo avessero fatto non li avrebbe ricevuti al G8 di L'Aquila. "Ho fatto un atto di imperio. La figlia del ministro Gelmini si chiamerà Emma". Lo ha detto il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che intervenendo a Parma all'assise degli industriali ha detto: "I signori amici dell'opposizione mi indicano con i nomi più svariati, sono diventato Nerone, Saddam Hussein, Hitler. Mi sono ricordato che tutta questa potenza che potevo esprimere e ho imposto a un mio ministro che aspettava una bimba un nome che mi stava a cuore. È nata la figlia del ministro Gelmini -ha concluso il premier- e la mia imposizione è stata, la chiamiamo Emma". La Costituzione attribuisce tutti i poteri al Parlamento mentre il governo non ne ha nessuno. Lo ha sottolineato il premier Silvio Berlusconi, intervenendo al convegno di Confindustria a Parma. "I padri costituenti - ha detto Berlusconi - hanno definito un assetto istituzionale che dà tutti i poteri alle assemblee parlamentari: l'esecutivo non ha nessun potere nel nostro sistema costituzionale". "Bisogna anche liberare i cittadini dalla "oppressione giudiziaria"". Silvio Berlusconi rilancia poi le riforme di fisco e giustizia con l'obiettivo di modernizzare il paese. "La prima riforma è quella istituzionale" e "una delle cose importanti è dare al presidente del Consiglio i poteri che hanno suoi colleghi degli altri paesi europei". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento al Forum di Confindustria 'Liberta' e benessere: l'Italia al futurò a Parma. "La nostra situazione è quella di un paese che ha un assetto istituzionale che deriva dal fatto che i padri costituenti hanno temuto prima di qualunque altra cosa che si potesse tornare a condizioni che consentissero la nascita del regime: è venuto fuori un assetto che dà tutto il potere alle assemblee: nella nostra costituzione l'esecutivo non ha nessun potere". Questo un passaggio dell'intervento di Silvio Berlusconi al forum di Confindustria di Parma. La riforma del fisco "é urgente, difficile complessa". Lo dice il presidente del consiglio Silvio Berlusconi nel suo intervento a Parma al convegno di Confindustria. "Disboscheremo la selva delle leggi fiscali - promette Berlusconi - per arrivare a un codice certo di tutte le leggi fiscali". "Speriamo di vedere un mondo senza più armi nucleari" e la firma del trattato Start 2 tra Usa e Russia è anche "un successo significativo della politica estera italiana". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento al Forum di Confindustria 'Liberta' e benessere: l'Italia al futurò a Parma. "I giornali italiani - aggiunge il premier - non hanno dato sufficiente rilievo alla firma sullo Start due per una riduzione fortissima delle armi nucleari". "Io credevo che tutto potesse dirsi concluso nel 2002 con la firma di Pratica di mare - aggiunge - Poi con l'ultima fase della presidenza di Bush e Condoleeza Rice i rapporti si raffreddarono e si arrivò a non parlare più. Ci fu il cambio del presidente e io ho lavorato per mettere i due paesi in contatto". "Non siamo un paese in declino" ma "abbiamo consapevolezza di tutti i gravi problemi che ci affliggono". Lo afferma il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso del suo intervento al Forum di Confindustria 'Liberta' e benessere: l'Italia al futurò, a Parma. 10 aprile 2010
2010-04-09
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il SOLE 24 ORE per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.ilsole24ore.com2010-04-10 Marcegaglia al governo: basta promesse, impegni e tempi precisi su fisco e infrastrutture 10 aprile 2010 Berlusconi: "L'Italia non è un paese in declino". Trichet: "Riforme cruciali" Basta con le promesse generiche: Confindustria ora chiede con forza al governo impegni precisi con tempi precisi. Riforma del fisco, taglio alla spesa pubblica improduttiva e soldi per infrastrutture, ricerca e innovazione. Lo ha affermato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, concludendo il convegno biennale del Centro studi Confindustria. "Vogliamo impegni precisi con tempi precisi. Non chiediamo solo le riforme che sono le solite e che purtroppo in questo paese non sono mai state fatte, chiediamo al premier Silvio Berlusconi, tempi precisi. Chiediamo da subito da qui a fine anno un piano serio per tagliare la spesa pubblica improduttiva". Marcegaglia ha insistito inoltre sul tema del taglio delle tasse - in convergenza con l'intervento del premier Berlusconi - chiedendo un immediato sostegno in questo senso, soprattutto per "chi tiene in piedi il paese" cioè imprese e lavoratori. Il presidente degli industriali, replicando a Berlusconi, ha detto che non si può aspettare tre anni per la riforma del fisco ma bisogna fare qualcosa subito a partire dal taglio dell'Irap. "Le tasse vanno abbassate", ha detto Marcegaglia. La situazione fiscale in Italia è molto problematica, c'è un'enorme evasione fiscale e chi paga le tasse ne paga una quantità insostenibile. Bisogna mettere mano alla riforma è un fatto molto importante. Fare la riforma nel triennio - ha proseguito - è importante e noi collaboriamo ma non possiamo aspettare tre anni vogliamo vedere qualcosa subito. Serve abbassare le tasse su chi tiene in piedi il Paese: le imprese e i cittadini". E in particolare come primo passo tagliare l'Irap. Gli industriali chiedono 2,5 miliardi di investimenti in infrastrutture, ricerca e innovazione entro fine maggio. "Siamo fermi - ha proseguito il numero uno di Confindustria - perchè siamo stati colpiti fortemente dalla crisi, in questi due anni abbiamo perso il 6% di Pil ma in realtà abbiamo smesso di crescere da 10 anni e la ricchezza per ogni persona in Italia è diminuita rispetto all'Unione Europea del 7 per cento. Non è solo la crisi di questi due anni ma un processo di più lungo termine. Dobbiamo fermare questo processo perchè meno crescita vuol dire più problemi per l'occupazione e per l'economia". A stringere i denti, ha proseguito Marcegaglia, non possono essere più solo cittadini e le imprese, anche il governo deve fare la sua parte tagliando la spesa pubblica improduttiva: entro il 2010 questo taglio deve essere pari all'1% del Pil per tre anni e chiede all'esecutivo un "piano triennale" di taglio di spesa corrente. "Chiediamo a fine anno - ha affermato la leader di Confindustria - un piano per tagliare la spesa improduttiva. Vogliamo un impegno preciso per il taglio di spesa corrente all'anno pari all'1% di Pil per tre anni". Confindustria, attraverso il suo presidente, lancia una sfida: far crescere il prodotto interno lordo del 2% l'anno in tre anni e questo significa molti posti di lavoro in più. "È venuto il momento di cambiare per poter tutti insieme riprendere a crescere. Lanceremo la sfida - ha affermato Marcegaglia - di una crescita del 2% di Pil all'anno per tre anni e questo vuol dire 50 miliardi di euro in più di ricchezza e 700.000 posti di lavoro in più. È una sfida importante che tutti noi dobbiamo portare avanti". Al presidente del Consiglio, Marcegaglia ha chiesto un impegno "molto forte anche a livello europeo" nei confronti delle banche, perchè "se non riaprono i rubinetti del credito andiamo tutti a fondo". "Chiediamo un impegno importante a favore dell'industria", ha ribadito la presidente degli industriali. Trichet: bene Tremonti, ma l'Italia ha bisogno di riforme "Nell'area euro ci attendiamo una crescita moderata nell'anno corrente". È questa la previsione del presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet durante il suo intervento al convegno di Confindustria a Parma. "Mentre entriamo nel secondo trimestre del 2010, l'economia globale ha solo iniziato a emergere da un periodo prolungato di caos. Il recente declino nel commercio internazionale è stato forte, rapido e eccezionalmente sincronizzato. Questo significa che la ripresa in Europa è probabilmente incerta, e diseguale nelle diverse regioni, paesi e settori economici dell'Ue". Il governatore ha espresso un giudizio positivo sull''Italia e la sua politica di bilancio nel medio termine: "Il ministro dell'Economia ha resistito alle pressioni per l'introduzione di stimoli fiscali che vadano oltre l'alleggerimento che deriva dall'azione degli stabilizzatori automatici. Questa è una strategia appropriata, dato il suo scottante debito pubblico e in prospettiva della sua evoluzione nel lungo termine". Anche le banche italiane hanno superato la crisi grazie a "un elevato livello di lucidità". Bisogna comunque sottolineare, aggiunge Trichet, che c'è esitazione da parte degli istituti bancari europei nella concessione del credito alla imprese anche se l'Italia fa parte dei Paesi in controtendenza. Il governatore ha poi concluso il suo intervento con una ricetta per uscire dalla crisi che punta sulla ristrutturazione di processo e di prodotto: "Molti paesi dell'area euro hanno adeguato il loro portafoglio di esportazioni alle innovazioni tecnologiche delle economia avanzate. In Italia, la maggior parte delle imprese con più di 20 dipendenti ha avviato processi di ristrutturazione. Molte di loro hanno cominciato a consolidare il proprio livello tecnologico e a diversificare i mercati di riferimento". Un processo di ristrutturazione generalizzato che secondo il presidente della Bce "farà delle imprese europee e italiane le più preparate per affrontare i mercati internazionali". Corrado Passera: "Stimolare la crescita per creare posti di lavoro" "È indubbio che ci sono segnali di miglioramento rispetto agli anni scorsi, ma sono d'accordo con Tremonti sul fatto che siamo ancora nel pieno di un anno molto difficile", dice il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo. Il 2010, avverte, "speriamo che possa essere meno difficile del 2009, ma è sicuramente difficile per l'economia quindi la società". Per Corrado Passera, quindi, "la priorità deve essere stimolare la crescita per creare posti di lavoro". Quanto alle ricette per uscire dalla crisi, per Corrado Passera "bisogna rimettere velocità nel sistema: in questo Paese ci vuole troppo tempo per prendere qualsiasi tipo di decisione, per esempio per fare una infrastrutture metterci venti anni, invece che 2 o 5 come altri Paesi riescono a fare, significa rinunciare a posti di lavoro, investimenti, e crescita" 10 aprile 2010
Berlusconi: "Priorità a riforme istituzionali, fisco e giustizia" dall'inviato Lina Palmerini 10 aprile 2010 Le riforme istituzionali "che forse posticiperemo" e il fisco che è l'intervento più "urgente, difficile, complesso". Silvio Berlusconi, molto applaudito dalla platea di imprenditori arrivati al convegno di Parma, promette tre anni di lavoro e di riforme anche se – su quella che più interessa le imprese, appunto il fisco – non entra nel dettaglio. Una promessa chiara la fa: "disboscare la selva delle leggi fiscali per arrivare a un codice certo". Nessun altro dettaglio se non sostenere la linea del rigore del "geniale" Giulio Tremonti, che è stato fermo nella difesa della finanza pubblica. Smonta anche le accuse sul declino economico italiano citando dati sulla tenuta dell'impresa manfatturiera e delle famiglie. Chiuso il capitolo economico, il premier arriva a quello dell'assetto istituzionale per difendere ancora la forma semipresidenzialista ma chiarendo che l'elezione diretta del capo dello stato e del parlamento deve avvenire in un turno unico evitando, così, la possibilità che si formino maggioranze di colore diverso. "Il ministro Calderoli, piè veloce, ha già portato una bozza al Quirinale ma state sereni che la riforma verrà discussa in tante sedi e con un'apertura totale". E poi forse il capitolo più prevedibile, perchè quello su cui batte spesso il presidente del Consiglio: la giustizia. "Riduzione dei tempi del processo cvile" ma soprattutto riforma del processo penale. Qui arriva l'affondo a frange della magistratura che usano la giustizia come arma politica e alla Consulta che ha "11 membri di area di sinistra contro i 4 di area di centro-destra". Infine le intercettazioni, e qui Silvio Berlusconi dialoga con la platea chiedendo – con alzata di mani – quanti sentano la loro privacy violata. Le mani su sono tante e allora promette l'approvazione della legge in tempi rapidi. 10 aprile 2010
Tremonti agli imprenditori: fisco riforma delle riforme
9 aprile 2010 Giulio Tremonti e Emma Marcegaglia (Infophoto) La newsletter di Radiocor sulle strategie per uscire dalla crisi Pil pro capite in caduta negli ultimi dieci anni, per far ripartire la crescita sono necessarie le riforme strutturali altrimenti nel 2014 sarà 10 punti sotto la media Ue. A lanciare l'allarme è il direttore del Centro studi di Confindustria, Luca Paolazzi, aprendo il convegno "Libertà e benessere: l'Italia al futuro", organizzato nell'ambito delle celebrazioni del centenario di viale dell'Astronomia. Il Pil pro capite, tra il 2000 e il 2009, è arretrato "del 4,1%", dice Paolazzi, e dagli inizi degli anni '90, quando era a 106% rispetto a una media Ue pari a 100, ha perso "11 punti", una tendenza che "proseguirà nei prossimi anni" e nel 2014 si attesterà "al 90% contro il 95% del 2009", dieci punti in meno rispetto agli altri paesi europei. Il paese, secondo Paolazzi, si sta incattivendo perché non cresce più, siamo in una fase moto difficile, da tempo diciamo che c'è la ripresa ma la crisi non è finita", per tornare a crescere occorre "fare le riforme. E' ora di voltare pagina nella gestione dell'economia e Confindustria vuole far sentire la sua voce, dobbiamo cambiare passo. Nel nostro Paese ci sono tante muraglie, il loro abbattimento é la sfida per la modernità". Più concorrenza, meno burocrazia, alleggerimento del carico fiscale, infrastrutture, energia meno cara, sono alcune delle priorità individuate dalle imprese per rilanciare la crescita, "cominciando a fare subito le riforme - stima Paolazzi - il Pil crescerà complessivamente del 30% in 20 anni". Tremonti: rischio-crisi non sia alibi per l'Italia I rischi della crisi economica non sono finiti. Lo afferma il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, nel corso del suo intervento al convegno del Csc a Parma. "Il rischio non è finito: è come in un videogame. La crisi è mutata. Non è stata gestita come nel new deal, non con 'chapter11'". Tuttavia, ha sottolineato il ministro, non può essere la crisi un alibi per le riforme. "Il tempo è strategico - ha aggiunto - ed è venuto il tempo delle riforme, oggi siamo l'unico paese europeo che pianifica riforme strutturali". Secondo tremonti "nel quadrante dell'economia la riforma delle riforme è la riforma fiscale". Il titolare del dicastero di via XX Settembre ha avvertito: "La nostra riforma fiscale non sarà una riforma platonica. Sarà una riforma ad alta intensità politica. Non sarà facile - riconosce - ma è necessaria". Tremonti ha ricordato che nel '94 "con Silvio Berlusconi eravamo forse un po' avanti sul nostro tempo. Ora siamo stati raggiunti dal nostro tempo e non possiamo sfuggire all'appuntamento". Il ministro spiega che "le direttrici di movimento della riforma erano allora e sono ancora tre: dalle persone alle cose; dal complesso al semplice; dal centro alla periferia. Lanceremo prima di tutto i lavori per un Libro bianco, aperto, per avere l'inventario responsabile e trasparente delle varie opzioni possibili". Tremonti ha ricordato inoltre che il sistema fiscale italiano "è stato disegnato cinquant'anni fa, messo in legge negli anni '70 e poi continuamente rattoppato. Da allora il mondo è cambiato ed il fisco non può restare lo stesso". Almunia: l'industria rinunci agli aiuti di stato Per tornare a crescere l'industria europea e quella italiana devono essere competitive, senza avvalersi di aiuti di stato e aiuti privati. Lo ha affermato il commissario europeo alla concorrenza, Joaquin Almunia, intervenendo al convegno di Confindustria. Almunia ha sottolineato che "bisogna avere il coraggio di uscire dal questo tipo di misure (protezionistiche, ndr), perché la sola strada per competere e avere successo é competere con idee, creatività, efficienza e innovazione". Il commissario europeo ha auspicato, inoltre, un'uscita dalla politica di aiuti graduale, ma rapida, "il prima possibile": "Gli aiuti devono essere abbandonati gradualmente, tenendo conto delle condizioni di mercato e delle richieste di stabilità finanziaria", ma senza dubbi sul fatto che l'obiettivo finale é quello di tornare a un mercato normale. Almunia ha concluso il suo intervento al convegno di Confindustria, dicendo che la Commissione e le autorità nazionali non devono essere le sole istituzioni che spingono in questa direzione, ma anche il mondo del business deve avere un ruolo e deve prendersi le proprie responsabilità. "Anche un'organizzazione come Confindustria ha un importante ruolo da giocare", ha concluso. Bersani: rilanciare la domanda pubblica con investimenti L'Italia ha bisogno di agire subito, ha detto il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, intervenendo al convegno del Centro studi di Confindustria a Parma, perché "la crisi si fa sentire e stare fermi non è una strategia, soprattutto nell'Unione europea: c'è chi prevede per l'Italia un rientro più lungo dalla crisi, è una previsione che può avverarsi se non interveniamo con l'azione". Per il leader del Pd, "i temi vanno affrontati, non rinviati, e vanno collegati a questioni urgenti che riguardano il lavoro, le imprese, il reddito delle famiglie. C'è qualcosa da fare subito per averla subito e c'é qualcosa da fare subito per averla domani". A risentire nell'immediato della crisi sono le piccole e medie imprese, che stanno cercando di resistere alla crisi ma, ha ammonito Bersani, "i polmoni di tante pmi possono non avere fiato sufficiente per resistere in apnea così a lungo". Far ripartire "la domanda aggregata", per Bersani, è il primo passo per invertire la tendenza. E bisogna "rilanciare la domanda pubblica con investimenti". Su quali iniziative intraprendere "si può discutere di un menù di interventi, come deroghe mirate al Patto di stabilità, la green economy, sostegni alle imprese, la banda larga, la committenza pubblica. Insomma - ha concluso - credo che qualcosa dobbiamo fare". 9 aprile 2010
Troppe tasse tra libertà e benessere di Alberto Orioli 10 aprile 2010 Tra la libertà e il benessere c'è di mezzo la riforma fiscale. Si gioca sulle tasse il cambio di scena per l'atto secondo della crisi economica. Nella prima parte governo e parti sociali si sono impegnati a parare i colpi della grande recessione indotta dalla finanza. E in Italia il copione è risultato particolarmente felice, recitato con più successo di altri e con meno costi, soprattutto grazie a un'intelligente amministrazione degli ammortizzatori sociali (che però attende di essere sistematizzata in una vera riforma organizzata). Ma ora il paese – a maggior ragione se deve raggiungere i due traguardi di libertà e benessere che pone il convegno della Confindustria a Parma – deve cercare una terapia per crescere. Fondi pubblici ce ne sono pochi, visto l'alto debito (e "il debito divora il futuro", come ha detto ieri Giulio Tremonti): restano il risparmio privato e i margini, cospicui, di aumento dell'efficienza nell'allocazione e nel reperimento delle risorse, a cominciare da quelle tributarie. Il Libro bianco sulla riforma delle tasse sarà un'occasione rilevante per rimodulare il patto fiscale tra governo e ceti produttivi, tra stato e governi locali, tra mondo del lavoro dipendente e mondo dell'impiego autonomo. Sarà anche importante cogliere il senso di quel passo indietro invocato ieri per consentire di realizzare al meglio la riforma fiscale senza liti e senza scontri, pensando soprattutto all'unità del paese. Il resto lo farà l'agenda suggerita a Parma dal mondo dell'impresa, preoccupata di un'Italia il cui Pil pro capite dal 2000 al 2009 è arretrato del 4,1%, dato che, senza misure di reazione appropriate, rischia di restare molto a lungo ben al di sotto della media Ue. Né basterà solo il "quarto capitalismo" – protagonista dell'appuntamento confindustriale –, fatto dai campioni della media industria italiana che si battono nel mondo con successo contro ogni recessione, a garantire il futuro all'Italia di domani. Servono tagli alla spesa pubblica improduttiva, infrastrutture materiali e immateriali, l'abbattimento dei monopoli superstiti per ridurne costi e parassitismi, l'aumento della caratura dell'istruzione, gli investimenti in ricerca e sviluppo. Solo così la crisi, finora solo finanziaria, non diventerà anche crisi sociale nella seconda parte dell'anno, quando il contraccolpo sull'occupazione sarà più violento. Il federalismo, asso nella manica del governo per il prossimo triennio di "pace elettorale" potrà diventare parte della soluzione del problema fiscale. Nel passaggio dalle imposte personali dell'idealismo a quelle prosaiche più adatte al consumismo non si potrà dimenticare la rimodulazione della spesa sanitaria, unica via per ridurre l'Irap, l'imposta odiosa tanto alle imprese quanto al sindacato perché colpisce sciaguratamente il costo del lavoro. Del resto, si deve correggere "un sistema dove oggi i poveri delle regioni ricche pagano per i ricchi (e ladri) delle regioni povere" (copyright di Tremonti). Ieri, visto dagli schermi dei 5mila palmari degli imprenditori che hanno affollato la kermesse parmense, il rosario della giornata politica di Roma deve essere sembrato distante, di una incommensurabile lontananza non tanto fisica quanto di sensibilità. Si è parlato per lo più del presidenzialismo o del semipresidenzialismo alla francese, di doppio turno, con corredi di leggi elettorali o meno. Insomma, a un mondo che chiede concretezza per risolvere i problemi del lavoro, della produttività, della formazione, della burocrazia pubblica, sentire i bizantinismi (importanti per l'assetto istituzionale di un paese, ma in questa fase un lusso, viste le priorità di un'Italia che rischia il declino economico) deve essere parso un po' lunare. Tremonti ha promesso che "la riforma fiscale, vera riforma delle riforme, non sarà platonica, ma ad alta intensità politica". E in un paese dove il reddito fiscale medio è 18mila euro l'anno e solo l'1% dei contribuenti paga altre 100mila euro non c'è posto per Platone. 10 aprile 2010
Confindustria / "Rischio Cina se non si cambia" di Marco Alfieri 10 aprile 2010 "Il mondo è cambiato. E pensare di mantenere le stesse regole degli ultimi vent'anni è semplicemente impossibile. Il vero rischio che abbiamo davanti come italiani, europei e americani, non è quello di chiudere questo o quello stabilimento, ma è la crescita della Cina. Dobbiamo prepararci a competere con Pechino, eliminando i dislivelli produttivi, altrimenti arriveranno loro in Italia e tra dieci anni ci detteranno le regole…". Dialogando con i sindacati, certo, "ma loro devono essere parte della soluzione invece che ripetere le solite cantilene. Di dire questo non si può fare, e questo non si può chiudere, devono lavorare per il sistema…". Prendiamo Termini Imerese: "Il punto è mettere quei lavoratori nelle condizioni di farcela dopo la chiusura dello stabilimento a fine 2011". Lo stesso vale su Pomigliano, su cui Fiat investirà 700 milioni per produrre la futura Panda, "garantendo le nuove condizioni di mercato", tassativo. Con la solita schiettezza in maglione blu, Sergio Marchionne ieri da Parma ha fatto discutere tutti con un piglio davvero poco italico. Anzitutto il leader della Cgil Guglielmo Epifani, suo compagno di tavola rotonda, che poco prima aveva chiesto reciprocità nei mercati mondiali. "Perchè se noi andiamo all'estero ma gli altri non vengono, se non ci sono capitali internazionali che fanno crescere la domanda di investimenti e se il destino dell'auto in Italia è legato solo al destino di una azienda (Fiat), la cosa non funziona e non ne usciamo". E poi, sempre a proposito di Cina: "vorrei che là ci fosse anche libertà di associarsi", chiosa Epifani, che poi ha chiesto al ministro Tremonti di ridurre gradualmente dall'Irap il costo del lavoro. "Apprezzo il tuo interesse per migliorare la vita in Cina - ribatte Marchionne - ma stiamo confondendo i ruoli: la cosa importate è garantire la competitività di questo paese nei prossimi due anni, seriamente, senza trovare scuse…". Le guerre di mercato in giro sono forsennate. L'ultima è l'alleanza "carolingia" tra Daimler e Renault, "la prima di parecchie mosse", commenta il ceo di Fiat. "L'abbiamo fatto noi con Chrysler l'anno scorso, lo stanno facendo loro e ce ne saranno altre. La cosa importante - prosegue - è che Fiat si sia mossa prima e l'abbia fatto in una maniera intelligente per posizionarsi". Una minaccia incombente sul segmento delle auto più piccole e per Alfa? "Tutti i concorrenti lo sono", ammette Marchionne. "Ce lo aspettavamo che sarebbero venuti. Ma l'Alfa è veramente l'asso che abbiamo nelle mani, cerchiamo di giocarlo bene". E soprattutto, "cerchiamo di non picchiare questa azienda che sta cercando di competere". "Figurarsi - controreplica il segretario della Cgil - vorrei solo che investiste di più in Italia". "Su 8 miliardi che spenderemo nei prossimi due anni, i 2/3 saranno in Italia. Più di così non posso fare…". Quanto al possibile spin off della divisione auto, "il 21 aprile si avvicina, aspettiamo e vediamo", conferma Marchionne. Anche con il commissario Ue, Antonio Tajani, il ceo del Lingotto ha incrociato le lame, punzecchiandolo sul "mai implementato" piano europeo per l'automotive. Poi i due si sono chiusi in una stanza per discutere del post Fiat a Termini Imerese. Sul tavolo potrebbe esserci un contributo europeo per lo sviluppo dell'auto elettrica. Molto più ermetico, e imbarazzato, Marchionne è apparso alla domanda sui ritardi di pagamento verso i fornitori di Fiat formulata dal direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli: "attuo solo termini stabiliti ai tempi di Valletta...", glissa il super manager. Insomma nicchie, player globali e (debole) cornice europea. C'è stato tutto questo e altro ancora dentro alla seconda tavola rotonda della giornata. Ad esempio la percezione, evidente, del tramonto dell'export tradizionalmente inteso (e decisivo per la nostra manifattura) e la lenta ma necessaria virata verso l'internazionalizzazione. A dirlo, insieme a Sonia Bonfiglioli, ad della Bonfiglioli riduttori, una media impresa che ha deciso di produrre laddove c'è una domanda da soddisfare dei propri clienti (mantenendo il cuore in Italia), il patron di Piaggio Roberto Colaninno. "Quattro miliardi di persone hanno deciso di cambiare le proprie prospettive di vita aprendosi al consumo", spiega il presidente di Alitalia. "D'ora in poi sarà la loro domanda a fare la nostra offerta in termini di costi e organizzazione. O ci diamo un tempo breve per cambiare, o usciamo dal circuito...". 10 aprile 2010
INTERVISTA/ Li-Gang Liu / Lo yuan sarà rivalutato del 5% di Isabella Bufacchi 10 aprile 2010 Li-Gang Liu Lo yuan sarà rivalutato del 5% Per prima la rivalutazione dello yuan sul dollaro americano fino al 5% e subito dopo un ampliamento della banda di oscillazione della valuta cinese al 2,5% per il movimento al rialzo e 2,5% al ribasso, rispetto allo 0,5% nei due sensi. Il tutto entro gli inizi di maggio. Sarà così per Li-Gang Liu, head of China economics del colosso Australia New Zealand banking group (Anz), l'attesissimo intervento delle autorità cinesi sul tasso di cambio. In un'intervista al Sole 24 Ore, rilasciata ieri ai margini del convegno di Confindustria a Parma, l'autorevole economista e docente universitario spiega perché la Cina potrebbe decidere di abbandonare la politica dei piccoli passi, di quel "gradualismo che in passato non ha funzionato". Tutto il mondo si interroga sul futuro dello yuan. Che farà la Cina? Il mercato prevede una rivalutazione del renminbi tra il 2 e il 3 per cento entro i prossimi 12 mesi. Io ritengo che sarà superiore a queste attese, potrà arrivare al 5 per cento. E la banda di oscillazione? Prima l'apprezzamento, poi la banda che consentirà un'oscillazione massima del 5% cioè il 2,5% al rialzo e 2,5% al ribasso. Sono due grandi passi rispetto alle previsioni di chi sul mercato scommette su una politica più graduale... Se lo yuan dovesse rivalutarsi solo del 2%, il mercato continuerebbe a scommettere su un apprezzamento successivo. E l'hot money, il denaro "caldo", continuerebbe a affluire in Cina, mettendo a dura prova la politica monetaria. Ritengo invece che le autorità cinesi non torneranno alla vecchia politica della rivalutazione graduale, perchè il gradualismo non ha dato grandi frutti. In che senso? La Cina ha iniziato a far rivalutare lo yuan dal luglio 2005 e l'apprezzamento finora è stato del 21% ma questo non ha bloccato l'hot money. In futuro una nuova banda di oscillazione giornaliera ampia, fino al 5 per cento, aumenterà la volatilità e dunque l'incertezza sul mercato. E una maggiore volatilità amplifica le probabilità di profitto ma anche di perdita e quindi i rischi... L'intervento sul tasso di cambio che tempi avrà? È imminente. Ritengo che la rivalutazione avverrà tra la fine di aprile e al massimo gli inizi di maggio. È una fase molto critica per la valuta cinese... Ma non per la Cina... La Cina secondo le mie previsioni, che sono anche quelle di Anz, crescerà quest'anno del 9,5% e questo tasso di crescita sarà mantenuto per i prossimi 5-10 anni. Il reddito procapite dei cinesi è ancora molto basso: in media è pari a 3.500 dollari Usa, con alcune zone economicamente più evolute che toccano punte attorno ai 10mila dollari. Di strada da fare ce n'è ancora tanta. E la Cina intanto cambierà: la sua economia è troppo dipendente dalle esportazioni e dalla domanda esterna e questo sbilanciamento verrà corretto con l'aumento dei consumi e della domanda interna. La Cina inoltre inizierà a esportare capitali: le sue riserve in valuta estera sono troppo elevate e sono investite in larga misura in titoli di Stato americani. Il fondo sovrano cinese si metterà in moto per investire più capitali all'estero. Forse anche in Italia. 10 aprile 2010
Catricalà: spingere le liberalizzazioni dal nostro inviato Emilio Bonicelli 10 aprile 2010 Catricalà: spingere le liberalizzazioni Da due anni il cammino verso le liberalizzazioni "si è rallentato". È indispensabile "rimettere benzina nel motore" e muoversi in modo deciso in settori come i trasporti, in particolare il trasporto ferroviario, le poste, l'energia, la governance bancaria e delle assicurazioni. C'è anche da lottare sul fronte delle tariffe e delle libere professioni. È Antonio Catricalà, presidente dell'Autorità garante della concorrenza, a chiedere al Paese una scossa sul fronte delle liberalizzazioni, convinto che quando ci si è mossi in modo deciso con questo obiettivo, come nella telefonia e nei farmaci da banco, si sono ottenute riduzioni dei prezzi anche del 20/30 per cento. "Se ci fosse maggiore concorrenza nei servizi bancari, assicurativi, dei trasporti, dell'energia e professionali avremmo costi minori per le imprese e le nostre aziende si troverebbero finalmente nella possibilità di competere ad armi pari con i competitori dei Paesi vicini. Ora invece le imprese sono penalizzate da zavorre che legano la capacità economica". Sul fronte del caro benzina, che ha creato recente allarme tra i consumatori, Catricalà formula quattro proposte concrete: consentire ai gestori la vendita di prodotti "non oil" per realizzare economie di scala; moltiplicare le cosiddette pompe bianche, cioè quelle che non fanno riferimento a una sola compagnia petrolifera; incrementare la possibilità per i supermercati di vendere benzina; aumentare i distributori self service e gli iper self. Duro invece l'attacco di Catricalà contro le tariffe minime inderogabili fissate dagli ordini professionali (si veda anche l'inchiesta a pagina 27). È una scelta "sbagliata due volte". Primo perché sono decise in modo unilaterale, non concordate con le controparti; secondo perché oscure in quanto manca la trasparenza di risultato. Il presidente dell'Autorità garante della concorrenza parla a Parma nell'ambito di una tavola rotonda al convegno di Confindustria "Libertà e benessere". Discutono con lui sul tema di come promuovere il mercato per favorire lo sviluppo, Marco Tronchetti Provera, presidente della Pirelli e Sergio Chiamparino, presidente Anci e sindaco di Torino. Tronchetti Provera chiede libertà nella concorrenza ma anche che venga assicurata sui mercati internazionali una "concorrenza corretta". Per questo c'è bisogno di una protezione della qualità, della sicurezza, delle norme sull'impatto ambientale. Serve un impegno forte a difesa delle aziende contro l'importazione di prodotti che, a basso costo, sono di bassa qualità e non garantiscono livelli di sicurezza adeguati. In caso contrario la sfida da parte dei Paesi ad alto costo del lavoro è persa. C'è poi sul mondo una nuvola di liquidità finanziaria che si muove con intenti speculativi e che invece deve essere agevolata a dirigersi verso investimenti in reali attività produttive innovative. Il presidente della Pirelli chiede poi alla politica italiana, che ha davanti tre anni senza elezioni, di "fare rapidamente" quelle riforme che possano permettere al Paese di essere più efficiente. "Tra le forze politiche si devono trovare più i motivi di incontro e di confronto che quelli di scontro. Abbiamo bisogno di tre anni di costruzione, non di ostruzione", con l'obiettivo numero uno di creare occupazione. Tra le recenti liberalizzazioni quella del servizio idrico. In proposito Chiamparino chiede di rendere più esplicita la distinzione tra reti e gestioni, andando verso reti a maggioranza pubblica e gestione affidata a gara anche ad aziende private. Per il resto il sindaco di Torino da uomo di sinistra dice di non capire perché gli enti locali per controllare un'azienda debbano tenere immobilizzato anche il 60% del capitale, quando ci sono multinazionali che si controllano anche con meno del 30 per cento. Forse la ragione è solo quella di "tenere qualche poltrona in più". Catricalà infine spera che proprio dal convegno in corso a Parma arrivi una spinta verso le liberalizzazioni. Ieri il presidente dell'Authority ha incassato l'ok alle sue proposte da parte del leader dell'opposizione, Pier Luigi Bersani. Oggi è attesa la replica del premier Silvio Berlusconi. 10 aprile 2010
2010-04-09 Per la ripresa gli imprenditori puntano su innovazione e investimenti in Italia di Nicoletta Picchio 9 aprile 2010 L'arma dell'innovazione per la ripresa Reagiscono per combattere una crisi, che sarà lunga e potrebbe durare altri due anni. Come? Investendo: l'ha fatto, dentro il territorio italiano, quasi il 60% delle imprese e un altro 12,9% ne ha l'intenzione in un prossimo futuro. E puntando su quei fattori che ritengono decisivi per la crescita: innovazione di prodotto e di processo, nel 90% dei casi; ma anche una maggiore aggressività commerciale (86,6); l'ingresso in nuovi mercati esteri (64,1); maggiori investimenti sul marchio (61,2). Preoccupati ma fiduciosi Certo, gli imprenditori sono preoccupati: il 46,9% crede che la competitività dell'Italia nei confronti degli altri paesi sia diminuita (per il 33,7% è rimasta uguale) e che la ripresa sarà lenta: per il 57,3% ci vorranno due anni e anche di più per chiamarci fuori. E a soffrire di più è l'industria manifatturiera, l'ossatura portante del nostro sistema imprenditoriale: il 38,6% ritiene che tra cinque anni la competitività di questo segmento sarà peggiorata (il 30% pensa invece l'opposto). Servono le riforme, per migliorare il contesto, anche se il 52,5% degli imprenditori pensa di farcela e anzi di essere più competitivo, nonostante i pronostici negativi sul sistema paese. Ma una serie di provvedimenti sono urgenti: al primo posto, meno fisco, seguito a ruota da una maggiore efficienza della Pubblica amministrazione. È una fotografia del mondo imprenditoriale, dei suoi comportamenti e dei suoi bisogni come emerge dal sondaggio realizzato dalla Demos & Pi per Confindustria e che sarà presentato oggi pomeriggio da Ilvo Diamanti al convegno di Parma. "Libertà e benessere, l'Italia del futuro": è il titolo del dibattito, ma è anche la sfida che il mondo delle imprese chiede al governo e che sarà rilanciata dalla presidente, Emma Marcegaglia. Più libertà d'impresa per crescere, riducendo quei vincoli che sono il freno dell'economia italiana. I due campioni La ricerca si divide in due parti: una riguarda un campione di 620 imprenditori, titolari di aziende con più di 10 addetti, iscritte alle territoriali di Confindustria, diversificato per attività, area geografica e dimensione. L'altra, la popolazione italiana (2.206 persone), dai 15 anni in su. Obiettivo: sondare la percezione della crisi, come si reagisce, il rapporto con lo stato e il "pubblico", la fiducia delle imprese. Le aziende del manifatturiero, specie quelle collocate in prevalenza nel settori del made in Italy, stanno subendo in modo maggiore la pesantezza della crisi globale e la rivalutazione dell'euro. La concorrenza dei paesi emergenti, Cina in testa, le spaventa più della media. Ma proprio perché percepiscono questa difficoltà spingono più di altri settori sull'innovazione (5 punti più della media) e nell'ingresso in nuovi mercati (9 punti sopra la media). Nella meccanica conta molto l'innovazione di processo, nelle costruzioni l'aggregazione con altre imprese, nei servizi si punta ad un ventaglio di soluzioni, dall'aggregazione alla ricerca di strutture più manageriali. È la qualità del prodotto l'arma vincente che le aziende mettono al primo posto, (46,4%); al secondo c'è il prezzo, ma molto distanziato (19,4); al terzo il contenuto tecnologico avanzato (11,7). Certo, si lavorerebbe meglio se ci fosse un fisco meno pesante, se la pubblica amministrazione fosse meno ipertrofica e più efficiente, se ci fossero infrastrutture adeguate, oltre a un minore costo dell'energia. Aspetti che gli intervistati mettono ai primi posti tra gli interventi urgenti, senza tralasciare anche l'importanza di un accesso al credito più facile. Ancora scarsa concorrenza Di pari passo, bisognerebbe aumentare il livello di concorrenza nel paese: lo chiede il 62,9% delle aziende e il 66,7% della popolazione. Solo per l'8,9% delle imprese va bene così, una percentuale che scende ancora di più, al 3,6%, se si considera solo la popolazione. Lo stato deve intervenire sull'economia e sul mercato solo quando c'è veramente bisogno. Resta la conferma, emersa anche in altri sondaggi, che la gente ha fiducia nelle imprese, specie le piccole: il 62,9 degli italiani riconosce che l'industria abbia svolto un ruolo importante nello sviluppo della propria regione e per il 59,1% continuerà a farlo. Le percentuali più alte si trovano nel Nord-Est, rispettivamente 79,8 e 70%, e nel Nord-Ovest: 79,3 e 65 per cento. Nel Sud, diversamente rispetto alle altre aree, è maggiore la percentuale di chi spera nel ruolo delle imprese nel futuro (51,5) rispetto a quello svolto nel passato (43%). Guardando i settori, quello che ha più contribuito allo sviluppo secondo il sondaggio è il turismo, con il 25,6%, seguito subito dopo da industria, 16,4, artigianato, 12,5 e agricoltura, 11,1. Il commercio si attesta all'8,6, mentre la Pa al 4,7% e le banche al 3 per cento. La crisi non ha irrigidito la società italiana: la maggior parte accetta il merito come requisito principale per la retribuzione e la carriera e considera l'impegno personale il mezzo principale per affermarsi nella vita. Fotografia del mondo delle imprese ANALISI / Per costruire il nuovo boom del XXI secolo (di Luca Paolazzi) Marcegaglia: sulle riforme ora il governo non ha scuse La "quarta via" che rilancia l'industria (di Carmine Fotina) Sulla strada del mercato l'incognita regioni 9 aprile 2010
Per costruire il nuovo boom del XXI secolo 9 aprile 2010 L'Italia è una nazione ricca. Tra le più ricche al mondo. Per reddito totale e per abitante, diffusione di beni che aiutano a vivere meglio, salute e longevità della popolazione, agiatezza e proprietà delle abitazioni. È tra i leader globali nell'export in molti settori e, nonostante sia piccola, domina quasi il 3,5% dei commerci mondiali. Sono dati innegabili, risultati di cui andare fieri. Ma non basta indicarli e contemplarli compiaciuti per essere sereni e soddisfatti. Perché non sono un dono divino, caduto dal cielo, ottenuto per grazia ricevuta, una volta e per sempre. Sono conquiste faticosamente raggiunte lungo l'arco della storia unitaria e, soprattutto, nel quarto di secolo del miracolo economico e degli anni subito successivi, tra la fine della seconda guerra mondiale e il primo shock petrolifero. Poi lo straordinario motore dello sviluppo ha iniziato a perdere colpi. I guasti via via più gravi sono stati per due decenni nascosti dalla droga della svalutazione del cambio (cioè dallo svilimento della moneta) e dal gonfiarsi del debito pubblico. Anche queste erano bolle – come va di moda chiamarle adesso – che sono scoppiate al principio degli anni 90, quando ormai quei percorsi devianti erano diventati insostenibili, in sé e perché ci stavano sempre più allontanando dal resto dell'Europa. Ne sono seguiti altri due decenni, questa volta di bassa crescita, non solo nel confronto internazionale ma anche (per chi non ama prendere a benchmark gli altri paesi) rispetto alla nostra storia e soprattutto alle nostre potenzialità. Durante i quali il Pil pro capite è aumentato poco e addirittura è arretrato in termini reali del 4,1% tra il 2000 e il 2009. Un monito del fatto che non siamo diventati ricchi per sempre. Se è vero che oggi gli scenari non appaiono facili per nessuno dei grandi paesi avanzati e che in tutti si sono riaperti i cantieri delle riforme, tuttavia il rischio per l'Italia è di trovarsi a crescere ancor meno di prima, come esito infausto della crisi che distrugge capacità produttiva e impoverisce il capitale umano. E il sistema istituzionale italiano improntato al corporativismo frena quei cambiamenti strutturali che sono da anni necessari e che altrove vengono più rapidamente introdotti. La priorità, dunque, come hanno indicato Guido Tabellini e Giorgio Barba Navaretti sul Sole 24 ore del 2 aprile, è tornare a crescere. Non solo, e perfino non tanto, per aumentare la ricchezza materiale. In fondo, si sente spesso dire, ci potremmo anche accontentare. Un canto ammaliante con molti padri nobili. Ma anche e soprattutto perché quando l'economia va male, la società incattivisce, vengono meno solidarietà e tolleranza, le persone si trincerano a difesa degli interessi particolari, perfino la democrazia ne è minacciata. In questo senso, libertà e benessere sono legati a doppio filo. Più libertà crea maggior benessere, non solo economico. Maggior benessere porta più libertà, sostanziale e non solo formale, e in senso ampio. Una società aperta al nuovo, culturalmente vivace, mobile, che premi il merito e sia rispettosa della legalità, fa fiorire i talenti e aumenta la voglia di prendersi rischi, di scommettere sul futuro. Tutto ciò porta a una crescita più elevata. Mentre, all'opposto, un'economia stagnante induce la società a ripiegarsi su se stessa, a chiudersi, tarpando ulteriormente le ali allo sviluppo economico e, di conseguenza, civile. Un pericoloso circolo vizioso, che può essere spezzato solo intraprendendo con decisione la strada delle riforme, dei mutamenti strutturali. Il binomio libertà e benessere è cruciale per capire la reale posta in gioco. Perciò su di esso fa perno il convegno biennale del Centro studi Confindustria che si apre oggi a Parma. Non esiste una condanna biblica a non crescere. Né c'è un unico scenario possibile per i prossimi anni, quello vincolato dagli alti debiti, pubblici o privati che siano. Perché le fonti originali della crescita, cioè innovazione e allargamento dei mercati, sono intatte e continuano a costituire la "natura e le cause della ricchezza delle nazioni". L'Italia possiede le risorse per cogliere queste opportunità. Purché vengano liberate, sapranno tornare a far aumentare il benessere. 9 aprile 2010
Marcegaglia: sulle riforme ora il governo non ha scuse 9 aprile 2010 Marcegaglia: sulle riforme ora il governo non ha scuse (Imagoeconomica) Servono le riforme per reagire alla crisi e riprendere a crescere. "Continueremo a dirlo chiaramente". In una intervista al Financial Times la presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, ha sottolineato le richieste che gli industriali mettono al centro del confronto con il governo: "I prossimi tre anni, senza elezioni, devono essere impiegati per fare le riforme a partire da fisco, pubblica amministrazione, ricerca e sviluppo, mercato del lavoro". C'è un rischio che si prospetta per il Paese e la Marcegaglia lo mette in evidenza: "A medio termine la prospettiva è il declino". Per l'Italia, tre anni senza elezioni sono una rarità. Bisogna utilizzare il tempo per rimettere l'Italia in condizioni di crescere: "Non ci sono più scuse per non fare le riforme. Se ne parla da vent'anni: quello che serve ormai è evidente sia al governo che all'opposizione". L'Italia ha cominciato a perdere terreno rispetto alle altre economie, ha sottolineato la presidente di Confindustria, a partire dalla fine degli anni '90. "Il nostro Pil pro capite è calato e così anche la nostra competitività e la nostra capacità di generare ricchezza". Per questo è urgente e improcastinabile intervenire. "Le cose da fare si conoscono, sono note da anni. Ora il problema è realizzarle". (N. P.) 9 aprile 2010
La "quarta via" che rilancia l'industria di Carmine Fotina 9 aprile 2010 Ancora poco diffuse ma con tassi di sviluppo rilevanti. Legate profondamente al territorio ma capaci di ambientarsi nel contesto globale. Probabilmente è ancora presto per poter dire che questo identikit sarà quello vincente quando la crisi sarà definitivamente alle spalle, di certo però le medie imprese che vi si rispecchiano stanno esprimendo con dinamismo il nuovo volto dell'industria italiana. Lo spiega il capitolo dedicato alle grandi e medie imprese industriali del volume "Libertà e benessere: l'Italia al futuro" alla base della due giorni di Confindustria in programma da oggi a Parma. Il lavoro di Fulvio Coltorti, responsabile area studi Mediobanca e professore di economia industriale dell'Università di Firenze, è una lunga cavalcata nella storia dell'industria italiana, dalla formazione dei primi grandi soggetti pubblici, ai processi di privatizzazione, al declino dei gruppi storici e all'affermazione degli ultimi modelli di capitalismo. Il terzo, ancorato al territorio con la specificità dei distretti e il prevalere della piccola dimensione, il quarto, che ha scoperto la vitalità della media impresa trasformando ed evolvendo la particolarità distrettuale. Le medie imprese industriali (da 50 a 499 dipendenti, fatturato tra 13 e 290 milioni) sono solo 4.500, poco radicate al Centro-Sud, e questo è il primo vero limite. Ma rappresentano una realtà patrimonialmente solida e ben piantata di fronte al forte vento della crisi. I fondamentali dimostrano il salto di qualità compiuto rispetto alla grande industria. Il "quarto capitalismo" pesa per il 29% del valore aggiunto della manifattura italiana: negli anni più recenti – si legge nel lavoro di Coltorti – questa fascia di imprese ha superato i gruppi maggiori nei tassi di sviluppo del fatturato (1,5 punti annui nel periodo 1998-2007), delle esportazioni (1,1 punti), nella creazione di nuovi occupati (+10% contro una flessione di oltre il 22%). I margini di profitto operativo segnano un differenziale di 2,6 punti al 2007, ma soprattutto la struttura finanziaria presenta una più elevata dotazione patrimoniale. La differenza è chiara: mentre nei gruppi maggiori una quota consistente degli attivi immobilizzati deve essere coperta da debiti per insufficienza del patrimonio, le medie imprese industriali possono godere di un autofinanziamento pressoché totale. Un aspetto che già Enrico Cuccia, nel 1978, metteva in evidenza immaginando che cosa sarebbe nato da quello che oggi chiamiamo quarto capitalismo: "Una crescita fondata almeno in parte sull'autofinanziamento e non soltanto sui debiti, capacità produttive più aderenti alle effettive dimensioni dei mercati, e soprattutto minori interferenze politiche nella vita economica del paese". È il salto logico che si è iniziato a delineare dalla seconda metà degli anni 70, con l'incipiente declino delle grandi imprese accompagnato da una maggiore rilevanza del modello ad elevata "distrettualizzazione". La definizione è di Andrea Colli (Università Bocconi), che ha curato il capitolo del volume dedicato alla "Piccola impresa nello sviluppo economico italiano". In fin dei conti, il posizionamento verso la piccola dimensione è una caratteristica strutturale confermata anche dalle ultime statistiche europee: l'Italia è il paese che conta il maggior numero di imprese (3,8 milioni) con una media di addetto per azienda del 3,9 contro il dato Ue pari a 6,4. Una presenza di lungo periodo, consolidatasi con il modello dei distretti, con il merito, secondo Colli, di contribuire tuttora "a mantenere un livello stabile di sviluppo e benessere nella maggior parte del paese". E i segnali, stando almeno ai sondaggi sulle aspettative dei piccoli imprenditori, non sono di resa: secondo l'ultima indagine Unioncamere il 30% delle pmi manifatturiere si attende nel 2010 un aumento del fatturato aziendale, e una quota analoga confida nell'incremento dell'export. 9 aprile 2010
Sulla strada del mercato l'incognita regioni 9 aprile 2010 I rincari e le quotidiane polemiche sulla benzina, la relazione dell'Antitrust appena trasmessa al governo e la conseguente legge sulla concorrenza da confezionare al massimo entro giugno. Di argomenti sul tappeto per riportare le liberalizzazioni al centro dell'agenda politica ce ne sono a sufficienza. Come se non bastasse – fanno notare in coro un decano degli economisti, un teorico del liberismo e un docente di diritto dell'economia – c'è anche il tema caldissimo dei rapporti tra competenze dello stato e del territorio, il muro su cui in passato si sono infrante tenta velleità di semplificazione dei mercati. Giuseppe Pennisi, oltre tre lustri alla Banca mondiale, sorride all'ipotesi di nuove "lenzuolate", non più targate Bersani ma dell'attuale governo: "Le vere liberalizzazioni – dice – sono quelle che si fanno nel settore dei servizi, demandate però a livelli di governo locale. È sotto gli occhi di tutti quello che è successo con la deregulation del commercio, con le licenze dei taxi, perfino con i condoni edilizi. Non vorrei che tutto si riducesse a delle "grida manzoniane": la legge annuale sulla concorrenza alla fine non potrà che essere una legge di indirizzo, che proverà a dire a regione e comuni come muoversi. Che poi si ottengano o meno risultati efficaci è un altro discorso. Anche se il verdetto delle ultime elezioni regionali potrebbe offrire margini insperati: se il colore del governo centrale e di quello locale è lo stesso forse ci sono meno bastoni tra le ruote". Il governo ha iniziato a lavorare alla legge sulla concorrenza, da presentare alle Camere entro 60 giorni dalla trasmissione al governo della relazione Antitrust, quindi al massimo entro giugno. Rete di distribuzione dei commercianti, energia, ferrovie regionali, poste: è il ricco menu in valutazione. Se almeno una parte delle ambizioni giungesse al traguardo si potrebbe concretizzare una preziosa spinta all'economia, a leggere anche le analisi su questo giornale di Guido Tabellini, Giorgio Barba Navaretti e Marco Fortis (si veda Il Sole 24 Ore del 3 e 6 aprile). "Speriamo che non sia un libro dei sogni" sentenzia Alberto Mingardi, direttore generale del think tank liberista Istituto Bruno Leoni, sottolineando l'urgenza di intervenire soprattutto nel settore postale, in cui l'Italia deve adeguarsi all'Europa entro la fine del 2010, e nel trasporto ferroviario, soprattutto in relazione alle tratte regionali e al tema dei sussidi pubblici. In quest'ultimo caso – rileva Mingardi, scivolando neanche a dirlo sul solito tema – "andrà tenuto conto dell'inevitabile intermediazione con l'amministrazione locale". Tuttavia – prosegue – "non banalizzerei il discorso sulle liberalizzazioni con l'usuale espressione dei veti locali, perché esiste un più profondo problema di cultura politica. Bisogna chiedersi perché nel rapporto con il proprio territorio le amministrazioni locali tendono ad essere eccessivamente conservatrici in tema di mercato. Spesso senza rendersi conto del reale beneficio in termini di consenso che potrebbero ricavarne". In fin dei conti – dice dal canto suo Pennisi – "ogni liberalizzazione ha costi di breve periodo per i pochi che perdono le tutele e benefici di lunga durata per la collettività". Eppure anche stavolta, conferma Laura Ammannati – docente di diritto dell'economia all'Università statale di Milano – bisognerà misurarsi con le Regioni. La rete dei distributori di carburante è il caso più evidente, ma non l'unico. "Il problema della tutela della concorrenza si pose in modo chiaro con la riforma del Titolo V della Costituzione. Emerse una competenza esclusiva dello Stato non tanto su una vera e propria materia ma su una sorta di competenza trasversale tra settori". Una sottile distinzione che ha nel tempo lasciato aperte diverse contese con le regioni, pur risolte a favore dello Stato dalla Corte costituzionale. La materia resta insomma scivolosa. "Va comunque detto – aggiunge Ammannati – che il nuovo strumento della legge annuale sulla concorrenza ha elementi solidi e forse eviteremo di ritrovarci alla fine di fronte a un contenitore vuoto. La legge sviluppo che la prevede ha infatti posto un limite preciso, di 120 giorni, per l'adozione di decreti legislativi delegati ed ha disposto che ci siano norme di immediata applicazione". (C.Fo.) 9 aprile 2010
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